lunedì 21 dicembre 2009

Music Playlist 2009

00_Turning_down_water_for_air
- James Yuill (UK) disco uscito fine 2008 - migliore lavoro - http://www.myspace.com/jamesyuill
- Jazzanova (D) http://www.myspace.com/jazzanovask
- St. Vincent (US-NY) http://www.myspace.com/stvincent
- Dirty Projectors (US-NY) http://www.myspace.com/dirtyprojectors
- Adam Payne (US-Boston) http://www.myspace.com/ampayne

Menzione per Ida Maria (N), Giorgio Canali e Rossofuoco (I) e Diamond Watch Wrist (US-NY). Delusione invece dai dischi 2009 dei favoriti Royksopp (S) ed, in parte, per Junior Boys (CDN).

sabato 26 settembre 2009

Rientro

Mi rivedo con i vissuti vestiti da lavoro
le scarpe da tennis
sudato e stanco.
Nulla cambia, tutto è differente
familiare e diverso.
Dopo anni sono tornato
questa è casa mia?
San Carlos, B., agosto 2007

Sono tornato. La prima notte qui, nel Nord, l'ho passata attraversando visioni composite. In un'ora non ben precisata mi sono alzato nel buio ed ho vagato lentamente per un tempo indefinito. Probabilmente comprendevo dov'ero ma non lo realizzavo totalmente, inoltre mi circolava nella testa una musica di M. Herbert, One life. Il sistema cognitivo era piatto e non sapevo assolutamente cosa volevo fare. Nel contempo la mente lavorava in modo autonomo: "Che fresco, che aria secca, ma che silenzio, dov'è il suono del ventilatore?" (...)

Spaesamento. Sono qui ma sono la'. Sono la'. Forse no. Questa antinomia mi persegue da giorni. Penso in diverse lingue, i ricordi sono così forti e palpabili che non capisco. Entro ed esco in panorami straordinari, in stanze soffocanti e squallide, volo nel liquido che mi ammalia, ingurgito la strada in movimento, incontro persone incredibili, mangio nei warung-warong-food court-indian restaurant e me ne sbatto dell'igiene. Da quando mi sono innamorato, il sottile budget giornaliero è vincolato all'acquisto del Durian, il frutto che gli occidentali apprezzano molto poco. Asini.
Sono dimagrito parecchio, ma che voglia di dolci... di solito li guardo con distacco, invece ho sognato una torta con la panna. Il viaggio modifica le abitudini, le assoggetta ai mondi che si percorrono, sedimenta la personalità scavandoci attorno solchi pieni di significato. Il movimento porta il viaggiatore all'essenzialità.
Mentre osservo le foto mi chiedo: "Sono io che ho percorso tutti questi sentieri variopinti?", ogni momento che passa sento più estranee queste immagini.
I giorni scorrono e il viaggio si appanna; esso viene rimosso con una tenace delicatezza, sovrapposto dall'inesorabile quotidiano.
La bocca è secca, il mattino ora è meno agrodolce, il mattino porterà poco rinnovamento.

sabato 5 settembre 2009

Frammenti di viaggio 11: Bako, Borneo


Un sedile di dura plastica, un bus giallo che e' fotocopia di quelli scolastici USA anni settanta mi sta conducendo al Bako national park. Aria bollente entra dai finestrini. Otto del mattino e l'afa del Borneo la posso quasi toccare. Il panorama offre fabbriche isolate, case e boschi. Sembra una di quelle mattine d'inverno nella pianura padana: sole appannato, zero vento, nebbiolina leggera e caustica. Ingurgito una caramella ricca di caffeina ma l'umore e' come l'umidita': flat. Forse influisce anche la scomparsa della tensione positiva del viaggio in quanto molto presto torno a 'casa'.
Arrivato a Bako trovo altre quattro persone con cui condividere le spese della barca che ci condurra' nell'omonimo parco. La penisola che lo ospita e' raggiungibile solo via fiume e mare. Nel molo di Bako c'è un cartello che recita: "Attenzione ai coccodrilli".


Dopo una quarantina di minuti sono davanti all'ufficio della Riserva naturale per la registrazione; la signorina mi consegna una mappa spiegandomi le diverse tipologie di sentiero e raccomanda di portare acqua a sufficenza. Opto per il sentiero Lintang, sei chilometri, 200 mt. il dislivello, tre-quattro ore il tempo di percorrenza.
Passo un piccolo molo vuoto, poi costeggio un bosco di mangrovie e comincio a salire. Una brezza leggera viene dal mare. Il sentiero e' curato e dotato di scalini quando la pendenza e' troppo elevata. Dentro il bosco vengo subito assorbito dal suo pulsare; incredibile la possenza discreta della Natura nella sua massima declinazione. All'apparenza nulla di trascendentale: il frinire costante e il volare di insetti, fruscii, qualche richiamo di uccelli e poco altro ancora. Nonostante l'umore e il caldo vorace percepisco di far parte di una entità davvero potente nella sua ordinarieta'. Penetro questo sistema con passi lenti e respiro corto, osservando senza pensare, guardando il mondo attorno a me in modo empirico. Il sentiero e' venato da radici che trattengono la fragile arenaria e da un morbido muschio; il bosco e' costituito da vegetazione piuttosto bassa ed è molto fitto. Oltrepasso un paio di signori che osservano un nido di insetti.
Seguendo il cammino, raggiungo un altopiano formato da piante simili a pini e ficus. La chiara arenaria e' solcata da rivoli e pozze in cui scorre acqua giallo scuro, quasi rossa. Guardo il cielo e noto che son comparse delle nuvole. Grazie al vento svaniscolo le zanzare ed i moscerini succhia sangue. L'altopiano e' affascinante con i suoi colori pastello ed i profili contenuti; sono contento di essere qui. Dentro.
Bevo un poco e proseguo, soffermandomi di quanto in quanto; vedo piante di orchidee con fiori minutissimi, alberi strani e qualche raro insetto. Arrivato presso una pozza che l'acqua ha scavato nella roccia la voglia di immergermi e' forte ma il tempo scorre e la strada non e' breve. Nel bosco piu' fitto vengo colpito da due cose: delle felci con foglie enormi e altri vegetali che hanno nella propria estremita' una coppa che si restringe nella parte superiore. Queste ultime sono piante carnivore.
Dopo un'ora di cammino il sentiero declina lentamente verso la costa. Arrivato presso un punto panoramico guardo il mare ed il cielo che quasi si confondono nell'afa disarmante. Solo verso la fine del percorso, a poche centinaia di metri dalla costa, dove il terreno è pianeggiante, incontro grandi alberi; su diversi di essi e' posto un cartello di riconoscimento. Quasi rido alla volta di una pianta maestosa dalle radici che si espandono in larghezza: l'indicazione dice che si tratta nientemeno di... Durian. Solo ieri ho avuto il piacere indescrivibile e deviante di assaporare un suo frutto nel mercato di Kuching.
Ma la vita e' spesso ingiusta: nel Borneo settentrionale sembra che la stagione degli spinosi frutti sia terminata.

