venerdì 23 aprile 2010

La potenza del viaggiatore

Guardando lontano
vedo la fine del mondo?
Ch'oe Pu

Da bambino facevo un gioco che consisteva nel portare quasi alla loro congiunzione le palpebre, ottenendo una visione del mondo esterno piuttosto sfocata, ai limiti dell'onirico.   “Siamo seduti sul lungolago della cittadina di Arbon, metà marzo”, asserisco, “Europa, fresco, chiesa con campanile affilato, case modello chalet, ordine e... destini spezzati da un oceano di nuvole veloci.”
Con una mano in tasca e l'altra stuzzicando le punte dei chiari capelli, Lena ascolta seguendo con occhi calmi gli scarni passanti di Frutillar mentre ciondolanti pick-up scivolano piano sull'asfalto: elefanti turbolenti che trasportano donne e uomini con sangue lontano e ricordi perduti dall'affaticamento di una nuova esistenza.
“Quando abbiamo finito i trastulli sullo spaesamento, perché non entriamo in un caffè?” dice Lena, per poi aggiungere con un sorriso divertito e corto, “solo che non ho franchi... vuoi dire che accettano pesos?”
“Proviamo in questo posto.”
Dalla finestra e attraverso il fumo limpido del caffè domino l'infinito lago Llanquihue. Sono giorni che vagabondiamo in osoqueste terre lontane, stregati dalle montagne, dai boschi,  dagli animali, incontrando persone socievoli e rispettose. Slegati dal  tempo e al di là del tempo, liberi dal giogo del fare a qualsiasi costo, affrancati dal raggiungimento dello scopo; ecco, così vogliamo trovarci ascritti.
La signora bionda del locale ci porta un vassoio di dolcetti fatti in casa. Nella tranquillità di questo caffè semivuoto di Frutillar, confortati dal caldo secco della stufa a legna, sento che presto Lena erutterà quello che aveva in mente durante il cammino.
Dopo un sorso di scuro liquido bollente, attacca: “Hai notato come la gente ci guarda quando capisce che siamo stranieri?”
“Qua siamo tutti stranieri.”
“Non proprio,” ribatte Lena, “credo che sia quella che qualcuno chiama 'La potenza del viaggiatore', un'aura costituita da mistero e conoscenza che accompagna colui che si muove libero.”
“L'ho notato spesso anch'io. E' il premio che a volte riceve il viandante dopo essere stato smascherato dalla sua non appartenenza ad un determinato luogo”. Aggiungo. “Un potere derivante dal fatto che viene da lontano, che può portare novità e creare nuovi legami, denaro e aria fresca.”
“Ma molto dipende dalla società di accoglienza, il grado di apertura, la sua ricchezza e la storia.”
“Molto dipende dal viaggiatore.”
Ancora una volta la grande vetrata della casa che pare appartenga ad un altro mondo ci propone la vista del vulcano Osorno. Oltre il lago Llanquihue, lontana ed isolata come un atollo tropicale, la montagna concede un profilo leggero, un'armonia inafferrabile; il vello candido di cui è rivestita e che quasi si tuffa negli abissi dello specchio che la sorregge,  probabilmente è stato intessuto durante i secoli per volere di un regnante mapuche, gli autentici abitanti di questi territori. I mapuches, gli araucani, loro sì.

