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venerdì 8 novembre 2019

Il vagone delle meraviglie. Direzione Kunming, Yunnan

Regular train in Qinghai
Il vagone verde su cui mi trovo ha qualcosa di speciale. Il cuore percepisce l'alito ultraterreno che si è stabilito su questo convoglio colmo di valige dozzinali, strapieno di persone che tornano a casa, di famiglie, donne, uomini, bambini. Gente di campagna umile e gentile. Qualcuno direbbe che qui c'è Dio.
La carrozza verde appartiene ad un Regular train con cinque sedili per fila che viaggia a Sud. El corazón al Sur.

Per la verità quando sono salito sul vagone dopo essermi per la seconda volta accomiatato da Chengdu, in un primo pomeriggio di un prefestivo, il mio umore era piuttosto basso.
Passo tutti i controlli della stazione Nord della metropoli sconfinata, scendo ai treni ed individuo il numero della mia vettura. Sono arrivato tra gli ultimi in un treno completamente sold out e, tanto per cambiare, tutti i passeggeri mi osservano con occhi spalancati. Chengdu-Kunming 1100 chilometri e decine di ore di viaggio, dopo che ieri mi ero sparato 15 ore da Xining a Chengdu.
Il cuore batte piano, calmo, espirando aria calda, alla ricerca del mio sedile. Sono tra un ragazzo ed un padre di famiglia che tiene in braccio una bambina. Mentre sospiro una signora premurosa dice al figlio adolescente di prendere il mio zaino e incastrarlo da qualche parte sopra le nostre teste. La famiglia di fronte a me composta da madre, figlio e ragazzina, oltre ai paesaggi che dal Sichuan volgono all'altopiano Yunnan-Guizhou, saranno una delle cose più belle del lungo viaggio.

Quando fuori il sole comincia scendere verso monti lontani il vagone delle meraviglie comincia ad animarsi: piano piano da enormi sacchetti spunta ogni tipo di mangiare, tra i quali spiccano i
Regular train
contenitori di zuppa di noodles precotta. Anche il ragazzo di fronte a me, dopo aver per ore guardato video sul telefono, stimolato dalla madre, comincia a distribuire alimenti al resto della famiglia. A turno si recano verso un estremo del vagone con questi recipienti liofilizzati per riempirli di acqua bollente. I passeggeri mangiano di tutto: carne essiccata, fagioli dolci, snacks, frutta e soprattutto zuppa di spaghetti. Come se non bastasse e con molta frequenza passano gli addetti con carrelli pieni di alimenti e bevande. Quasi tutti acquistano qualcosa, socializzando il bene con i vicini.

La famiglia di fronte a me è proprio interessante: una ragazzina preadolescente allegra ma mai invadente, il fratello maggiore sovrappeso dai toni apparentemente burberi appiccicato perennemente al cellulare, una madre piccoletta sempre sorridente. Ovviamente lo straniero venuto da chissà quale paese è preso sotto le loro ali protettive. La ragazzina tenta inutilmente di farmi qualche domanda in cinese. Dice qualche sparuta parola in inglese. Dopo qualche ora mi comunicherà con il linguaggio dei segni che i miei occhi sono tanto grandi. Tutti rideranno bonariamente per la sua osservazione.

Le prime luci dell'alba illuminano un paesaggio esterno fatto di montagne e colline verdi immerse nella pioggia. Il monsone. Le fermate presso stazioni sconosciute sono lunghe, per dare la precedenza ai treni ad alta velocità. Gallerie, rocce e visioni a corta distanza. L'uomo con la bambina vicino a me scende. Il ragazzo riconsegna ad un addetto del treno il caricabatterie telefonico. Gente continua a mangiare. Ho l'impressione che il treno stia accumulando ritardo.  

19, 20, e con 21 ore di viaggio Kunming è finalmente conquistata. La famiglia del cuore era scesa qualche stazione prima. Mi sono alzato e ho stretto loro la mano in segno di rispetto e saluto. In venti ore a breve contatto ci saremo scambiati cinquanta parole ma una infinità di sorrisi. E' il vagone delle...