lunedì 31 agosto 2009

Frammenti di viaggio 10: TAT


Cambio di programma: sono tornato nella splendida isola malese di Tioman (vedi F. v. 2).
Quando questa mattina mi sveglio, per qualche istante non realizzo in quale dei tanti mondi mi trovo; poi, con felicita', mi son detto: "Sei a Tioman!", facendo cosi' tramontare l'alito oscuro che mi avvolgeva. Aperta la porta del microbungalow vedo che il cielo e' parzialmente nuvoloso, "ok, allora oggi vado al TAT". Colazione, una carezza alla gatta bianca che staziona vicino al mio alloggio e via di gambe.
Dopo una quindicina di minuti di saliscendi, percorrendo la strada che costeggia la riva, passo il resort 'super accessoriato' e poi entro nel bosco. Il percorso diventa sterrato, salendo per poi declinare in una insenatura. Sono solo, o meglio, sono in grande compagnia: la collina sale rapidamente mostrando spaccati di foresta e poi ancora boschi nelle montagne successive. Diverse tonalita' di verde si accumulano negli occhi; da quello intenso della foresta, al verde chiaro delle felci e dei rampicanti. Alberi dal tronco lunghissimo e chiaro che vanno in cielo, alberi a forma d'ombrello come funghi globosi nel Paese incantato, alberi che si abbracciano tra loro. E ancora liane, rampicanti e palme che decorano la vegetazione in un tutto altamente armonico. La luce solare trasversale del mattino, congiuntamente alla brezza proveniente da sud, sembra animare queste porzioni di vita. Una foresta libera dal tocco umano. Libera, punto.
Rimango diversi minuti ad ammirare le montagne di Tioman, poi giro il capo dall'altro lato. Ecco la sabbia, pini e alberi a foglia larga forgianti rami perpendicolari al terreno. C'e' anche una cosa limpidissima e tanto da volare in essa. Ancora pochi passi e oltrepasso un macigno che vede verniciato: "TAT - Turtle sanctuary". Arrivato.
Accanto alla spiaggia, al riparo tra gli alberi, e' posizionato un recinto dove diverse microtartarughe vengono allevate per poi essere liberate. Avvolto in un'amaca verde una persona dorme; per il resto e' tutto deserto. Vicino alla costa si erge una minuscola isola rocciosa ricolma di vegetazione. Proprio tra la costa e questo microatollo si trovano delle barriere corallifere bellissime con mare poco profondo, acqua limpida e assenza di corrente. Mentre ammiro i pesci e praterie di coralli delle più disparate forme, sopraggiunge un temporale; mi avvicino alle rotonde rocce della piccola isoletta e, rimanendo nel liquido, ammiro il cambio climatico. Il cielo si fa scuro con la pioggia che cade forte. Posiziono la maschera a metà del filo dell'acqua e noto chiaramente il mescolarsi dei due fluidi; quello più fresco proveniente dal cielo con la tiepida acqua del mare. Scendo un poco e i rumori dei tuoni e delle gocce scroscianti si ammutolisce. La' sotto i pesci continuano il loro costante e vivido moto. Starei qui per sempre. Il temporale svanisce lentamente e la luce si fa più forte.
Dopo un'ora e mezza di snorkelling noto che la figura 'imbalsamata' nell'amaca verde e' un'uomo, probabilmente il guardiano del TAT.
Lungo la via del ritorno e di sorpresa, vengo salutato da un varano di circa due metri che si allontana goffamente nella sterpaglia.

