venerdì 27 dicembre 2013

I dischi favoriti del 2013

DJ Koze (DE) – Amygdala - Pampa Records Genere: House, Electronic, Downtempo, Pop

Koz

 

Bonobo (UK) – The North Borders. – Ninja Tune Records
Genere: Electronic, Downtempo, Art Rock, Deep House

Bon

 

Lapalux (UK) – Nostalchic – Brainfeeder Records
Genere: Electronic, Modern RnB, Glitch, Experimental 

Lapx

 

Los Campesinos! (UK) – No Blues – Wichita Records
Genere: Power Pop, BritPop, Rock 

losc

 

Menzione per i lavori di Boards of Canada, My Bloody Valentine, Arctic Monkeys, Jon Hopkins, Julia Holter, Marnie Stern e Bibio.

venerdì 13 dicembre 2013

Il nord-ovest di Bohol

L'entroterra di Bohol non lo si dimentica facilmente. Il van preso alle 7 da Carmen e diretto a Tubigon viaggia imperioso tra boschi, villaggi, chiese, scuole e colline. Queste ultime sono simili alle prodigiose Chocolate Hills: a momenti gli alberi della strada si schiudono per mostrare coni coperti da vegetazione arborea alla base e di erba che accompagna il vento, sulla sommita'. Raramente il pulmino si ferma per raccogliere qualche passeggero, diretto anche lui verso la citta' costiera.
Il centro di Tubigon lo raggiungiamo molto prima delle 8. La mia destinazione sono le acque limpide dell'isola di Cabilao. L'ispanica piazza centrale è un via vai di jeepney, auto, tricycle e di persone. In alto la chiesa di san Isidro guarda paziente le sue anime inquiete. Pare in rassegnata attesa del prossimoTubplaz evento naturale che la fara' tremare forte forte.
Qualcuno mi dice che l'ufficio informazioni turistiche del municipio apre dopo le otto. Troppo caldo per camminare con lo zaino, quindi lascio subito il mio fardello ad una guardia comunale. Giro svogliato per la cittadina, visitando la chiesa, qualche negozio, l'imbarcadero dei traghetti che portano lontano. La pelle segue la tiepida ombra portata dagli alberi e dalle case. Sono un vampiro che odia l'inevitabilita' della calura.
Tornato in comune mi fanno passare al piano superiore; qui un giovane che dovrebbe essere un addetto dell'ufficio turistico ma probabilmente è qualcosa di piu', mi conduce in un bel salone coloniale. Nel locale è presente un altro ragazzo. Spiego che desidero raggiungere Cabilao. Loro mi consigliano di andare nella piu' vicina isola di Pangangan, anche lei fornita di acque dove sotto splendono i coralli. Se non fosse per i tratti somatici delle persone, la mente affermerebbe che mi trovo in qualche pueblingo attorno la querida Santa Cruz, dove le nuvole d'America si rincorrono tra loro. http://travel-ontheroad.blogspot.it/2011/07/le-nuvole-prima-di-santa-cruz-panorami.html
Il giovane uomo del municipio di Tubigon dall'orientamento sessuale decisamente aperto mi accompagna fino alla fermata dei van con aria condizionata che si dirigono verso Tagbilaran. Mi indica un mezzo in partenza. Chiedo all'addetto il prezzo del passaggio, lui mi spara una cifra moderatamente esagerata, lo guardo e giro le gambe senza rispondergli. Appoggio lo zaino sotto una pensilina, in attesa che la jeepney locale si riempia di passeggeri per partire. I tempi sono così dilatati che, in accordo col conducente della jeepney, riesco a mettere in corpo un pasto con doppia razione di riso, ad acquistare acqua e pane per il soggiorno isolano. In tasca ho l'indirizzo di un posto dove dormire e tutte le indicazioni per arrivarci fornite dal gentile amico del municipio.
A Calape uno scassato tricycle parte alla bridpangvolta di Pangangan carico di sei isolani e del sottoscritto col suo zaino attaccato al tettuccio. L'isola e' collegata a Calape da un lingua di terra e mangrovie.
Pangangan è piccola, piatta, abitata da pescatori e da cani liberi. Nei fine settimana arrivano i villeggianti locali. Il tricycle mi lascia davanti ad uno dei pochi luoghi turistici dove vengo subito accolto da una signora corpulenta. Dopo il benvenuto la donna racconta che ha ricevuto una telefonata dal giovane di Tubigon, il quale avvisava la mia venuta. Così sono i boholani. Ci sediamo davanti al mare, sotto l'ombra evanescente delle palme da cocco. Osservando velocemente le abitazioni del resort, le mie preoccupazioni si infittiscono: troppo raffinate per il mio standard. La signora propone un cifra che non posso accettare.
Alla fine riesco ad ottenere un buon prezzo per una stanza con bagno, a patto di non utilizzare l'aria condizionata: 1000 piso per tre notti, pagamento anticipato.
L'acqua calda della bassa marea accoglie il corpo poco prima di librarmi totalmente nel suo fluido trasparente. Devo stare attento ai ricci di mare. 

