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venerdì 27 febbraio 2015

Rapace KL

klr

venerdì 29 agosto 2014

La foresta del monte Kinabalu, Borneo

Aria mielata giunge dal basso. Aria di tropico addolcita da vegetazione in fiore del Borneo settentrionale.
Ieri ho trovato alloggio a una cinquantina di metri dall'entrata del parco nazionale del monte Kinabalu. Di sera spirava una brezza incredibilmente fresca per i soli 1580 metri di altitudine della sede del parco.

Ora sono appena entrato nel Kiau View Trail. Otto del mattino. Pantaloni corti, calze, sandali semichiusi, e camicia. Nello zaino ho acqua, frutta, pane e un maglione. Fuori l'aria sa' di miele. Fuori lo spettacolo della Natura. Dopo il primo tornante il rumore delle strada sparisce. Sono nella foresta pluviale del monte Kinabalu e, se non fosse per quell' aroma esotico, il clima oggi potrebbe essere comparabile a quello alpino: aria fresca, poca umidita', temperatura e visibilita' ottimali.
Cammino piano, cercando di produrre il minor rumore possibile osservando, K1respirando con il bosco la sua aria. Il sentiero e' un insieme di terra sabbiosa colorata di arancione, rosso e grigio, e da una complicatissima rete di radici. Nelle porzioni di sentiero piu' in pendenza l'acqua ha modellato il terreno levigandolo dolcemente. Solo gli apparati radicali resistono alla pioggia. Oltre ad un sottobosco ricco di cespugli, fiori, felci di mille tipi, sono gli alberi che catturano l'attenzione (e l'amore):
tronchi affusolati, lisci, ruvidi, marroni, gialli, liane pendule, tutti protesi spasmodicamente verso l'alto, alla ricerca di una porzione di luce vitale, tutti in contemplazione della montagna delle anime degli antenati, la montagna dei quattromila metri. Molti sono gli alberi di grandi dimensioni dai tronchi perfettamente verticali supportati da radici che sventrano la terra per decine di metri; appena un ramo presenta qualche increspatura, subito un rampicante, una felce, un'orchidea, prendono posto. Rispetto ad altre foreste tropicali o subtropicali qui gli insetti che vedo sono pochi, a parte qualche coleottero dalle dimensioni gigantesche, mosche e simil-ape.
In questo momento il sentiero Kiau diviene piano e si biforca: da una parte scende verso la sede del parco, l'altra raggiunge la strada che porta alla scalata del Mt. Kinabalu. Finora non ho incontrato nessuno, nonostante la vetta della montagna venga conquistata ogni anno da decine di migliaia di
persone.
Ben presto raggiungo la strada in attesa di riprendere un altro sentiero. Qui, dove la visuale si apre un poco, e' possibile ammirare delle felci enormi che superano i quattro metri di altezza.K2
A 1780 m i sandali imboccano il sentiero Bukit Ular. Ruscelli di acqua limpida attraversano a tratti il percorso mentre il vento si insinua tra i rami alti. Tranne qualche scoiattolo di cui uno grosso, credo volante, altri animali come uccelli rimangono in alto. Sono colpito da un richiamo triste e puntuale di un volatile sconosciuto ed invisibile. Intravedo un
cucciolo di serpente che si dilegua tra le foglie. Il sentiero nella sua parte finale si arrampica con l'aiuto di scale di legno e gradini scavati nella terra. A 1960 m sono sulla cima di una collina che guarda il monte
Kinabalu. Qui, tra rododendri alti due metri e alberi modellati dal vento posso godere pienamente e da vicino le vette del Kinabalu. Sono fortunato, oggi le nubi non imperversano attorno le scure rocce granitiche della montagna.
MK