mercoledì 19 agosto 2009

Frammenti di viaggio 9

Malattia inconfessabile.
Devo dire la verita'. Sono stato infettato da una strana malattia: si chiama Durian ed e' molto difficile da estirpare. L'unica cura e' ingerire dei semi con attorno della polpa bianca burrosa emananti un odore non troppo gradevole ma con un sapore che non scordi piu'.
Il frutto Durian, appunto! http://en.wikipedia.org/wiki/Durian
I cinesi e molti indonesiani vanno matti per questo grosso frutto marrone spinoso non facile al palato e troppo ingiustamente censurato da irrimediabili conservatori. Infatti, anche se viene rifiutato da diversi hotel per il suo aroma che si espande, una volta che vieni contagiato non puoi quasi piu' farne a meno. Il gelato al Durian e' buonissimo, chissa' come sara' con sopra della fresca e dolce panna!
Ho deciso di intraprendere questo grande passo a Bandung, Jawa, presso un negozio che si occupava solo di questo. Dei seri professionisti. Fuori da questo locale/ripostiglio, su un largo marciapiede prossimo ad una strada secondaria di periferia, erano ammucchiati in diverse pile decine di durian e parecchi estimatori attorno a loro. Il mio posto. Quella sera, dopo una salutare e fresca doccia, mi sono approssimato presso questa mecca del gusto ed ho chiesto umilmente di farne parte. Ho preso un basso e sporco sgabellino di legno, mi sono seduto di fronte ad una inquietante montagna marrone di prodotti della terra ed un signore di mezz'eta', con un grosso coltello, ha aperto la coriacea buccia del frutto facendomi assaggiare la polpa. Difficile descrivere il sapore: burro di arachidi, avocado e molto altro ancora, con un retrogusto indubbiamente forte. L'addetto del durian ha assaggiato a sua volta il frutto aperto ed ha annuito. A questo punto ho cominciato lentamente a gustare. Con la mano destra mettevo in bocca un grosso seme e succhiavo la polpa posta al suo esterno. Da neofita non gustavo a lungo ogni singolo seme, mentre la coppia di indonesiani vicino a me ci sapeva fare. Ci vuole tempo per tutto. Dopo i primi 5-6 semi la pancia del postulante Stefano era colma, la sua sciocca mente si chiedeva quali effetti poteva avere questo frutto sull'apparato digerente e cose di questo tipo. Ma, alla fine, come per molte cose, la passione la vince e quindi il novizio riusci' a terminare con successo il grosso frutto che porta il nome di Durian. L'amore era scoppiato.

Volti di viaggiatori.
Robert. Trent'anni circa, biondo, indossa camicia polo chiara, pantaloni corti, cappellino con visiera, occhiali da sole. Viene da Hannover e lavora nel campo della contabilita'.
Robert l'ho conosciuto ieri, di ritorno dalle isole malesi Perhentian. Delle diverse barche provenienti dai due atolli colme di turisti, siamo solo in due che aspettiamo il bus locale per Kuala Terengganu. Quasi subito concordiamo sull'isola appena visitata: troppi stranieri, nessun malese tranne quelli che lavorano nel turismo, prezzi alti, posti carini, ecc... Robert ha venti giorni di ferie e sta' visitando l'Asia per la prima volta. "Un mondo tutto differente", esclama quasi subito. Aspettando il bus delle 10 piano piano esponiamo a vicenda le proprie considerazioni sui posti visitati e sul viaggiare.
Robert e' un tipo di poche parole ma molto ben assestate. Si pone tante domande su quello che lo circonda per tentare di capire. Descrive cosi' Kuala Lumpur: "Una citta' dove il postmoderno si mescola con pezzi di terzo mondo".
Durante il viaggio verso Kuala Terengganu a tratti il nostro scambio continua. Arrivati a destinazione ci salutiamo stringendoci forte ed a lungo la mano. Lui rimane in citta', io cerco un bus notturno per il meridione.

Katerine. Ha preso il bus per Bandung all'ultimo momento. Io ero seduto nei sedili anteriori, lei e' salita dietro. Quasi subito un gruppo di ragazzi indonesiani ha prodotto delle considerazioni sulla ragazza; Katerine si e' messa a ridere ed e' stata al gioco.
Studentessa olandese, capelli color paglia scuro raccolti in cima alla testa, calzoni lunghi leggeri, maglietta e scarpe da ginnastica. "Porto i pantaloni lunghi per rispetto del Paese in cui mi trovo".
I giovani indonesiani tentano l'approccio plateale con l'attraente Katerine.
Arrivati a Bandung la ragazza mi si avvicina e chiede se sto andando a cercare un alloggio. Ci conosciamo cosi'.
Sul bus cittadino scherziamo bonariamente riguardo i diversi prodotti che gli ambulanti ci propinano a bordo: rivista di cucina introdotta da una spiegazione vocale, giornali, caramelle balsamiche e altro ancora in 20 minuti nel traffico cittadino.
Una volta scesi dal bus che si ferma di fianco ad una grossa moschea, ci incamminiamo alla ricerca di un alloggio economico. Uomini si voltano al passaggio dell'olandese.
Mi racconta che ha visitato Bali e ora Jawa insieme ad un'amica; ora si e' staccata temporaneamente dalla compagna per procedere in solitaria. "Mangiamo quasi sempre nei warung, le bancarelle gastronomiche". Poi: "Siamo scappate da Kuta, Bali, non la sopportavo", "Gli indonesiani sono estremamente simpatici, sei d'accordo anche tu?".
Katerine sorride sempre.

venerdì 14 agosto 2009

Frammenti di viaggio 8

Da Pangandaran a Bandung.
Ancora nel bus. Sei ore e sono a Bandung, sulla via che porta a Jakarta. Il veicolo e' pieno di viaggiatori locali che tornano dal mare, dal luogo turistico di Pangadaran. Accanto a me un signore anziano. Dall'altro lato scorre Jawa con le sue risaie, case basse, piante meravigliose, pubblicita' di sigarette e gente ovunque, soprattutto uomini.
Mi pare di assaporare, incorporare la terra, l'asfalto, questa strada veloce, come se fosse una inevitabilita' piacevole e dovuta, faticosa e forse necessaria. Ogni volta che parto per una nuova destinazione sembra di cominciare da capo, una nuova energia rinasce, nonostante i chilometri che porto addosso.
Il movimento e' un elemento essenziale del viaggio: piedi, barca, bici, bus; attraverso mare, sentiero, cielo, asfalto. Ho come l'impressione che il signore qui a fianco, il ragazzo che ascolta la musica dal cellulare e sbircia i miei vestiti, la donna col velo bianco in prima fila che chiacchera senza sosta, gli scassati bus 'ekonomi' indonesiani, le visioni fugaci sul mondo e molto altro passino: rimani tu, la tua storia e la strada in movimento.
Intanto il signore anziano accanto a me ha aperto un libretto e legge le sue preghiere quotidiane.