domenica 24 novembre 2013

I bevitori di tuba sotto le Chocolate Hills

Sono tra colline di cioccolato. Il pomeriggio allunga le ombre sotto il sole dei tropici, permettendo di ammirare dal basso questi monumenti naturali. Il cammino prosegue in modo quasi casuale, raschiando con le infradito terra e sassi della strada di campagna, in attesa di gustare il tramonto dall'osservatorio liberato dai turisti. Dopo aver passato alcuni campi coltivati a riso mi avvicino ad una serie di case. E qui avviene l'incontro.
Proprio da queste sparute case di legno e cemento e dai tetti in lamiera, immerse in un panorama dove basta chiudere gli occhi, girare su se' stesso ed aprirli a caso per trovarsi sempre al cospetto di stupefacenti colline perfettamente coniche, incontro Cos, Fran e Jerome. In quel preciso momento Fran non aveva bisogno di girare su se' stesso perché la testa gia' girava per conto suo.
Passo una casa, saluto una signora intenta ritirare i panni, passo la seconda, saluto un giovane uomo, capelli corti, viso gentile ed esperto, corporatura quasi esile, sicuramente non un agricoltore. L'uomo mi si avvicina e mi chiede cosa faccio in quel posto. La sua giovialita’ mi stimola a parlare. Dopo pochi istanti sono sotto la tettoia della sua casa. Qui conosco Jerome, naso schiacciato, bocca larga, poche parole, cordiale, e Fran, 19 anni, il quale studia nell'accademia di Tagbilaran per diventare poliziotto. Stanno bevendo tuba. Tutti e tre. Da un contenitore di plastica bianca ormai semivuoto versano il liquido marrone in un bicchiere e, a turno, ingurgitano il suo contenuto. Dopo le Chupresentazioni, il primo gesto di Cos e' quello di offrirmi un bicchiere di quel vino di cocco. Ovvio. Scherzando dico: "Cos'è, veleno?" Loro ridono. Bevo il bicchiere di tuba/arrak casereccia a basso contenuto alcolico. Cos mi racconta che era fotografo ufficiale nel luogo più turistico delle Chocolate Hills, ma per qualche incomprensibile ragione ora non gli stanno rinnovando la licenza. Cos, 33 anni, sposato con un'insegnante di scuola secondaria, entra in casa ed esce orgoglioso con la sua bambina. Fran abita con la famiglia a pochi chilometri da Carmen; mi decanta con orgoglio la bellezza di quei posti e la generosita' dei suoi abitanti. Dice che Dio ha modellato le splendide colline che ci attorniano. Vengo apprezzato perché conosco diverse parole di boholano. Il ventiduenne Jerome, invece,  annuisce in modo controllato. Jerome dimostra almeno dieci anni in più.
Improvvisamente spunta un uomo piccolo che si unisce al gruppo mentre Cos ci scatta le foto. Il tempo passa piacevolmente insieme a quella compagnia, ma devo vedere il tramonto sulle colline dall'alto dell'osservatorio. A fatica riesco a congedarmi dopo aver mangiato una guava del giardino verde di Cos e bevuto un secondo bicchiere di tuba.
Con il cuore che ossequia profondamente questi popoli gentili, velocemente ripercorro il sentiero di terra e mi trovo sulla strada asfaltata che porta su', nella collina-osservatorio di cioccolato. Arrivo sullaCH11 sommita' un po' tardi, in un Paese dove il tramonto giunge sempre troppo presto. Tutti i visitatori sono andati via, tranne una famiglia di indiani dai bambini che parlano a voce alta.
Lassu' il panorama è straordinario: come funghi spuntati in una notte umida, come montagne di sabbia realizzate da gruppi di ragazzini in una gara di fine estate, piramidi di antichi detriti del mare coperte d'erba si ergono CH12nell'orizzonte roseo e pallido.  Misteriose.  Il giorno è finito e, con il morire spurio della calura, gli uccelli della foresta sottostante si muovono e cantano; cantano al cielo, alle nuvole che girano per il mondo e alle colline di cioccolato, rendendo omaggio alla pazienza di Madre Natura. Dalla sommita' di una collina qualcuno canta silente insieme a loro.

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P.S. Il terremoto di magnitudo 7.2 del 15 ottobre ha avuto come epicentro pochissimi chilometri dalle Chocolate Hills. L'osservatorio e' stato distrutto. Diverse di queste colline hanno sofferto gravi smottamenti. La visita avviene un mese prima dell’evento catastrofico.

lunedì 4 novembre 2013

Le colline di cioccolato

No, non sono in un viaggio astrale con sonorita' mischiate ad arte da Teebs, e neppure sto compiendo trip mentali dove attorno a me volano (fiori di) loto. Anche se in questa piccola avventura l'intervento di una sostanza che altera la coscienza c'è stato, le colline di cioccolato esistono veramente e tra poco scrivero' su di esse.
Il bus che ho preso a Carmen, cittadina nel centro dell’isola di Bohol, mi lascia all'entrata della strada conducente alle Chocolate Hills; qui evito, come se non esistessero, le proposte indecenti dei mototaxisti proseguendo diritto la strada boscosa. Non so bene a quale modesta altitudine ci troviamo, comunque una brezza benefica accompagna il mio camminare solitario.CH1
Avanti mi attende la biglietteria di questo monumento naturale nazionale, pago i 50 piso (pesos) dell'entrata e sono nel cuore delle protuberanze di cioccolato. Invece di guadagnare la collina sulla quale si dirigono tutti i visitatori, decido di prendere una stradina sterrata che passa in mezzo e sotto queste piramidi naturali, una via che porta verso boschi e sporadiche abitazioni.
Dopo aver condiviso del suo fresco respiro, la fitta selva si apre repentinamente davanti CH2alla prima collina: un cono perfetto di roccia calcarea coperto da basse piante erbacee di colore marrone si presenta alle mie iridi. La base di questo cumulo antico di detriti marini pullula di vegetazione; sopra, invece, domina il silenzio del vento che si insinua nell'erba uniforme. Piu' tardi un filippino di nome Fran mi avrebbe detto che l'assenza di conformazioni arboree sulle Chocolate Hills è determinata da Dio, ma Fran era davvero in stato di alterazione mentale. Un poco.
Proseguendo il cammino, sulla sinistra rispetto alla collina vedo campi coltivati a mais e pascoli punteggiati da palme da cocco e piante di agrumi. Passato il primo promontorio la visuale si amplia, permettendo di ammirare altre due perfette colline quasi attaccate tra loro; sarebbe eccitante percorrere lo stretto passaggio che le separa, peccato che la foresta impedisca di farlo. La luce ormai obliqua delle quattro del pomeriggio mi fa assaporare meglio ilCH3 panorama arricchito dalla presenza di un solitario bufalo e da una moltitudine di libellule che galleggiano sui cespugli e nei prati.