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sabato 12 ottobre 2019

Dal Sichuan alla frontiera con il Qinghai

Lascio Ganzi/Garze quando è ancora buio. Il minivan è pieno di giovani di etnia tibetana diretti a nord-ovest. Da una settimana non vedo un occidentale e per vederne qualcuno dovrò aspettare fino a Xining. Quasi impossibile comunicare. Spero che l'autista abbia capito la mia destinazione, anche se il mio biglietto (scritto in cinese, non in tibetano) non lasciava dubbi. Lascio i 3300 m di Ganzi e le sue vette immacolate che toccano i 6000 metri con un briciolo di dispiacere ma devo fuggire dal monsone che conquista velocemente terre da sud.
Salendo le propaggini più orientali dell'infinita catena dell'Himalaya percorriamo la Sichuan-Tibet Highway quando ancora il crepuscolo non riesce a farsi spazio nell'oscurità. Passiamo il monastero Darjay con gli otto stupa bianchi di fronte e come sfondo le colline verdi sagomate dal tempo. Le nuvole permettono di osservare solo la porzione inferiore di montagne che si innalzano nell'empireo.
Un centinaio di chilometri e lasciamo la strada che porta in Tibet per voltare a destra, verso nord.
Cerco di eliminare l'umidità che appanna il vetro del minivan. Mentre saliamo ancora, fuori scorrono prati, poggi, torrenti e linee dell'alta tensione. Bandiere buddiste e monasteri isolati. Scritte in tibetano e cinese.

Dopo aver scavalcato almeno un paio di passi a più di 4000 metri il minivan si arrampica per la strada sterrata. Una jeep con un monaco è rimasta bloccata nel fango. Tra le nuvole e la stanchezza intravedo vette alte rigurgitanti neve e ghiaccio.

Al confine tra la regione del Sichuan ed il Qinghai c'è un posto di blocco della polizia. L'agente esamina il mio passaporto, vede il mio visto ma non intende a quale nazionalità appartengo: sono costretto ad usare il traduttore del suo cellulare perché tutti capiscano. Ripartiamo.
Sono nel grande e poco popolato Qinghai. Due ragazzi, probabilmente studenti, si fermano in una cittadina vicina. La bella donna davanti a me scenderà a Yushu, la meta finale.

L'altopiano verde mostra pascoli immensi, piccoli fiori di montagna, cime lontane e torrenti grigi gonfi d'acqua. Nuvole alte si dirigono da qualche parte. L'autista corre veloce, suonando forte il clacson quando entriamo nei centri abitati.

Sono otto ore di viaggio e almeno cinque passi ben oltre i 4000 metri quando entriamo nella città di Yushu, Qinghai, a un centinaio di chilometri dal Tibet. Come pattuito consegno 200 yuan all'autista, chiedendogli a gesti dove si trova il centro cittadino. Il cammino imperfetto continua.
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venerdì 4 ottobre 2019

Ganzi


domenica 22 settembre 2019

Hot Pot 100% from Sichuan

"Ma, alla fine, come per molte cose, la passione la vince e quindi il novizio riuscì a terminare con successo il grosso frutto che porta il nome di Durian. L'amore era scoppiato."
Bandung, 2009 

Come per il frutto più straordinario ed impossibile mai mangiato, mi viene voglia di raccontare, una decina di anni dopo, un'altra significativa iniziazione alla quale il corpo e lo stomaco sono stati sottomessi: l'Hot Pot a Chengdu.
Succede più o meno così.

Antecedente: ieri pomeriggio vagando per strade rigurgitanti di sensazioni, umanità e rumori, in quella che è una città che apprezzo sempre di più, mi trovo davanti ad un ristorante del centro. Mentre penso che la vita abbia un senso in una giornata appena calda dove la limpidità del cielo tracima dai manufatti di cemento e vetro e dagli alberi di Gingko, mi fermo incuriosito davanti a questo posto di ristoro.
Dopo aver tentato inutilmente di chiedere informazioni alla receptionist, una ragazza seduta ad un tavolo viene in mio aiuto. Le spiego che nei prossimi giorni vorrei provare l'hot pot in un ristorante tipico. Lei mi dice che Chengdu è la mecca di questo piatto e in città ce ne sono centinaia che fanno ottimi hot pot. Questo è uno di quelli.