Collisioni curiose in Indonesia
1. Come ogni giorno mi reco a fare snorkelling nella zona corallifera della spiaggia di Lovina; nel mio sacchetto di plastica ho maschera e boccaglio, acqua e un giornale. Sto percorrendo il tratto di strada asfaltata che costeggia il mare quando si ferma un uomo in moto (non e' il primo della mattinata) e mi chiede se devo andare all'ufficio postale (1. ha visto che nel mio sacchetto ho della carta, 2. pensa che non conosca la zona. La posta e' a 200 mt. di distanza da dove mi trovo, 3. vuole guadagnare facile con uno straniero). All'inizio voglio liquidarlo subito con un apatico e deciso no, poi ci ripenso. Vediamo fino a dove arriva il tipo. Ho ben presente che giorno della settimana e' oggi.
- Si', magari... quanto costa il passaggio?
- 50.000 rupie (il costo di un viaggio di 4-5 ore in bus express con aria condizionata)
- Ah, solo andata?
- No, anche ritorno (sorride generosamente ed umilmente, ma gli occhi tradiscono una certa insicurezza: non e' un vero professionista)
- Non so'. Scusa ma oggi... non e' domenica?
- Si', ma... possiamo andare a vedere lo stesso (tanto paga Stefano)
- (Mi stufo) Ok, adesso pero' vado a fare snorkelling, per l'ufficio postale facciamo un altra volta.
- Sei hai bisogno di trasporto fammi sapere, va bene mister?
- Si', ciao.
2. Sono nel mercato ortofrutticolo a Sanur, Bali, per acquistare un'ananas. Chiedo il prezzo presso una bancarella, poi ad un altra. A questo punto interviene una signora che conosce l'inglese e mi vuole aiutare. La donna mi accompagna in una bancarella vicina spiegandomi che gli ananas che mi sta' mostrando provengono da Jawa e quindi sono migliori degli omonimi balinesi.
- Qual'e' la differenza, dato che sembrano uguali?
- La differenza sta nel sapore che e' piu' dolce e raffinato
- Ok, ma come si riesce a distinguerli?
- E' il sapore piu' dolce degli ananas di Jawa
- (Qua comincio a dubitare sulla serieta' della signora, ma ecco, vediamo con la domanda chiave...) Quanto costa questo di 'Jawa'?
- Vengono 7.000 rupie l'uno (il costo dell'ananas e' 3.000 r.)
- Capito, e' caro quello di 'Jawa'. Grazie per l'aiuto ma la frutta l'acquisto nella bancarella vicina...
A questo punto la signora -che ci sa fare bene e non vuole demordere- mi propone di acquistare gli ananas a prezzi ottimi nel suo negozio nel centro di Sanur e che ha bisogno di soldi per i figli, ecc... Sono gia' lontano.

lunedì 10 agosto 2009

Frammenti di viaggio 7: Vulcani a Jawa


Il bus proveniente da Bali corre veloce nella notte. Grazie alla luna, dal finestrino intravedo case di cemento ad un piano, campi di mais e canna da zucchero, palme. Dormo a tratti. Verso le 2:30 mi sveglia l'addetto del bus per avvisarmi che siamo a Probolinggo, Jawa est. Scendo e mi accorgo di non essere nella stazione degli autobus della citta' ma su una strada principale. Un ufficio turistico apre appositamente per me e, guarda caso, stanno per partire per il vicino vulcano Bromo, la mia destinazione. All'inizio mi arrabbio con i conducenti del bus, poi capisco che e' uno sporco accordo realizzato tra i loro padroni. Li abbandono tutti e prendo la strada del bus terminal.
Una aria secca e fresca mi avvolge a Cemoro Lawang, 2200 metri, sulle pendici esterne dell'enorme cratere che ora accoglie diversi vulcani, tra cui il famoso Bromo. Sono le 6 passate di questo lungo e aspro giorno. Giro rapido due homestay economiche, piazzandomi nella seconda (un frammento -prima o poi- lo dedichero' alle stanze del viaggio). Mi sento stanco, l'alba e' ormai sfiorita da un pezzo, ma l'eccitazione la vince. In qualche minuto raggiungo il crinale che declina nell'antico cratere: e' semplicemente immenso, con un diametro di circa cinque chilometri. In mezzo svettano diversi vulcani, tra cui il Bromo.

Quest'ultimo e' quello piu' attivo; la sua roccia ha un colore grigio chiaro ed e' dotato di un amplio cratere da cui esce del fumo immacolato. La montagna e' bassa e piatta, consumata dalle passate eruzioni. In semicerchio rispetto al Bromo -e tutte all'interno dell'antichissimo cratere- spuntano cime di vulcani che partono da 2400 mt. fino ai 3600. Sotto di loro un oceano piatto di sabbia grigio scura ed erba giallastra.
Impiego trenta minuti per attraversare questo deserto uniforme, ma poi sono sotto il vulcano Bromo. Jeep e cavalli per turisti sollevano polvere ovunque. Per fortuna arrivo sul costone del cratere quando ormai la massa dei visitatori e' tornata nei rispettivi hotel, quindi posso godere tranquillamente dell'incredibile panorama che sta sotto i miei piedi: all'interno del piatto e vasto cratere vedo una cavita' da cui escono morbide nuvole. I sedimenti del vulcano sono cosi' chiari che sembra roccia dolomitica. Osservo la montagna ed il panorama che mi offre per piu' di trenta minuti, poi torno a Cemoro Lawang a riposare un poco.