giovedì 10 ottobre 2013

Avversita' filippine

Il volo della Cebu Pacific proveniente da Taiwan arriva a Manila quasi puntuale. Penultimo viaggio con questa compagnia a cui è vietato volare in occidente causa scarsa sicurezza. La mattina ancora giovanissima sotto i suoi cieli foschi mostra campi con case allagate. Manila e parte di Luzon sono attraversate da una lunga tempesta tropicale, in oscura, fatalista, attesa del tifone che da Formosa si dirige verso sud-est. L'ho anticipato di poco.
Tra due ore ho la coincidenza per Cebu. A differenza dell'andata adesso devo ritirare il bagaglio di stiva per reimbarcarlo. Ci sara' un motivo...
La ragione la scopro presto. Il mio volo è stato cancellato e nel caos del piu' grande aeroporto del paese riesco ad ottenere un aereo con partenza un'ora e mezza dopo il previsto. Vago senza meta tra gente in preda ad una moderata ansia e negozi illuminati male. Dalle grandi finestre l'acqua cola sui vetri. Entrato nella sezione dell'aeroporto dedicata ai voli nazionali mi accorgo che il monitor degli orari non è aggiornato. Ne cerco un altro ma la situazione è invariata. La tempesta e forse qualche altro diavolo d'evento sta bloccando il traffico aereo. Mi dirigo verso la mia presupposta porta d'imbarco ma, anche qui, è pieno di gente in piedi, seduta su poltrone o sul pavimento in attesa di qualche indizio. I programmi di raggiungere oggi l'isola di Bohol stanno rapidamente sfumando. Accendo il lettore musicale sul pezzo See Thru to U.
Dopo sei ore di attesa, reclami accalorati di passeggeri, stanchezza, un inedito ristoro offerto dalla compagnia aerea, riesco a salire in aereo. Spero che tutto vada bene, adesso.
PieIn effetti tutto fila liscio, compreso l'atterraggio in una Cebu benedetta dal bel tempo. Sono le 16 quando arrivo al molo numero quattro nella speranza di prendere il ferry delle 18:30 per Tagbilaran, Bohol. E qui mi imbatto collateralmente in una delle tante disgrazie che funestano le Filippine: tre giorni fa, di sera, il ferry St. Thomas Aquinas davanti alle coste di Cebu city si è scontrato con una nave cargo, producendo un disastro ecologico con fuoriuscita di gasolio e la morte di piu' di 100 persone. Per questo incidente la navigazione notturna è temporaneamente interrotta. Mi rassegno a rimanere a Cebu, acquistando subito la prima traversata del giorno dopo, alle 6 del mattino.
Il giorno seguente mi sveglio alle 7. Non ho sentito la sveglia. Stanchezza assoluta. Impreco. Esco dalla guest house per la colazione, due spese, poi recupero lo zaino e da Cebu downtown raggiungo a piedi il molo. Il ferry veloce delle 9:20 per Bohol mi attende. L'aver perso il viaggio delle 6 mi costringe a pagare una penale di 100 piso. Con umore acido salgo sull'imbarcazione. Quasi subito un coppia di filippini tentano di conversare con me. Rispondo a monosillabi. Sono marito e moglie residenti a Cebu city che si  concedono una breve vacanza nella rinomata isola di Panglao, Bohol.
Presto cominciamo a parlare del disastro navale. Mentre la signora mi sta informando Crasriguardo la dinamica dell'incidente, il marito mi indica un punto nel mare dove sono ormeggiate diverse imbarcazioni. Come se niente fosse accaduto, il ferry passa molto vicino al luogo della sciagura: nella grande macchia d'olio che si estende nell'acqua, diversi sommozzatori sono ancora alla ricerca di corpi dispersi. L'odore di gasolio impregna l'aria marina.
Piu' in la', nell'orizzonte screziato avvolto dall'umidita', si distinguono sagome di isole; il sole sopra le nuvole tenta di illuminare un mondo che non conosco.