giovedì 26 luglio 2012

Kuala Lumpur viscerale

Kuala Lumpur ti stordisce, annichilisce, distrugge e poi ti ricompone.
Arrivo nella capitale sotto un cielo amorfo del tardo pomeriggio. Il bus mi IMG_6243scarica a Pudu Sentral. Passo dall'aria controllata del mezzo pubblico alla brezza satura di inquinanti e calore della metropoli.
Sono il primo a risalire le scale che portano ai piani superiori della stazione dei bus, dove luccicanti negozi  e uffici delle compagnie di
trasporto vedono passare una veloce figura con uno zaino/bagaglio che pesa meno di nove chili. Le gambe varcano il passaggio sopraelevato del viale Pudu colmo di flusso vitale e cancerogeno del traffico. Dall'altra parte c'e' l'hostel Pudu dove avevo dormito tre anni or sono. No. E' chiuso.
Chiedo conferma ad un corpulento taxista indiano che mi consiglia altri posti situati nella parallela superiore del Pudu. Passo un tempio hindu pieno di confusione e aromi dolci.
Nel primo alloggio che visito, un grosso stabile coloniale, ho due tipi di stanze economiche: con o senza finestra. Le visito: bagno in comune, locali  angusti con ventola a soffitta e pareti di cartongesso, odore di incensi e di corpi silenti. Il terzo hotel e' gestito da indiani. La signora mi porge la chiave per verificare la stanza che possiede muri di mattoni, finestra dalla quale entra il brontolio immortale della citta', televisione, ventola rumorosa, lenzuola con qualche macchia ma pulite, federe a posto, anche se e' meglio rimuovere dagli occhi il colore una volta bianco dei cuscini. IMG_6491Specchio crepato e scrivania con cassetto mancante. I bagni esterni non hanno lavandino, solo un rubinetto sotto il  quale un secchio (ed un contenitore piu' piccolo) servono a diversi scopi tra i quali docciarsi. Appendini arrugginiti e tubi del soffitto a vista. Prendo la stanza.
Fuori e' buio quando cerco un posto dove mangiare. Dal ristorantino malese-indiano pieno di ventilatori si domina una porzione di strada; sulle iridi passano babilonie di etnie e simboli. Scritte in cinese, malese, inglese, coreano, neon sgargianti che illuminano corpi dalla carnagione chiara, meticcia e bruna. Ragazzi vestiti all'occidentale, tudong, canotte, maglie con scritte psichedeliche, cappelli, visi che si specchiano su schermi di smartphone. E poi isolati turisti stravolti dal caldo, spaesati immigrati, genti con storie che sfuggono. Immagini reali ed al contempo cinematiche riconducibili a molte pellicole occidentali. Immagini di perfette convivenze ed impossibili integrazioni tra culture.
Il riso ed il curry sono spariti velocemente dal mio piatto, e la notte di Kuala Lumpur entra piano in questo locale appollaiato sul traffico, dispensando qualcosa che somiglia ad aria meno torrida. E' ora di uscire per muovere quattro passi in direzione della moschea Jamek.
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giovedì 12 luglio 2012