Martedi' 11 agosto
Ieri sera sono andato a dormire alle 20. Ora e' buio e le jeep ruggiscono lungo le stradine di Cemoro per far ammirare ai turisti l'alba sul Bromo. 3:23. Esco infreddolito sul balcone dell'alberghetto e vedo che c'e' ancora la luna. Non ho la torcia. Bene, si va. Alle 3:45 esco, eccitato, dribblando uno degli assilanti guidatori di jeep. Il sentiero che scende rapido nel cratere e' deserto.
Alle 4:20 circa sono sotto le pendici del vulcano Batok, attualmente inattivo. Nella prateria dentro l'antico cratere rimbombano i rumori delle jeep e di qualche solitaria moto. Voci di indonesiani a piedi dietro di me giungono all'udito. L'ascesa non e' facile causa la pendenza e la sabbia vulcanica. Alle 5:10 mi rendo conto di non riuscire a raggiungere la cima del Batok. Trovo un posto strategico dove la pendenza non e' esagerata e mi siedo.

Davanti a me il rossore vergine dell'alba; leggermente piu' a destra e in basso il lunare Bromo si sta accendendo. Tutt'intorno montagne e una nebbia velata sottostante. All'inizio la luce dell'alba e quella della luna si equivalgono, poi il mattino si fa piu' lattiginoso e i vapori del Bromo si colorano di un giallo pastello. Ad un tratto, rapidamente, il tanto corteggiato sole fuoriesce all'orizzonte, lambendo le pareti del vulcano Bromo. I brividi di freddo tra breve spariranno.
Alle 6:50 scendo; sotto di me decine e decine di turisti spuntati dalle jeep si affannano per raggiungere il Bromo. Torno a piedi quasi in solitaria.
Una intraducibile spavalderia mi circonda.

giovedì 30 luglio 2009

Frammenti di viaggio 6: il volo


Un breve slancio e sono dentro, immerso in una sostanza che fatica ad appartenermi ma che al contempo attira. I suoni si attutiscono, i movimenti cambiano, una sensazione di distacco ti avvolge, il corpo cerca di adattarsi a questa diversita' di status.
Volo, so' volare.
Sotto di me si dispiega un turbinio cromatico variegato e multiforme. Raggi di sole penetrano come spade dall'alto, mescolandosi al liquido limpido. Quasi mi specchio sul suo filo. All'inizio il volo e' un po' turbolento causa il moto ondoso, poi, allontanandosi dalla riva, tutto diviene maggiormente regolare. Il respiro torna uniforme, i movimenti fluidi ed ordinati. Porzioni di vita passano sotto e accanto a me, una varieta' di paesaggi si fissa negli occhi: rimarrei qua per sempre, o forse no.
Questa mattina ho proprio voglia di muovermi. Colazione leggera, poi occhiali da sole, ciabatte e sacchetto con maschera e boccaglio. Nulla di piu'. Mi incammino per la sterrata stradina di Gili Trawangan (isola di Lombok) che costeggia il mare, la percorro per quindici deliziosi minuti e arrivo di fronte al faro. Quasi nessuno in giro, tranne qualche barca con i bilanceri.
Eccomi dentro. All'inizio e' tutto caotico con sabbia, bollicine e suoni che si intrecciano tra loro.
Poi si vola. Rocce piatte, i primi coralli, i primi splendidi pesci. " Ehi, ciao, io ti conosco!", saluto cosi' il primo pesce che incontro. Ma subito vengo distratto da altri. Quasi sempre trovo quelli con la pinna ad 'U' colorati come l'arcobaleno; i miei preferiti. Scivolo accanto a loro come un ospite inatteso ed estraneo, ma pur sempre rispettoso. I pesci 'arcobaleno', quelli ad ago, leone, farfalla, pappagallo, clown, palla e tutti i mille e mille altri continuano la loro vita in costante mobilita', nonostante me.
Sorvolo praterie di formazioni coralline delle piu' disparate: a forma di cespuglio, fiore, fungo, globo, astronave, cilindro... Montagne-colline-altopiani-pianure entrano in me. Muovo gli arti visitando questo mondo poco conosciuto, da esplorare lentamente ed in liberta'. Rimango fermo ed ondeggio, trasportato dalla corrente. Mi spingo piu' al largo del solito, dove si fermano le barche dei sommozzatori. La visibilita' migliora ma tutto si fa piu' lontano. "Evviva", dico a me stesso quando vedo la prima tartaruga quasi ancorata al fondale. Attorno a lei dei pesci farfalla col profilo sottile e coloratissimi contrastano la quasi assenza di cromaticita' dell'animale: sgargianti giullari attorno all'opulenta regina. L'osservo per diversi minuti, fermo, contrastando la corrente, nonostante i primi brividi causati dal fresco.
Giro ancora attorno a torri di coralli di tutti i tipi, sorvolando da vicino il loro culmine trabordante di vita. Oggi e' una giornata perfetta: scarsa corrente, sole che illumina perpendicolarmente il mondo, qua dentro. L'ora e' volata, i polpastrelli delle mani sono ben raggrinziti, un freddo leggero penetra lentamente nel corpo, ma c'e' ancora tanto da vedere. Mi spingo leggermente ancora al largo e scorgo dei pesci grandi con una vistosa protuberanza lanceolata tra gli occhi; non riesco a raggiungere gli unicorni perche' si allontanano verso i pascoli piu' oscuri.
E' ora di tornare, oggi pomeriggio visitero' la costa di Gili Trawangan piu' ad est. Mi allungo verso la riva ma ecco, sotto di me si libra quello che ho sempre desiderato di (ri)vedere. L'innominabile, proprio lui. Non e' troppo grande. Costeggia il fondo in solitaria esplorazione lo squalo che sta sotto di me. Una volta che e' passato, cerco inutilmente di stargli dietro, ma non serve, la foschia lo assorbe piano piano. Vola meglio di me. Un giorno volero' anch'io cosi'?