mercoledì 18 settembre 2013

In cammino a San Francisco

Carico lo zaino sulle spalle, saluto la famiglia che mi ha ospitato e sono in strada. San Isidro e' un piccolo paese di pescatori a sud di una delle isole Camotes. Due giorni qui passati a nuotare tra pesci e coralli che un tempo erano numerosi, la sera sotto la pensilina insieme a taciturni isolani imbarazzati dalla presenza di uno straniero.
Alle 6:30 il sole gia' forte illumina i passi sul nastro di asfalto e cemento, guidando le esperte infradito lungo i cinque chilometri che portano a San Francisco. Dopo una salita e la zona delle scuole sono fuori dal paese. La strada è mia. Nelle Camotes le moto sono il mezzo di trasporto piu' diffuso; pochissimi tricicli, jeepney o automobili.
Il camminare e' per i piu' poveri, quindi Cmotcammino; alla destra si muove il mare e nell'entroterra scivolano colline, case e campi coltivati. Le gambe mi guidano alla ricerca dell'ombra degli alberi, i pori della pelle -piu' allargati che mai- portano il sudore all'aria. Gli occhi cercano nuvole nel cielo azzurro. Questa espiazione volontaria e' ampliamente appagata dai suoni della natura: uccelli migrano da un ramo all'altro quasi seguissero precisi riti antichi, trasmettendo articolate melodie al mondo circostante. Dalle case la gente prepara la colazione, cuocendo gli alimenti sopra bracieri a legna; signore anziane chine su scopini composti da sottili rami legati tra loro spazzano foglie dalla terra battuta. E poi bambini e ragazzi in tenuta scolastica escono di casa diretti ai luoghi di studio, uomini che mi augurano il buongiorno, donne che sorridono compiaciute perché mi sposto nel modo piu' semplice, sì.
La strada ora si allontana dalla costa, permettendo di osservare le verdi colline disseminate di boschi e rare piantagioni di palma da cocco. Avvicinandomi a San Francisco, il capoluogo dell'isola, osservo che la processione di ragazzi e ragazze con camicia da marinaretto e gonna a quadri si infittisce; quanta strada a piedi compiono ogni giorno questi giovani.
Alzando le abbagliate iridi al cielo sembra che i vani desideri del sottoscritto vengano per una volta esauditi: grasse nuvole compaiono dalle colline portando ombra e qualcosa che assomiglia al refrigerio. Ma le nubi diventano sempre piu' nere, tracimando così nel temporale. Prima che la pioggia si infittisca sono sotto la tettoia di una signora che vende materiale scolastico e generi alimentari. Presso quel riparo trovo due ragazze e un bambino. Dagli occhi di una delle due studentesse intuisco che vorrebbe sapere cosa faccio lì e da quale vicolo ramingo del mondo provengo. Anche se la sua timidezza fosse vinta e le domande poste, probabilmente queste non troverebbero risposta, perché risposte non sempre ci sono. Le cose andarono come dovevano andare ed il mio cammino a San Francisco continuo' dopo la pioggia.
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lunedì 26 agosto 2013

Il tifone mancato

Santiago Bay nelle isole Camotes e' un bel posto: spiaggia dorata, mare limpido e coralli. Questa mattina pare che le cose debbano cambiare in modo radicale.
Ria, la padrona della stanza dove vivo, bussa alla porta avvisandomi che e' in arrivo un tifone. Chiedo maggiori informazioni con un volto a meta' tra la preoccupazione e la curiosita'. Ria spiega che oggi le scuole sono chiuse e il mare e' piu' mosso del consueto, tranquillizzandomi sull'intensita' del tifone classificata uno, il piu' basso tra i tanti eventi naturali e disastrosi che affliggono le Filippine.
Posso comunque uscire da casa senza problemi. Mi sposto sulla spiaggia notando subito le prime anomalie: nel cielo plumbeo scorrono veloci e piatte nuvole stratificate,Cam tem sopra, il sole riesce a penetrare con una luce molto offuscata. Il vento alterna tratti di calma a folate improvvise. Il mare azzurro chiaro della baia ora lo vedo mosso e grigio. Nessuna imbarcazione, rare persone in giro. Forse anche perche' la marea e' in salita i ristoranti prossimi alla spiaggia hanno quasi portato a termine la chiusura degli spazi rivolti verso l'acqua, utilizzando teloni impermeabili saldati da corde. Anche le barche a bilanciere vengono portate sulla spiaggia.
Le notizie che arrivano durante la mattina dalla televisione e dalla radio sono confortanti: il percorso previsto dai meteorologi per il tifone sta cambiando, portandosi lontano dalle isole Camotes e da Cebu. L'unico evento straordinario pare saranno le onde di dimensione maggiore del consueto. Una piccola tempesta tropicale.
Provo a pensare il tifone in movimento tra acque lontane e atolli incontaminati.
Osservo ancora il mare, con le sue onde cicliche per nulla noiose; la marea sale, spingendo in avanti detriti e rifiuti dispersi. Un martin pescatore vola solitario verso le palme.

