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mercoledì 9 novembre 2022

Il cammino che conduce a Balos, Creta

 

Momento importante quello che riserva il giorno che inizia: raggiungere con le proprie forze la penisola dove si trova Balos, una delle primarie attrazioni di Creta. Quando esco dall’alloggio di Kissamos, nel sangue vagabondo circolano tonnellate di adrenalina.

L’adrenalina continua ad assuefarmi dopo aver passato il porto ormai deserto della città e inoltrarmi nell’ultimo peduncolo della baia di Kissamos. Sono passati quaranta minuti nei quali le gambe hanno liquidato la parte meno interessante del percorso. Ora il profilo apparentemente infinito della penisola di Gramvousa e della lunga fascia di strada marrone tendente al porpora che la attraversa risulta più limpido, nonostante l’opacità portata dai ricurvi raggi solari di novembre. È il momento di estrarre dallo zaino i bastoncini da trekking.

Alle 10:35 sono sulla strada di terra che porta alla laguna di Balos. Vento di nord est asciuga parzialmente il sudore. La baia di Gramvousa (o di Kissamos) è stata agevolmente oltrepassata in trenta minuti, senza incontrare alcun essere umano.

Passo dopo passo la consapevolezza delle cose, di quello che sto compiendo, di quello che fa parte di me e che mi circonda si espande nella sua pienezza. Finalmente a contatto con la natura semidesertica marina dai colori rigorosi, quasi che si confonde con il suolo, dalle forme globose e basse per proteggersi da un mondo difficile. Con immenso piacere riconosco piante di altre isole lontane perdute nell’oceano: l’Aulaga, la Tabaiba, l’Espino del mar. Attorno all’incedere fluiscono essenze sconosciute e altre con le quali da poco ho fatto conoscenza come il Lentisco e la Carruba. Queste ultime riescono a svilupparsi nelle zone meno esposte.

Il tempo passa, e la strada mi conduce, al culmine di una salita a 200 metri sopra il livello del mare, all’entrata della riserva. Una quindicina di auto finora mi hanno passato lentamente. Adesso mi attende una moderata discesa senza alcuna vista della costa ovest, dove risiede la meta. Non è finita.

È da poco passato mezzogiorno quando mi appresto, volando di giubilo, a scendere verso Balos. Sul sentiero incrocio una giovane famiglia con bambini biondi di sole e di aria; il ragazzo comincia a sorridermi da lontano, di seguito anche la compagna. Mi avevano visto quando erano in auto, all’inizio della strada.

“Sei arrivato, grande!”, si complimentano.

“Tre ore, da Kissamos”, rispondo con gratitudine.

“Da Kissamos!”.

“Sì”.

La laguna di Balos esprime il suo splendore questo limpido giorno di novembre, con la brezza che allontana la foschia e la quasi assenza di visitatori. Una sottile striscia di roccia scura che collega l’isoletta di fronte, proteggendo dal moto ondoso diretto, permette che dal versante meno esposto del bacino si depositi sabbia e che si riesca a cristallizzare una laguna con diverse tonalità di chiaro che si mescola con l’azzurro del mare, a seconda della profondità.

Dopo più di tre ore posso toccare il mare e la sabbia bianca di Balos, nel cuore del Mediterraneo.

 

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