martedì 28 luglio 2009

Frammenti di viaggio 5: Sengiggi


Ora sono a Sengiggi, nell'isola di Lombok. Nuoto moltissimo e faccio snorkelling. Il mio viaggio oltre ad essere un'esperienza interiore e nell'aria, e' anche uno scivolio appassionato nell'elemento acqua (su questo incontro scrivero' un paragrafo).
Oggi voglio descrivere uno dei tanti luoghi dove usualmente mangio. Il locale e' piuttosto piccolo con pareti di mattoni e cemento un po' scrostato. Il tetto di lamiera e' foderato da un sottotetto di fibra di rattan intrecciato. Nella zona dei fornelli il muro ed il sottotetto sono anneriti. Questo posto periferico di Sengiggi, lontano anni luce dai locali per turisti, e' gestito da due signore che indossano maglietta e sarong allacciato ben in alto. La ragazza che mi ha mediato con la lingua locale avra' una quindicina di anni ed e' l'unica che indossa il velo. Deve essere figlia di una delle due signore.
Oggi, dopo una nuotata, mi sono recato per la seconda volta da loro. Su un tavolo di legno grezzo ricoperto da carta plastificata che ha fatto il suo tempo trovo una specie di grosso scolapasta ricolmo di riso e cinque-sei pentole di ceramica ricolme di cose buone: pollo, tofu, frittelline di riso, verdura cotta, arachidi pestate nel mortaio e poi cotte con un sofritto e l'immancabile chili, la salsa di peperoncino fatta in casa. La signora con la t-shirt arancione ed il sarong allacciato alto per non sporcare la maglietta prende un piatto di plastica da un asciugapiatti un tempo smaltato d bianco, la paletta e ci piazza una buona quantita' di riso bollito. Poi procede con tutte le pietanze preparate (che costituiscono il Nasi champur) mettendole attorno al riso. Si dimentica del chili, sbaglia, ma io le chiedo doppia razione. Con un velatissimo sorriso di compiacimento mi porge il piatto e le posate. Siedo su una panca di legno consumato.
Sopra la mia testa vedo appese delle confezioni polverose di caramelle, caffe' solubile in bustina e altre cose che non conosco. Una lampadina a risparmio energetico collegata a fili anneriti e' attaccata al sottotetto. Nel muro davanti a me sono incollati dei vecchi autodesivi elettorali. Dall'altra parte del locale, dietro una porta che da' all'interno della casa, vedo una giovane che sbuccia delle verdure; inclino il capo da un lato in segno di saluto, lei sorride.
La seconda signora che indossa una maglietta viola mi porge un boccale di vetro ricolmo d'acqua fresca. Oggi non vedo la ragazza col velo viola che conosce l'inglese quindi non posso chiedere se e' filtrata o meno. Me ne sbatto e la bevo.
Mentre gusto il tofu arricchito di peperoncino, sulla strada vedo passare moto, bambini che tornano da scuola, galline e uomini qualsiasi. Alzando la testa -tra il tetto di lamiera ondulata e un muro alla cui base sono ammucchiati rifiuti- scorgo palme da cocco, piante di papaya e cespugli di fiori.
Dall'interno del locale compare un gatto color crema con gli occhi azzurri. Quasi subito si avvicina alla mia panca e ci salta sopra. Si sdraia accanto alla mia gamba e comincia a pulirsi con pazienti leccate.
In Malesia la salsa di peperoncino era piu' piccante rispetto a qua, nell'isola di Lombok, Indonesia.

mercoledì 22 luglio 2009

Frammenti di viaggio 4: Kuta, Bali

Bottiglie di birra Bintang, aquiloni, tatuaggi, "Yes, transport?", chiedono ogni momento improbabili taxisti. Polizia e guardie private con sensori, surf e onde giganti.
Sono a Bali, capitale assoluta del turismo indonesiano. L'aereo che proviene da Kuala Lumpur e' pieno a meta'. L'aria immessa nei polmoni e' una meraviglia a confronto con quella della metropoli malese. Vengo investito da decine di taxisti esagitati. Cammino per raggiungere l'esterno del sedime aeroportuale e contratto un prezzo migliore per arrivare a Kuta, principale localita' turistica dell'isola.

All'apparenza anche da qua il recentissimo attentato di Jakarta sembra lontano, ma sottovoce se ne discute con preoccupazione. Vedi tanti ragazzi australiani che parlano ad alta voce con una bottiglia di birra in mano e pare che tutto sia a posto, in realta' l'attenzione da parte dei locali e' alta. Tutto viene monitorato: all'entrata dei centri urbani la polizia controlla le auto ed i passeggeri, negli hotel e nei grandi magazzini ogni bagaglio passa attraverso i sensori delle guardie private. Uno stato di tensione sospesa, accompagnata dall'inevitabilita' fatalistica, albeggia nell'aria. Diversi balinesi indossano una maglietta che recita: "Fuck terrorism".

