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venerdì 12 settembre 2008

In avvicinamento a Kathmandu

Dopo aver vagato per diversi giorni tra giungle, montagne e gente cordiale affatto impicciona, sono sceso a sud, lasciando cosi' il Sikkim e le sue poco turistiche lande.
Purtroppo la pioggia persistente non mi ha concesso molto, così l'altro giorno ho preso una jeep collettiva che mi ha portato ancora una volta nel caos "dell'India verace" di Siliguri.

La mattina dopo mi sono svegliato presto e ho fermato un minibus che, a detta del bigliettaio, era un non-stop diretto alla contigua frontiera nepalese. La storia si ripete: si trattava di un bus locale che si fermava ad ogni istante per avere piu' passeggeri possibile. Per rendere ancora piu' piacevole il viaggio, ci si è messo anche il bigliettaio che, pensando non conoscessi il prezzo del biglietto, non voleva darmi il resto. Un po' arrabbiato sono giunto alla frontiera nepalese, ma ormai il nuovo passaggio verso le terre alte mi attendeva.

La prima citta' nepalese nel confine autorizzato agli stranieri e' Kakabhitta, nella zona sud-est e tropicale del Nepal. A questo punto ero informato che le cose non erano cosi' facili per raggiungere la capitale; le inondazioni causate dalle forti piogge monsoniche che nello stato indiano del Bihar hanno provocato molte vittime, anche in Nepal avevano fatto disastri, distruggendo il ponte sul fiume Koshi e quindi bloccando la mobilita' in mezzo Paese.
In poco tempo sono stato costretto a cercare un volo diretto per Kathmandu.

L'aeroporto di Kakabhitta è qualcosa di speciale con i controlli e le modalita' d'imbarco realizzati manualmente. Qui ho conosciuto Anitha, una ragazza nepalese che mi ha aiutato per le traduzioni. Prima di imbarcarci mi raccontava che due mesi prima il volo per Kathmandu era stato cancellato causa maltempo.
L'aereo a elica della Yeti air ci ha accompagnato a destinazione senza problemi. Per limitare il rumore interno all'aereo le hostess offrivano cotone idrofilo per le orecchie.
Alle due del pomeriggio ero nella capitale.

lunedì 1 settembre 2008

Dal Bangladesh al Sikkim

Quando è stato il primo viaggio, l'iniziazione verso ciò che libera? Credo a 18 anni in un autostop solitario, dormendo in case raminghe, oppure ai bordi della strada sotto il cielo del mondo.

Questa volta, il passaggio repentino dalla Lombardia a Dhaka e' stata una nuova, eccitante sfida. Non la piu' difficile (l'America Latina ed io -ventitreenne- in solitaria) ma sicuramente un'esperienza ricca.
In Bangladesh ho avuto la fortuna di conoscere in prima persona esperienze innovative e realta' diverse, osservando i mondi che ci attorniano e venendo a contatto diretto con molte persone; in modo consapevole ho cercato di assorbire qualcosa di utile anche per il mio lavoro di formatore.

In questo ristorante di Ravangla, nel Sikkim occidentale, ora non sento piu' il caldo incredibile della pianura e di Dhaka, in cambio ricordo vivamente il quartiere e la casa di bambu' di Lucio, i volti, l'accoglienza e la gentilezza estrema dei bengalesi.
La porta di questo locale a Ravangla e' aperta e vedo entrarvi la nebbia del monsone; duemila metri piu' sotto e tante centinaia di chilometri verso sud, i bambini di strada di Dhaka li percepisco lontani, ma non sono affatto scomparsi e le loro tortuose vite continuano. In questo mondo dove sono decine di milioni i bambini lavoratori, la tristezza che ne deriva e' infinita, per fortuna che ci sono tanti Jackline, Lota, Lucio, Coco...
Accanto a me un gruppo di uomini beve rum made in Sikkim allungato con acqua.

Questa mattina ho fatto un'ottantina di chilometri nel cuore del Sikkim (SK), da Gangtok a Ravangla. Per entrare nella regione bisogna ottenere un permesso speciale dal governo indiano, causa la sensibililita' con il confine tibetano. Molte zone del nord SK sono off limits per gli stranieri. In Sikkim la popolazione e' fortemente influenzata dalla cultura nepalese-tibetana, sembra non trovarsi in India. Per spostarsi tra le verdissime montagne si utilizzano jeep collettive Tata. In questa stagione dove il monsone sta per declinare, le strade sono ancora dissestate per le piogge e le numerose frane che spesso bloccano la mobilita' a motore. In due ore siamo scesi a 350 metri, per poi risalirne altri 2000 guadando torrenti e schivando massi franati da poco. Dal finestrino vedevo palme, scimmie, bambu', fiori sgargianti e poi piantagioni di the, riso e piccoli frutteti. Sulla strada c'erano uomini e donne che tagliavano l'erba e bambini che andavano a scuola con le loro divise scolastiche. Anche se non sono appassionato di auto e ferraglie motorizzate varie, e' davvero eccitante andare in jeep su questo territorio immerso nella giungla e poi dalla vegetazione di alta montagna; sembra un rally tra i monti e il terreno accidentato. Ma forse lo e' veramente, solo che la gente usa queste solide jeep per spostarsi e non per giocare a chi guida meglio.

Ad una cinquantina di chilometri da qua, al confine col Nepal, c'e' la terza montagna del mondo, il Kangchenjunga. Purtroppo non riesco a vederla perche' il monsone la copre con insistenza. Chissa' se il dio delle nuvole mi offrira' la visione dell'Himalaya?
Prossima tappa Pelling, Sikkim, e poi verso il Nepal.
 
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