sabato 12 ottobre 2019

Dal Sichuan alla frontiera con il Qinghai

Lascio Ganzi/Garze quando è ancora buio. Il minivan è pieno di giovani di etnia tibetana diretti a nord-ovest. Da una settimana non vedo un occidentale e per vederne qualcuno dovrò aspettare fino a Xining. Quasi impossibile comunicare. Spero che l'autista abbia capito la mia destinazione, anche se il mio biglietto (scritto in cinese, non in tibetano) non lasciava dubbi. Lascio i 3300 m di Ganzi e le sue vette immacolate che toccano i 6000 metri con un briciolo di dispiacere ma devo fuggire dal monsone che conquista velocemente terre da sud.
Salendo le propaggini più orientali dell'infinita catena dell'Himalaya percorriamo la Sichuan-Tibet Highway quando ancora il crepuscolo non riesce a farsi spazio nell'oscurità. Passiamo il monastero Darjay con gli otto stupa bianchi di fronte e come sfondo le colline verdi sagomate dal tempo. Le nuvole permettono di osservare solo la porzione inferiore di montagne che si innalzano nell'empireo.
Un centinaio di chilometri e lasciamo la strada che porta in Tibet per voltare a destra, verso nord.
Cerco di eliminare l'umidità che appanna il vetro del minivan. Mentre saliamo ancora, fuori scorrono prati, poggi, torrenti e linee dell'alta tensione. Bandiere buddiste e monasteri isolati. Scritte in tibetano e cinese.

Dopo aver scavalcato almeno un paio di passi a più di 4000 metri il minivan si arrampica per la strada sterrata. Una jeep con un monaco è rimasta bloccata nel fango. Tra le nuvole e la stanchezza intravedo vette alte rigurgitanti neve e ghiaccio.

Al confine tra la regione del Sichuan ed il Qinghai c'è un posto di blocco della polizia. L'agente esamina il mio passaporto, vede il mio visto ma non intende a quale nazionalità appartengo: sono costretto ad usare il traduttore del suo cellulare perché tutti capiscano. Ripartiamo.
Sono nel grande e poco popolato Qinghai. Due ragazzi, probabilmente studenti, si fermano in una cittadina vicina. La bella donna davanti a me scenderà a Yushu, la meta finale.

L'altopiano verde mostra pascoli immensi, piccoli fiori di montagna, cime lontane e torrenti grigi gonfi d'acqua. Nuvole alte si dirigono da qualche parte. L'autista corre veloce, suonando forte il clacson quando entriamo nei centri abitati.

Sono otto ore di viaggio e almeno cinque passi ben oltre i 4000 metri quando entriamo nella città di Yushu, Qinghai, a un centinaio di chilometri dal Tibet. Come pattuito consegno 200 yuan all'autista, chiedendogli a gesti dove si trova il centro cittadino. Il cammino imperfetto continua.
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