giovedì 8 agosto 2013

Verso le isole Camotes

Il traghetto delle ore 11 per le Camotes e' partito da un pezzo. Sono seduto su uno sgabello giallo girevole. Da una parte  -la poppa della nave- vedo l'isola di CebuCamt1 allontanarsi; dalla parte opposta incrocio sedili sui quali abitanti di Camotes tornano a casa e soprattutto festosi filippini di Cebu city pronti a passare il fine settimana in una delle loro settemila isole. Sono l'unico straniero. Nonostante questa mattina mi sia alzato prima delle cinque per un altro traghetto giunto a Cebu alle sette, sullo sgabello giallo ora sto benissimo.
Alla mia sinistra ci sono due uomini, poi una coppia di ragazzi e un signore anziano con il cappello da cowboy di cuoio e occhiali da sole neri; le mani callose, il viso, il corpo dell'uomo sono abbronzati da decenni passati a lavorare all'aperto, magari su una barca a bilanciere. Su un sedile imbottito dorme rannicchiata una donna con una borsa come cuscino. Dalle rughe di fatica cresciute sul viso posso dedurre che la vita anche con la signora dormiente non deve essere stata troppo tenera.
Le iridi si spostano veloci agli schiamazzi di un gruppo di giovani: tutti indossano una polo color rosso e grigio con "SK" come stemma sul petto. I maschi sono tutti sovrappeso, mentre le ragazze dai capelli tinti color castano portano gli occhiali da sole. Scherzano tra loro in modo spontaneo ridendo come bambini; solo alla vista del gruppo SK dall'orientamento sessuale decisamente aperto, che mangia patatine bevendo analcolici, ti mette allegria. Mi volto camt2e sono in movimento sul mare delle Camotes piatto e privo di ventilazione. Dalla liquida tavola abbagliata da un sole pallido compaiono veloci due delfini diretti verso oriente.
Tra la fila di sgabelli e i lunghi sedili blu c'e' un piccolo chiosco molto indaffarato: vende bevande e patatine con aromi aggiunti a scelta. Dopo gli analcolici, il prodotto piu' veduto e' la zuppa di noodles pronta: e' sufficiente versare nel bicchierone di carta oleata acqua bollente, aspettare un minuto ed il miscuglio e' pronto. Appoggiato al banco del chiosco c'e' un uomo dalla maglietta rossa senza maniche e occhiali da sole con montatura blu intento a trangugiare lattine di birra filippina San Miguel.
Gli altri sgabelli gialli che guardano sul mare sono occupati da un gruppo di giovani vestiti da ciclista. Anche loro sono allegri ed eccitati per il giro che hanno in programma. Mi metto a parlare con uno di loro, Christian, capelli corti, carnagione chiara, occhi svegli e sinceri. Christian e' uno studente di Cebu city che  per la prima volta viene sulle Camotes in bici. Due, tre giorni con un itinerario di massima, nessuna prenotazione, insomma liberi. Vengono su queste isole perche' sono poco abitate e quindi il traffico non e' forte e pericoloso come a Cebu. Christian ha viaggiato parecchio nelle Filippine e mi consiglia di visitare le isole di Bohol e Siquijor.
Mentre parlo con il ciclista, dei posti a sedere si liberano, subito occupati da un altro interessante gruppetto: coppia con figlio sui quattro anni, bambinaia e amica. I genitori avranno trent'anni, entrambi di carnagione chiara e lineamenti del viso filippino-cinese: anche se vestono in modo casual ho l'impressione che provengano da famiglia benestante. La bambinaia, meno di venti anni, rincorre continuamente il piccolo intento ad ispezionare tutta la nave. L'amica della coppia e' un Lady Boy, un travestito. Il Lady Man ha i capelli ramati in una coda, indossa una canotta colorata e short jeans. Ai piedi dalle unghie smaltate porta ciabatte con suola di sughero. I Lady Boy non sono assolutamente infrequenti nel Sud-Est asiatico e continente indiano; peraltro sono negli stati a regime musulmano la loro vita e' meno facile. Ma questo purtroppo lo sappiamo.
Il tempo passa tranquillo e le Camotes sono ormai vicine. Ora mi sposto da un lato all'altro dell'imbarcazione per studiare meglio la costa dell'isola piu' vicina: a muraglie di roccia nera si alternano piccole baie di sabbia chiara. Subito dopo si sviluppa vegetazione spontanea o boschi di palme da cocco. Seminascoste tra gli alberi delle insenature vedo qualche abitazione. Ormai ci siamo.
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lunedì 29 luglio 2013

La festa dei 18 anni

Secondo giorno nell'isoletta di Malapascua, a nord di Cebu. Oggi giungo vicino al tratto di costa di fronte al Coral Garden e devo lasciare a qualcuno ciabatte e camicia durante lo snorkelling. Sono le otto del mattino e la camicia e' bagnata di sudore. Dopo l'arena adibita al combattimento tra galli, noto una casa con giardino alberato e diverse persone. Chiedo ad una signora se posso lasciare le cose. La donna e' la zia della ragazza che in serata celebrera' i 18 anni. Cosi' vengo invitato alla festa.
Dopo aver attraversato parte del villaggio e una buia zona boscosa senza sbagliare sentiero, alle 20 la musica mi fa arrivare sul luogo delle festa. Ritrovo la zia della celebrata la quale mi annuncia che il mangiare a quell'ora e' quasi tutto terminato, ma non e' esattamente la stessa cosa per il bere. Ragazzi addetti alle bevande, dopo avermi offerto mezzo bicchiere della loro birra come benvenuto, si scusano se le bottiglie piccole dell'amaro liquido giallo sono teminate; rimangono le bottiglie da un litro. Il sottoscritto cosi' si sacrifica, e prende posto sotto il palco della festeggiata.
Il giardino alberato e' punteggiato da tavolini con tovaglie colorate, a destra c'e' la postazione del DJ, a sinistra uno schermo gigante ingrandisce quello che succede sul palco. Lampadine e luci da Disc discoteca illuminano l'evento. Sul palco troneggia una ragazza cicciottella vestita con un pomposo abito rosso vivo. E' il momento questo della consegna dei regali e dei discorsi. Da sotto il palco un conduttore munito di microfono chiama parenti ed amici della festeggiata i quali consegnano il regalo dopo un breve saluto spesso spiritoso. La gente attorno annuisce e ride, la diciottenne si commuove a tratti. Ogni tre - quattro interventi il DJ spara musica occidentale a tutto volume, oppure assistiamo ad una performance Hip Hop compiuta da cinque ragazzi, e infine ad una danza semicomica eseguita da un Lady Boy, un travestito, che fa parte del gruppo di animatori professionisti.
Brezza marina si insinua tra le palme da cocco e gli altri alberi mentre nella festa una donna mi invita a ballare e la gente beve birra e brandy, riscaldando la notte tropicale. Dopo il taglio della torta e la consumazione delle stessa arriva il momento che i giovani (ma non solo) preferiscono: musica techno. E sotto il ritornello "Sex on the beach", ragazzi ben vestiti si scatenano in lunghi balli  sotto gli occhi degli invitati  ma anche di diversi curiosi.
Lentamente la gente prende congedo lasciando posto a cani in cerca di qualche gustoso rimasuglio alimentare (i filippini sono califfi a fare il maialino allo spiedo) e bambini meno abbienti che ravanano tra vassoi e piatti qualcosa da portare a casa nonche' alla ricerca di bottiglie di plastica o vetro vuote da poter vendere.
Osservo questi bambini e vedo i resort posti sulla spiaggia migliore dell'isola, hotel tutti muniti di sorveglianti armati, e dei comfort necessari al turista. Dietro, nascoste e accessibili solo attraverso tortuosi vicoli, le capanne degli abitanti dell'isola di Malapascua. Proprio questo primo pomeriggio, al ritorno da una bancarella del cibo, mi son detto: " Possibile che non abbia visto praticamente ancora nessun straniero camminare nel villaggio?"
Quanto il turismo cosi' impostato beneficia la popolazione locale?
Cammino solitario nel fresco buio del bosco con ancora attaccati alla pelle i suoni e le luci dello show