I gatti della Malesia

I felini, quelli piccoli, sono gli animali che incontri piu' facilmente in questo Paese. Nei mercati o nelle stazioni dei bus periferiche, nelle case e nei luoghi piu' impensabili i gatti estendono la loro ubiquita' in ogni dove. Sono tigrati, neri come le pantere che immaginava Salgari, neri variegati rosso, oppure meticci e siamesi dagli occhi limpidi, bianchi con macchie scure o tigrate a scelta; insomma, un un universo colorato che domina queste terre prossime all'Equatore. L'adattamento a climi decisamente caldi ha ricoperto i gatti della Malesia di un manto corto e poco fitto, permettendo di osservare meglio il loro corpo aggraziato: gambe lunghe e sottili con il capo proporzionato al tronco snello. Oltre ad apprezzare una forma ed un movimento che nel mondo animale non ha praticamente uguali, l'essenzialita' dovuta al pelo raso li fa apparire ad un occhio esterno quasi nudi ed ancora piu' magri di quello che sono.
Nella homestay dove sono ospitato scorazzano almeno tre femmine con altrettanti cuccioli. Questi ultimi li vedi giocare muovendo freneticamente zampe piccole e teste enormi sovrastate da orecchie altrettanto pronunciate, poi li trovi distesi sul pavimento esangui, a smaltire l'ebbrezza del gioco conoscitivo e del calore disarmante. Questa famiglia allargata lentamente ha imparato a conoscermi e sempre di piu' apprezza le mie attenzioni nei loro confronti; in particolare un gattino bianco e nocciola stile siamese mi si avvicina mordendo lievemente i bordi delle mie infradito, per poi farsi coccolare quasi a premio per l'azione compiuta. Spesso lo trovo dormiente su una sedia di plastica o in un angolo buio del patio.
L'altro giorno ho visto un maschio tigrato di rosso con testa e collo pronunciati, portante diverse cicatrici di guerre piu' o meno recenti. Ovviamente non ha fatto caso ne' alle femmine ne' ai cuccioli ma si e' diretto verso la cucina nel modo compassato di un ufficiale decorato prossimo alla pensione.
Quando la luce del giorno cede tempo all'imbrunire, quasi per comando alieno gli adulti cominciano a muoversi nel mondo, tornando a prendere effettivo e silente controllo del territorio.
I gatti della Malesia sono magri e minuti, forse per il pelo raso, forse per una non esauriente cura ed alimentazione, ma pare che il loro controverso rapporto con l'invasivo genere umano e con l'universo che li circonda non sia troppo detestabile, anzi.

lunedì 13 luglio 2009

Frammenti di viaggio 2: Tioman



L'isola malese di Tioman e' un luogo incantevole. Oltre al mare affascinante, ieri ho fatto un passeggiata (un "trekking nella giungla") da un estremo all'altro dell'isola. 12 chilometri tra andata e ritorno con un dislivello di 330 metri.
Visto il caldo diurno e l'umidita' mi sono svegliato dopo l'alba (6:30) e subito ho imboccato il sentiero che da Tekek porta a Juara. Ho voglia di incontrare qualche animale.
Il sentiero si inerpica quasi subito tra felci gigantesche, palme, piante rampicanti e alberi pregiati. Nello zaino ho acqua, macchina fotografica, occhiali, crema e poco altro. Indosso pantaloni lunghi e scarpe di gomma. Salgo piano per assorbire l'essenza della foresta e tutta la (bio)diversita' che essa emana. Cerco di non fare troppo rumore; ho l'impressione di essere l'unico essere umano nei dintorni. Quasi subito sento qualcosa di abbastanza grosso che si allontana dalle vicinanze del sentiero. Sudo molto anche se la mobilita' e' lenta.
Ad un certo punto, quasi sul crinale della collina, mi trovo al cospetto di una serie di alberi secolari meravigliosi. Li guardo, li tocco, cerco di capire se sono mogano, palissandro o altro ancora. Respiro profondamente l'aria leggermente sulfurea e carica del bosco, ascolto gli uccelli dai richiami esotici e gli schiamazzi delle scimmie.
Dopo aver ammirato uno scoiattolo dal manto davvero particolare, e' la volta che intravedo un grosso serpente che si allontana velocemente.


Eccoci, la salita e' fatta, presto la collina declinera' verso il piccolo villaggio di Juara. Mi risciacquo il viso presso un ruscello e rialzo il capo.
In quel momento, con le gocce di acqua tiepida che mi scorrono sul volto, mi rendo conto di essere in straordinaria sintonia con l'ambiente che mi circonda. Lo spettro che soffriva dei piccoli pregiudizi verso ciò che e' alieno e sconosciuto e' svanito con l'incontro.
Questa Natura primordiale e' quella da cui proveniamo; il distacco da Essa contribuisce a misurare la lontananza da noi stessi.
 
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