sabato 5 settembre 2009

Frammenti di viaggio 11: Bako, Borneo


Un sedile di dura plastica, un bus giallo che e' fotocopia di quelli scolastici USA anni settanta mi sta conducendo al Bako national park. Aria bollente entra dai finestrini. Otto del mattino e l'afa del Borneo la posso quasi toccare. Il panorama offre fabbriche isolate, case e boschi. Sembra una di quelle mattine d'inverno nella pianura padana: sole appannato, zero vento, nebbiolina leggera e caustica. Ingurgito una caramella ricca di caffeina ma l'umore e' come l'umidita': flat. Forse influisce anche la scomparsa della tensione positiva del viaggio in quanto molto presto torno a 'casa'.
Arrivato a Bako trovo altre quattro persone con cui condividere le spese della barca che ci condurra' nell'omonimo parco. La penisola che lo ospita e' raggiungibile solo via fiume e mare. Nel molo di Bako c'è un cartello che recita: "Attenzione ai coccodrilli".


Dopo una quarantina di minuti sono davanti all'ufficio della Riserva naturale per la registrazione; la signorina mi consegna una mappa spiegandomi le diverse tipologie di sentiero e raccomanda di portare acqua a sufficenza. Opto per il sentiero Lintang, sei chilometri, 200 mt. il dislivello, tre-quattro ore il tempo di percorrenza.
Passo un piccolo molo vuoto, poi costeggio un bosco di mangrovie e comincio a salire. Una brezza leggera viene dal mare. Il sentiero e' curato e dotato di scalini quando la pendenza e' troppo elevata. Dentro il bosco vengo subito assorbito dal suo pulsare; incredibile la possenza discreta della Natura nella sua massima declinazione. All'apparenza nulla di trascendentale: il frinire costante e il volare di insetti, fruscii, qualche richiamo di uccelli e poco altro ancora. Nonostante l'umore e il caldo vorace percepisco di far parte di una entità davvero potente nella sua ordinarieta'. Penetro questo sistema con passi lenti e respiro corto, osservando senza pensare, guardando il mondo attorno a me in modo empirico. Il sentiero e' venato da radici che trattengono la fragile arenaria e da un morbido muschio; il bosco e' costituito da vegetazione piuttosto bassa ed è molto fitto. Oltrepasso un paio di signori che osservano un nido di insetti.
Seguendo il cammino, raggiungo un altopiano formato da piante simili a pini e ficus. La chiara arenaria e' solcata da rivoli e pozze in cui scorre acqua giallo scuro, quasi rossa. Guardo il cielo e noto che son comparse delle nuvole. Grazie al vento svaniscolo le zanzare ed i moscerini succhia sangue. L'altopiano e' affascinante con i suoi colori pastello ed i profili contenuti; sono contento di essere qui. Dentro.
Bevo un poco e proseguo, soffermandomi di quanto in quanto; vedo piante di orchidee con fiori minutissimi, alberi strani e qualche raro insetto. Arrivato presso una pozza che l'acqua ha scavato nella roccia la voglia di immergermi e' forte ma il tempo scorre e la strada non e' breve. Nel bosco piu' fitto vengo colpito da due cose: delle felci con foglie enormi e altri vegetali che hanno nella propria estremita' una coppa che si restringe nella parte superiore. Queste ultime sono piante carnivore.
Dopo un'ora di cammino il sentiero declina lentamente verso la costa. Arrivato presso un punto panoramico guardo il mare ed il cielo che quasi si confondono nell'afa disarmante. Solo verso la fine del percorso, a poche centinaia di metri dalla costa, dove il terreno è pianeggiante, incontro grandi alberi; su diversi di essi e' posto un cartello di riconoscimento. Quasi rido alla volta di una pianta maestosa dalle radici che si espandono in larghezza: l'indicazione dice che si tratta nientemeno di... Durian. Solo ieri ho avuto il piacere indescrivibile e deviante di assaporare un suo frutto nel mercato di Kuching.
Ma la vita e' spesso ingiusta: nel Borneo settentrionale sembra che la stagione degli spinosi frutti sia terminata.

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