mercoledì 17 luglio 2013

La stanza filippina

Una, tante stanze abitate per un soffio ancora in questo nuovo viaggio. Fuori i clacson, musica, i richiami dei venditori ambulanti. Dentro la camera io, con sette chili di bagaglio distribuito dove possibile. L'inquinamento di Cebu city downtown, Filippine, entra dall'unica finestra apribile della stanza 311, e viene mescolato da uno stanco ventilatore alle esalazioni della pensione. Le due annerite rampe di scale per raggiungere la 311 sono sporche, odorano di cibi cotti e orina di topo.
Gli scarti della frutta acquistata consistente in bucce di banane e mango verde e' meglio portarli nel cesto della spazzatura posto appena dopo le scale, perche' gli altri abitanti piu' o meno raminghi della stanza -piccole blatte e un topolino- potrebbero trovare maggiormente stimolante vivere qui. Chissa' ieri come avranno reagito questi due esseri viventi quando ancora dallo zaino chiuso permeavano possenti gli aromi del frutto piu' straordinario, il frutto che punge e ammalia pelle e cuore. Signori, il frutto e' il durian, e subito un inchino dopo questa parola.
La 311 non e' una grande stanza: pareti di Stanzlegno sottile, pavimento dal linoleum spaccato, macchiato di nero e di brace di sigarette. L'armadio non ha porta ne' appendini, la luce al neon si accende con difficolta', la finestra e' composta da due parti: un lato apribile senza zanzariera, l'altro, bloccato da una tavola di compensato consta di una rete rotta che protegge i vetri sporchi. Tende coprono il rettangolo di luce esterna. Queste sono azzurre e piu' lunghe del necessario: se qualcuno non avesse lasciato su di esse macchie di unto sarebbero ancora accettabili.
Scrivo veloce dalla mia stanza, con il ventilatore da tavolo puntato addosso a velocita' 3, mentre rumori di sternuti, tosse, catarro, lamenti di neonato e sospiri entrano dalla porta. Indosso le cuffie e sono con "One Thing" arrangiato dal genio elettronico che porta lo pseudonimo di Lapalux. Ma la 311 rimane ed io dentro. Le sue pareti sono abbellite da due calendari del 2012 e 2010 di una finanziaria che ha sede nella stessa strada della pensione. I muri sono dipinti di arancione, ornati da macchie scure, da un poster strappato male, e da (pochi) chiodi utili ad appendere robe tipo asciugamano, banane (a prova di ratto) o zainetto. Ma e' negli antri piu' oscuri, negli angoli che i sensibili muri di legno offrono il loro meglio: colate di liquidi come saliva, rimasugli di bevande zuccherate e altro che e' meglio rimuovere dalla mente.
Fuori in Legaspi street prosegue il concerto senza fine: ora dalla finestra entra a tratti la brezza portata dall'oceano e tutta la stanza ne beneficia. Nuvole monsoniche anticipano il tramonto che arriva verso le 18, portando veloci piogge. Chiudo la finestra ed accendo la luce al neon da un interruttore che una volta era bianco. Mi spoglio, indosso l'asciugamano e prendo il sapone per la doccia salvifica; chiudo la stanza 311 ed inforco il corridoio scarsamente illuminato e senza finestre della pensione. I bagni sono in fondo.

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lunedì 3 giugno 2013

Bus in Sud America

 

Chi

Pat

SCZ

Yap

venerdì 3 maggio 2013

La partenza e la ragazza dai capelli chiari

Pochi minuti e il volo partiva. Ewan attendeva l'imbarco in disparte, sperduto nella steppa lasciata dal distacco. Il giovane si trovava nell'interminabile momento dove i fiori del passato erano molto piu' colorati e profumati di quelli che avrebbe trovato ai bordi del suo cammino.