Oggi, il Giorno: cammino fino al fiume Jinjiang e poi mi dirigo alla contigua stazione dei bus di Xinnanmen per acquistare il biglietto per Kangding nelle Tibetan Autonomous Prefecture (TAP). Fiero del successo, decido che l'hot pot mi sta aspettando. Ripasso il ponte sul fiume Jinjiang dove tra il verde gruppi di uomini e donne praticano ginnastica e si muovono a suon di musica, percorro la Hongxing con le moto elettriche che dominano su auto e bus per velocità e scatto. Bici free floating ovunque.

La Shangdong o Xiadong road la raggiungo da dietro percorrendo tranquille vie residenziali gremite di negozi di quartiere, quasi perdendomi nella sinuosità infinita della metropoli (infinita). All'incrocio con la Daye sono arrivato al ristorante.
Il locale è pieno per metà. La mia presenza attrae l'attenzione discreta di buona parte dei commensali. Scelgo un tavolo e mi siedo. Le cameriere già sorridono con un misto tra imbarazzo e divertimento.
Mi portano il menù ed una penna con la quale devo eleggere le pietanze da immergere nel hot pot. L'unica cosa che capisco è il prezzo base del piatto. Non è come andare in un ristorante economico dove scelgo a caso un prodotto completo in base al costo o alle foto e lo mangio senza reclamare...
Quando tutte le speranze di gustare la prelibatezza del Sichuan stanno svanendo, un ragazzo distinto, un cliente, si alza e mi viene in aiuto, disvelandomi come preparare le salse e gli intingoli e traducendo quali alimenti scegliere. Decido di mangiare agnello, tofu e, su consiglio del mio iniziatore, radici di loto, che si riveleranno molto interessanti.

Presto una timida cameriera mi porta l'hot pot, un recipiente circolare diviso in due dove in una abbondante metà (la piccante) galleggiano miriade di peperoncini rossi e altre spezie. Amo il fulmicotone. Da sotto il tavolo l'inserviente accende il gas per portare ad ebollizione il contenitore. Subito arrivano piccoli vassoi con gli alimenti da me ordinati. Tutto estrememente curato. Il giovane si alza ancora dal suo tavolo per guidare la mia inettitudine.
Immergo le fette di agnello ed il tofu nel comparto piccante per qualche minuto e poi lentamente estraggo gli alimenti. La carne cuocendo nella zuppa del hot pot ha assunto il meglio delle spezie diventando gustosa. Utilizzo gli intingoli fatti di olii ed erbe aromatiche. Nella scodella scivola qualche peperoncino e qualche bacca speziata aliena in più del necessario. Non importa, mangio tutto. Lo stomaco ed il palato assorbono con diligenza e passione le pietanze cotte dal bollente hot pot di Chengdu, fino a quando termino con successo il pranzo. Sono battezzato.


domenica 8 settembre 2019

Chengdu Giant Panda Research Center

Idea geniale: anticipiamo la visita al Centro dei panda il venerdì perché il fine settimana sarà una bolgia.
Attraverso Tianfu square con i suoi grattacieli che riflettono il mondo che gira rapidamente, i palazzi, il museo e il monumento di Mao sorvegliato continuamente da diverse brigate di fiori. Una piazza a questa ora giovane della mattina formicolante di studenti e lavoratori. Anche se camminerò un poco fino alla fermata della metro di Chunxi road il tempo è dalla mia parte. Attraverso una Daye road infestata da migliaia di moto elettriche, bici free floating, taxi e mezzi a motore di ogni tipo per prendere la Dongda. Da questa via alberata da centinaia di piante di Ginkgo mi immetto nella principale arteria pedonale dello shopping della città: Chunxi road. I negozi e i centri commerciali sono ancora chiusi, quindi riesco a muovermi veloce. Chiedo ad un presidio della polizia dove si trova la fermata della metro e un agente mi indica con il braccio la direzione.

Sotto, nella metro 3 di Chunxi, tutto è più facile grazie al bilinguismo: biglietto, passo i controlli a raggi X della sicurezza ed in poche fermate sono in Panda avenue. Dalla folla rumorosa che scende dal convoglio e da quello che vedrò poi mi rendo conto che l'idea geniale non è molto geniale. Non esiste un giorno ideale per evitare il turismo di massa cinese durante le vacanze.