Cammino per le strade di Kuta cercando di capire perche' questa localita' e' diventata tanto famosa. Schivo i venditori, procacciatori, famiglie scandinave, giovani inglesi e australiani che riproducono ingenuamente gli stessi comportamenti "familiari" tenuti in patria.
Sono la spiaggia, le onde, le strutture di accoglienza ed intrattenimento, la Bali hinduista nell'enorme Indonesia musulmana gli ingredienti del cocktail non troppo piacevole al mio palato che fanno essere questa isola e questa localita' vincente e livello mondiale.
Domani lascio Kuta per cercare una Bali piu' in armonia con la natura ed i suoi abitanti. Credo che la trovero'.

domenica 19 luglio 2009

Frammenti di viaggio 3: KL



Cammino a ritroso lungo qualcosa di imprendibile che sta dentro di me. Lo splendido congegno del viaggio si è impossessato ancora della mia persona.
I giorni a Kuala Lumpur scorrono nel traffico e nel caldo infinito, camminando tra persone e visitando luoghi.
KL e' una citta' con il sottofondo sonoro perenne.
Come diversi suoi negozi aperti 24 ore su 24, l'incessante e sordo rumore del traffico e' senza fine. Pare essere immersi in qualche montaggio video dove si alterano a velocita' incredibili notte e giorno di un particolare luogo. Il suono di autobus-skytrain-metro-camion-auto-moto sono la regola e non hanno né termine né inizio. Eccezion fatta per i suoi parchi urbani e suburbani, ovunque vai sei accompagnato dall'urlo invasivo del traffico. Quasi tutti gli altri suoni che escono dal mosaico della citta' paiono alieni; per pura fortuna sono riuscito ad isolare uno sporadico canto di uccelli.

Questa mattina sono sceso dal mio ostello economico dalle pareti di cartongesso, ho respirato l'aria umida e malsana della citta', ho fatto qualche passo e sono entrato in un locale tenuto da indiani. Individuata una ventola disponibile, mi son piazzato sotto, e poi ho ordinato un caffe' con latte condensato. Un ringgit e 20 cent. Prezzo giusto.
Allungandomi verso la fermata del metro di Jamek Masjid capisco che oggi fara' caldo: la mia schiena e la fronte sono gia' abbondantemente invasi dal sudore. Oggi voglio visitare il centro economico di Kuala Lumpur: KLCC. Poche fermate di metro e mi trovo a cospetto delle gigantesche Petronas towers. Uso la parola "cospetto" perche' la loro altezza, architettura e l'imponenza le fanno apparire per quello che realmente sono: moderni castelli eretti per manifestare il potere. Turisti in gregge escono dal bus per immortalarne la possanza. Il centro commerciale di lusso annesso e la sua aria condizionata sono il passo successivo.
Tutta l'area e' vigilata dalla polizia: l'lndonesia non e' poi cosi' lontana. Proseguo per visitare il parco di Bukit Nanas e poi torno a Chinatown a piedi. In una stretta via del quartiere cinese raggiungo una bancarella del cibo. Oggi mangio malese puro (il malese-cinese la sera). La signora del ristorantino sorride, poi mi passa un piatto piano di plastica ricoperto di riso bollito a cui aggiungo peperoni e delle seppie. Mi siedo. Accanto a me prendono posto tre donne con il velo. Due giovani con il velo viola e la tunica nera e una signora anziana tutta nera. Le guardo con compassione. Le due ragazze mi lanciano qualche occhiata incuriosita.

Prima di tornare nell'ostello dalle pareti di cartongesso acquisto mezzo chilo di rambutan rossi che accompagnero' alla mia birra serale.

lunedì 13 luglio 2009

Frammenti di viaggio 2: Tioman



L'isola malese di Tioman e' un luogo incantevole. Oltre al mare affascinante, ieri ho fatto un passeggiata (un "trekking nella giungla") da un estremo all'altro dell'isola. 12 chilometri tra andata e ritorno con un dislivello di 330 metri.
Visto il caldo diurno e l'umidita' mi sono svegliato dopo l'alba (6:30) e subito ho imboccato il sentiero che da Tekek porta a Juara. Ho voglia di incontrare qualche animale.
Il sentiero si inerpica quasi subito tra felci gigantesche, palme, piante rampicanti e alberi pregiati. Nello zaino ho acqua, macchina fotografica, occhiali, crema e poco altro. Indosso pantaloni lunghi e scarpe di gomma. Salgo piano per assorbire l'essenza della foresta e tutta la (bio)diversita' che essa emana. Cerco di non fare troppo rumore; ho l'impressione di essere l'unico essere umano nei dintorni. Quasi subito sento qualcosa di abbastanza grosso che si allontana dalle vicinanze del sentiero. Sudo molto anche se la mobilita' e' lenta.
Ad un certo punto, quasi sul crinale della collina, mi trovo al cospetto di una serie di alberi secolari meravigliosi. Li guardo, li tocco, cerco di capire se sono mogano, palissandro o altro ancora. Respiro profondamente l'aria leggermente sulfurea e carica del bosco, ascolto gli uccelli dai richiami esotici e gli schiamazzi delle scimmie.
Dopo aver ammirato uno scoiattolo dal manto davvero particolare, e' la volta che intravedo un grosso serpente che si allontana velocemente.


Eccoci, la salita e' fatta, presto la collina declinera' verso il piccolo villaggio di Juara. Mi risciacquo il viso presso un ruscello e rialzo il capo.
In quel momento, con le gocce di acqua tiepida che mi scorrono sul volto, mi rendo conto di essere in straordinaria sintonia con l'ambiente che mi circonda. Lo spettro che soffriva dei piccoli pregiudizi verso ciò che e' alieno e sconosciuto e' svanito con l'incontro.
Questa Natura primordiale e' quella da cui proveniamo; il distacco da Essa contribuisce a misurare la lontananza da noi stessi.

lunedì 6 luglio 2009

Frammenti di viaggio 1: Singapore

Il flusso del viaggio mi penetra come una droga dolce ed improbabile. Mi sono appena detto: "Mi sembra di essere in viaggio da un mese." Invece sono appena partito. Incredibile come la marea del viaggio mi abbia subito assorbito. A differenza di altre volte, quel tempo di mezzo che lambisce la partenza, colpisce il transito e l'immediato arrivo si e' assottigliato in modo significativo. Nelle ore antecedenti la partenza mi sentivo strano, come combattuto tra un languido istinto di non cambiare le cose quasi che andando via le perdessi e la potenza del Viaggio che ormai era imminente.