Due, due erano stati i mesi di umori mutevoli che avevano seguito la decisione di passare da una vita costruita su un lavoro discreto, amici, pub e dancefloor di quelli giusti, all'incognita di un lungo viaggio extraeuropeo. Come il passaggio fulmineo di libellule sugli stagni delle sue estati, nella mente giungevano fugaci porzioni di quei mesi fatti di preparativi e ripensamenti, ma anche voglia di liberarsi, di cambiare volto attraverso la rottura dei rapporti che determinano la personalita'. Al contempo Ewan si sentiva superiore per aver espiato sulla pelle una ad una le difficolta' della scelta di cambiamento.

Mentre vagava attraverso queste nebulose in movimento gli si sedette quasi di fronte una ragazza dai capelli biondi, vestita non in modo sgargiante come molti turisti. Dopo un veloce sguardo la giovane gli chiese dove andava. Ewan le disse la sua destinazione, lei annuì, quindi sposto' gli occhi nocciola sulle vetrate che davano fuori.
"Io sono Tina, viaggi solo?", disse dopo qualche minuto.
"Ewan. Sì, sono solo. E' il mio primo viaggio lungo".
"Anche il mio".
Tina andava qualche mese in giro per l'America con una laurea fresca in tasca. Le loro mete erano diverse. Erano simili invece le loro identita' provvisorie, mobili, in via di ricostruzione. Ewan aveva appena conosciuto Tina ma sapeva che ella provava le sue stesse emozioni; si specchiava nei suoi occhi limpidi e vedeva, in una visione colcaleidoscopica ricca di colori, i segni iniziali del loro mutamento, il sangue ramingo che non conosce casa, e molte, troppe, gocce di sudore sulla strada.
Continuarono a parlare per qualche minuto, ognuno carico di aspettative e di speranze nascoste, distogliendo momentaneamente la sensazione primigenia di solitudine in cui erano immersi.
Con il sottofondo mentale della House armonica di DJ Koze, in un ambito quasi portato alla teatralita' dalle vicende forti della vita, non senza un alito di rammarico sulle labbra si salutarono brevemente in modo quasi imbarazzato, perché il volo di Ewan era all'ultima chiamata.
Così Ewan lasciò l'Europa.
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sabato 6 aprile 2013

La partenza: sospensione

La mente sgombra e fuori il paesaggio.
Le chiare iridi di Ewan levitavano oltre la pista di atterraggio, per disperdersi in lontani boschi di colline. Musica si estendeva audace nella mente senza trovare ostacoli. Sulla gamba accavallata indugiava un libro, forse una guida, aperta inutilmente in prima pagina. Nessun pensiero, nessuno sfogo, dentro. Se qualche graziosa hostess o unsos compassato professionista del viaggio avessero potuto leggere il recente passato nel cervello del giovane, si sarebbero bloccati di fronte a tanto apparente scompiglio. Dopo mesi di inquietudini seguiti alla decisione di partire per un lungo viaggio in paesi lontani ora, davanti al volo, la mente di Ewan era piatta.
Il paesaggio fuori, e dentro la flemma portata dall'inevitabilita'.

Era primavera e Ewan partiva. L'esilio della separazione si stendeva davanti a lui in tutta la sua bruciante, iniziale, possanza. Una ferita dolorosa che solo il movimento intenzionale  avrebbe probabilmente calmato. Ewan era uscito dalla tana creata con tanta sapienza per lui e da lui; ora usciva fuori dal suo paesaggio esplorando altre vie, con la straordinaria percezione di lontani, antichi, echi di partenze passate, di gemiti e lacrime incancellabili, di metafore che congiungono l'inizio e la fine di ciascun essere vivente.
Il mezzo-viaggiatore Ewan nasceva proprio in quelle ore, fuori dal grembo delle sue appartenenze, dentro il fluido della titubanza, in distacco dal mondo conosciuto che ora si cancellava, estinguendosi.

In quei momenti dove tutto cambiava, gli giunse da qualche parte un afflato che portava verita' conosciute dal tempo. Riuscì a tradurle con parole importanti che avevano valore per lui sia che fossero congiunte o disgiunte; pezzi di fonemi che così mise insieme: L'essenza del lungo cammino è l'incertezza.
L’esteso percorso della vita era da poco iniziato.

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sabato 16 marzo 2013

La partenza: prima del volo

Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.
Lao Tzu

Quando il bus di linea smorzo' il motore davanti al terminal, Ewan sentì che un altro passo del suo percorso era stato compiuto. I turisti discesero con ordine dal mezzo ma poi persero la loro compostezza accalcandosi ansiosi sui bagagli. Ewan guadagno' l'uscita del bus da ultimo, perché non aveva fretta:  era come se governasse e provasse indifferenza verso il tempo. Era una sensazione che diventava sempre piu' forte. Una sensazione nutrita dalla quasi impossibilita' di tornare indietro. Il giovane raccolse lo zaino, fece un cenno di saluto all'autista e si incammino' verso l'entrata. I suoi effimeri compagni di viaggio erano spariti all'interno dell'aeroporto trascinando enormi valigie di plastica.
 
Nel tragitto verso l'aeroporto le emozioni provocate dal distacco, dai saluti dei suoi cari radunati per l'ultimo addio in quella grande stazione dei bus, abbagliavano ancora in modo corrosivo la mente del giovane; imperscrutabili lame affilate sezionavano scientemente ogni gesto, ogni voce, ogni sguardo di coloro che abbandonava per alcuni anni. La potenza del viaggio gli baluginava davanti maestosa, ricca di infinite possibilita', eppure questa visione era temporaneamente macchiata dalla disgiunzione dei legami e dalla portata della sua scelta.
  