La sera esco solo in una Puerto Varas ormai assorbita dal buio. Vago alla ricerca di un posto dove ingollare qualcosa di caldo. Sfioro senza fermarmi una serie di locali per turisti declinanti verso il lago; dribblo il pornografico casinò luccicante per entrare nella zona popolare della cittadina. In una stretta via scorgo un frutristorantino che, su una lavagna consumata dal tempo, ostenta una vistosa scritta: Oferta del día - Escalopa a lo pobre - 1800.  Senza pensarci sono già dentro. Il locale è carino ma ormai quasi vuoto perché ho fatto tardi. Ci sono solo due persone sedute ad un tavolo che stanno cantando, e uno di essi ha la chitarra. Mentre chiedo alla signora che esce dalla cucina se posso mangiare, subito i due uomini socializzano con me. Germán è il padrone del locale insieme a Julia, e Gerardo, che suona la chitarra, un amico della coppia.
A volte capita di stare sul bordo di un qualcosa e istintivamente leggervi in anticipo la situazione o lo svolgimento degli eventi; ebbene, ora ho la sensazione positiva, quasi lisergica, di un allargamento repentino dell'obbiettivo. Così, come una porta che si apre all'improvviso per trovarvi al suo interno un piacere inaspettato, vengo risucchiato dalla serata incosciente e spontanea. Con una birra luccicante davanti agli occhi e due persone ingentilite dal vino che alternano discussioni serie a sonorità appartenenti a Victor Jara, Parra e canzoni popolari oscene, la mia persona si introduce in un limpido antro di vita del Paese ospite; spettatore e partecipante unico di uno spaccato veritiero di un mondo caleidoscopico, felice di esserci perché incluso, accettato, portatore di qualcosa considerato speciale. La potenza del viaggiatore.

venerdì 2 aprile 2010

Cerchi speculari

cer

Navigo veloce tra l'aria fresca del mattino con occhi seri. Avverto ogni particella impalpabile che mi viene incontro strofinandosi su ogni parte del corpo come se la conoscessi da sempre, come se l'impressione dell'incontro etereo non fosse solo una spuria sensazione. Il vento si insinua con discreta tenacia tra i fili lunghi e sottili che mi sovrastano il capo, portando una sensazione estraniante. In realtà la mia faccia compassata cela un piacere segreto provocato dall'odore indescrivibile dell'aria che porta l'anticipo della primavera. È una felicità intima, istintuale, piena.
Mentre premo i pedali, con gli occhi semichiusi che osservano il Mondo, nella mente circola una melodia ammaliante che proviene da un gruppo norvegese; è strano, ma quando queste sonorità mi fluttuano nel cervello, e non capita di rado, le percepisco nella loro più limpida purezza, come se ogni neurone emanasse omeopaticamente la scansione precisa dell'armonia.
Troppe auto veloci sulla strada, anche se alla fine mi sembra di raggiungerle tutte. Chissà perché quel signore con la fuoriserie nera mi guarda in modo strano. Avrà qualche problema, poverino.
Sono maledettamente libero. Oggi dovrei lavorare ma forse più avanti devio a destra per il bosco e poi nel parco per continuare il libro di ieri sera: bisogna sfruttare al meglio le opportunità della vita. Così, per piacere.

Guarda quello. Va in giro con una bici nera che pare essere stata rimorchiata da una discarica di un altro mondo. Ma perché non compra un'auto? Non ha i soldi?
Aggiusto il sedile con un lieve tocco del dito mentre i miei Jaga Jazzist circolano con voluttà nello stereo nuovo e un profumo emulo-di-gardenia esce dal condizionatore. Vetri e carcassa metallica nera hanno visitato scrupolosamente ieri l'autolavaggio. Come siamo avanti con la tecnologia, ma non è roba per tutti. Fortunatamente posso permettermelo.
Sono maledettamente soddisfatto. Oggi è una bella giornata per andare veloce sul nastro d'asfalto, assaporando compulsamente i miti di libertà on the road americani... beh, se quello davanti a me accelerasse. Oh no, la coda, ancora... Ma non riescono a costruire  nuove strade in questo Paese?
Uh, ecco il tipo con la bici nera che mi ha preso e ora sorpassa con gli occhi velatamente ghignanti; nello stretto spazio concesso dalle palpebre, e per qualche secondo, due chiare iridi mi hanno fissato. Poveretto. Forse dovrei acquistare una bici anch'io. Così, per piacere.

 
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