CRONACA: Arrivo verso le 22,30 a Singapore. Sky train, metropolitana, pulizia estrema, fines, aria condizionata quasi ovunque. Organizzazione magistrale che rasenta l'eccesso. Dopo aver attraversato mezza citta' con la metro, giungo prima di mezzanotte nell'ostello familiare che avevo contattato. Trovo la strada subito ma... al numero civico 23 non vedo nessuna insegna. O meglio l'insegna c'e' e indica una societa' di import-export: chiedo a due indiani in un negozio vicino ma nessuno sa dirmi di piu'. A questo punto busso al 23 e poi apro la porta d'entrata che e' socchiusa; dentro scorgo l'insegna  della guest house. Bene. Una volta entrato chiamo ma nessuno risponde; ad un certo punto passa un francese che mi dice che Ali, il proprietario, era li' qualche minuto  prima. Aspetto ancora un poco, poi mi piazzo a dormire in un divano posto nel salotto dell'ostello. Il caldo e' abbastanza forte, sono stanco e voglio riposare.
Il mattino dopo conosco Ali, un cinese molto simpatico che da generazioni abita a Singapore, il quale si scusa per l'inconveniente. Nessun problema, sono solo voglioso di sporgermi per cadere nella metropoli brulicante che mi si muove attorno.
Singapore mi piace. Citta' stato ricchissima, estrema, dove la maggioranza benestante cinese convive con malesi, indiani e altre cuture asiatiche. Passeggiando per Little India e attivando al massimo i sensi parrebbe di stare in una qualsiasi citta' indiana, ma poi ti accorgi che il caos e' controllato piutosto efficacemente. Riesco quasi a distinguere i (tanti) indiani di recente immigrazione dagli indiani nativi di Singapore. Ora vedo una donna in sari, poi un ragazzo vestito hip hop, di seguito un uomo con il copricapo dei musulmani accompagnato da una donna trasfigurata dai vestiti, quindi una giovane cinese in minigonna ed abiti attillati; tutto pare conviva in modo fluido. La mattina, dal divano dell'ostello di Ali, avevo sentito il muezzin che chiamava alla preghiera. 
Il quartiere cinese e' forse la parte piu' interessante della citta'. Prendo il metro e scendo nella fermata del centro, esco e, gia' sudato, mi trovo a camminare tra grattacieli incredibili. Percorro una via e giungo in un templio buddhista gravido di incensi e simboli religiosi. Ancora poochi passi ed il  panorama cambia radicalmente: dai 200-300 metri dei grattacieli ai... due piani dell'antico quartiere cinese colmo di ristorantini take away, negozi per turisti e ancora sedi di uffici. Verso mezzogiorno vado in uno di quelli che qui chiamano 'Food court': un'infinita' di ristoranti contigui tra loro a prezzi economici. Guardo un poco in giro e poi opto per una zuppa con noodle grossi, tofu, e verdura. Pago i due dollari di Singapore, aggiungo un poco di salsa di soya, prendo le bacchette ed il cucchiaio e mi metto a mangiare. Nonostante sia qualche anno che non uso i bastoncini devo dire che non faccio troppo ridere. Mangio tranquillo tra la gente armeggiando con il tofu e le bacchette mentre la ventola sopra di me dona un refrigerio minimale. E' proprio vero: sono partito da pochissimi giorni eppure...

mercoledì 1 luglio 2009

Partenza

Partire è perdere
separarsi da qualcosa
partire è scomparire
smarcarsi
non esserci più.

Dopo un anno si riparte.
Ma prima ancora si avvia la strana capacità cognitiva che riassembla una serie di mattoncini che si congiungono tra loro in modo casuale; peduncoli di ricordi, pratiche e situazioni rimasti sessili lungo una manciata di mesi.

Evviva, la Potenza del Viaggio chiama, ora è impossibile tornare indietro.
In pochi istanti salgono alla mente una babele di sapori, suoni, sensazioni, odori, ma soprattutto l'impellenza di essere sul bordo di ciò che abitualmente mi definisce per tuffarmi di colpo nell'alterità autentica e più ricercata. I gustosissimi frutti che portano il nome di rambutan, i durian, il caldo infinito, la gente, l'adattamento, la fatica... sono ora dissepolti.

Adesso posso entrare nel flusso lisergico del viaggio per perdermi dentro me stesso, ritrovandomi diverso ed un poco rinnovato. Ogni partenza significativa appare come la ricapitolazione di una storia personale.
E poi il movimento, sì, lo spostamento nello spazio che ringiovanisce.

Il saggista statunitense John Knowles scrisse nel 1964, dopo una lunga esperienza in Europa: "L'ultimo rutto d'America s'era spento sul margine esterno della Laguna veneziana e mentre mi muovevo sul mare Adriatico fermo, appesantito dal sole, me n'ero proprio andato. Era una sensazione di rinnovamento, anche dolce, come un ritorno a una primissima giovinezza; c'era una sensazione di mattino, e addirittura di innocenza."

E' proprio così, un mattino dolce, venato a volte da tratti lattiginosi di acidità e di sudore, è alle porte.
 
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