L'aeroporto era sopra il capo del giovane, con le grandi vetrate su cui specchiava il cielo sp1limpido accompagnato da ciuffi di nuvole che compivano giocosamente il loro giro. Come sara' il cielo d'America?
Davanti alle vetrate dei panorami riflessi si delineo' la figura magra di Ewan. "Ma chi sono?", si disse, fermandosi.
In quei momenti convulsi che mai riuscì completamente a decifrare, si stavano replicando esponenzialmente sensazioni nelle quali la sua persona fluttuava in un territorio di mezzo: Ewan era un mezzo-viaggiatore sospeso tra la partenza e il transito, ma anche un mezzo-Ewan (at)tirato dall'imperativo vocazionale del viaggio da un lato, e strattonato dall'altra parte dal vuoto che lasciava.
Il fedele compagno che portava il nome di Smarrimento seguì silenziosamente Ewan con il suo leggero bagaglio quando egli abbandono' le vetrate riflettenti per entrare nell'aeroporto.

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martedì 19 febbraio 2013

La partenza: il distacco si compie

Le ruote del bus consumavano velocemente la strada. Ewan poteva vedere l'asfalto illuminato dai fari che passava sotto di lui e, verso sinistra, un tramonto ferroso che si adagiava lontano. Le inseparabili cuffie gli mandavano il post-rock dei suoi conterranei: un mantra siderale che nota dopo nota montava in esplosioni di chitarre elettriche. Era partito da qualche minuto e già conosceva le sonorita' appropriate al viaggio. Vicino a lui un ragazzo stava leggendo le cronache sportive da un giornale mangiando compulsivamente noccioline. Distrattamente esamino' gli altri passeggeri diretti verso l'aeroporto:  allegri turisti con vestiti dai colori vivaci, compassati professionisti e qualche immigrato che tornava in quella che non era probabilmente piu' la sua patria.   

Torno' con la mente alla recente dipartita: nella stazione degli autobus erano venuti a salutarlo i suoi cari, gli amici, e un paio di ex-compagni dell'universita'. Ewan aveva desiderato partire per il lungo viaggio dalla stazione della sua citta', solo, spoglio del superfluo.  Un bagaglio inferiore ai dieci chili. Libero. a
Sotto l'ultimo bagliore di sole primaverile, quell'8 maggio Ewan salì lentamente i gradini dell'autobus, decretando così l'ultimo atto della partenza, la separazione. Lo stacco dal suolo, salendo sul predellino del mezzo, sancì per il giovane la fine di un periodo, ratificando ancora una volta nell’aria la trasfigurazione dell'umano sotto l'influsso millenario del viaggio.  Bastarono pochi secondi.
Dopo mesi di decisioni vaganti nel limbo melmoso del dubbio e del ripensamento, di settimane frenetiche dove l'insicurezza di non riuscire a terminare le cose lo prendeva a tratti, dove aveva combattuto la contrarieta' di alcune persone a lui vicine, ora si trovava sul veicolo che conduceva per il lungo volo.
Quando il bus partì, Ewan saluto' quelle persone che si erano radunate per lui, le guardo' una ad una, piano, in silenzio, e vide i suoi legami che si allontanavano, diventando sempre piu' piccoli fino a perdersi, a svanire. In quei momenti incomprensibili dell'addio che da sempre segna gli individui, la solitudine si impossessò duramente di Ewan facendolo rimanere per qualche istante senza respiro.

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martedì 22 gennaio 2013

Prima di partire: la celebrazione del distacco

Ewan uscì dal locale della festa con il volto confuso e lo sguardo pieno. Non si era visto allo specchio ma sapeva di portare addosso quell'espressione facciale. In quegli ultimi giorni prima della partenza la pelle, il corpo e la mente di Ewan provavano, per la prima volta da sempre, l'estraniazione di sentirsi alieno incompleto nel mondo, la percezione di trovarsi sul dirupo oscuro della definitivita' che lo avrebbe cambiato.
La gentilezza a tratti negli occhi del giovane non erano causati dal sidro o dalla birra ingerita, bensì dal tepore irradiato, dal riverbero di altri occhi che erano venuti a festeggiare la sua dipartita. Iridi di amici, di parenti, dei suoi famigliari, iridi che conosceva bene e che ora, attraverso l'evento della partenza, non era piu' sicuro di conoscere in profondita', quasi che un filtro sfocato si fosse frapposto tra loro e lui. Ma anche il locale di campagna dove si svolgeva la festa, gli alberi con le grosse gemme chiare, il panorama ondulato forgiato dal vento facevano sempre meno parte di Ewan; "Forse non lo sono mai appartenuti", disse con un sospiro di voce.
pCircondato dalla primavera, Ewan sedette su una staccionata di legno, solo, respirando forte, ad ascoltare suoni della natura mischiati alle note basse di un ritmo downtempo del locale. Sentiva che questa sua appartenenza incerta si congiungeva con uno stato di superiorita' proveniente da lontano, un primato purificatorio raggiunto attraverso difficolta' e determinazione. Una sublimazione non del tutto conscia. Le persone amate che ora stavano celebrando il rito dell'addio e che accettavano finalmente la sua scelta, sarebbero rimaste ferme, caduche, mentre Ewan sarebbe volato via, scomparso oltre oceani e mari e colline e foreste, invincibile e dominatore del tempo.
Dalla porta del locale sbucarono tre allegri ragazzi che sicuramente lo avrebbero riportato nell'alveo della festa a lui dedicata.  Prima che i giovani lo raggiungessero si disse in modo risolutivo, come per sigillare il contratto stipulato con sé stesso: "Due…, due giorni e lascio tutto alle spalle". 

 
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