Il Centro di ricerca e allevamento dei panda è una struttura molto conosciuta situata appena fuori la città in una grande area verde completamente organizzata. Diversi sono i percorsi  per raggiungere i vari siti dove vivono gli orsi. Prendo l'itinerario meno battuto, tanto è inutile. Cammino. Bambini mi salutano timidamente, adulti sorridono.

I primi panda giganti riesco a scorgerli all'interno di spaziosi recinti alberati. Gli animali sono al riparo dal sole e si muovono poco causa il caldo. Scatto qualche foto.

Uno dei posti più visitato del Centro è una struttura dove all'interno ci sono innumerevoli vetrate dalle quali possiamo ammirare dei giovani panda che si arrampicano boriosamente su tavole di legno e giocano tra loro.

Il luogo che gradisco maggiormente è un bosco vigilato dove vivono alcuni esemplari di panda rosso: in alto tra i rami, all'ombra, riesco a individuare uno di questi bellissimi animali. Riposa abbandonato tra un incrocio di rami esili come un trapezista esperto, con il muso bianco, nero attorno gli occhi e color marrone sul capo, le zampe e la coda penzolante foderate di pelo fitto. Lame di luce che filtra tra le foglie illuminano il dorso rosso. L'animaletto sognerà ancora di planare tra colline e le montagne dell'Himalaya?


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lunedì 12 agosto 2019

L'arrivo a Chengdu

Il volo da KL giunge quando ormai il sole ha abbandonato queste terre. L'aereo pieno di turisti e commercianti rumorosi ha affrontato le propaggini di un monsone attivo che si spinge verso nord. Sul velivolo ho visto solo una occidentale.
Sono avvolto da uno spaesamento controllato. Troppo movimento veloce, troppo transito, troppi cambi in poche decine di ore.
Giunti all'immigrazione i chiassosi cinesi diventano improvvisamente quieti. Il funzionario esamina il mio passaporto, il visto, mi guarda, scatta una fotografia e poi mi riconsegna il documento. Sono in Cina continentale per la prima volta.

La mattina successiva esco dalla struttura dopo aver passato la notte in aeroporto. Gli occhi stanchi ancora conservano le immagini delle folle oceaniche che si prestavano a prendere un volo, telecamere ovunque e la difficoltà di farmi capire. Tranquillo, è solo un piccolo assaggio di quello che ti aspetterà, don Esteban.
Infatti. Infatti per chiedere quando arriva il bus numero 2 diretto a Tianfu square devo per forza usare il traduttore del telefono. 

Col viaggiare l'autobus lentamente si popola di gente silenziosa ed educata. Fuori scorrono catene e catene di scialbi palazzi residenziali, capannoni, insegne dal significato sconosciuto, strade e superstrade, svincoli imponenti ed il rumore dei clacson onnipresente.

Capisco che ci avviciniamo al centro di Chengdu quando imbocchiamo la Renmin south: grattacieli dalle forme sempre più ricercate, hotel immensi, alberi, pulizia e decoro urbano, gente a piedi diretta al lavoro, traffico e negozi indicanti prestigiose firme internazionali. Moto elettriche e bici pubbliche lasciate ovunque.
Non so se sono mai stato in una città che supera i 14 milioni di abitanti, ma già questa metropoli mi piace; l'autista mi avvisa che tra poco sarò nel suo cuore, Tianfu square.

Scendo, mi oriento un poco con la mappa mentre gente ben vestita passa velocemente davanti a me ed al mio zaino che ha visto e ancora tanto dovrà vedere. La Dongchenggen è ad un isolato e mezzo da qui. Passo davanti al monumento di Mao contornato de migliaia di fiori estremamente curati, infine termino l'attraversamento della piazza, la più grande del sudovest della Cina.
Mentre l'aria fresca della mattina all'apparenza non troppo inquinata scivola nei polmoni mi avvio alla ricerca dell'alloggio. Vorrei riposare un poco.



giovedì 11 luglio 2019

Chengdu


 
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