I Bus del Bengala.
Vorrei spendere due parole per descrivere uno dei mezzi di trasporto che ho avuto modo di conoscere piuttosto bene in questi giorni: il bus.
L'autobus bengalese e' un aggeggio degno di nota; in ordine di importanza sono queste le cose che devono per forza funzionare: il motore (ed aggeggi rotanti annessi), il clacson e le luci abbaglianti. Il resto conta poco. Il cruscotto polveroso dell'autista e' pieno di modifiche quali levette, bottoni, stemmi, autoadesivi e lucette colorate; peccato che la strumentazione normale non funzioni affatto. Quello che conta e' l'esperienza del guidatore. Come nei mezzi piu' obsoleti, il motore rientra parzialmente accanto al posto guida, donando un piacevole tepore al resto del bus gia' torrido.
Passiamo ai posti a sedere: sono circa una quarantina con uno spazio anteriore riservato generalmente alle (poche) donne. I sedili sono sporchi, spaccati, sformati, vissuti quanto basta. In un paio di casi qualcuno ha avuto la brillante idea di inserire su di essi dei poggiatesta di tessuto bianco. Una crudelta'.
Il resto dell'abitacolo e' consumato e logoro come i sedili. Al loro esterno i pullman sono pieni di ammaccature e rattoppi mal fatti. E' la prima volta che vedo gli specchietti retrovisori fissati all'interno del posto guida per evitare la loro rottura nella lotta continua in coda e nel traffico.
Quando possono, questi veicoli urlanti e strombazzanti vanno ad una velocita' pazzesca, sfiorando letteralmente persone, cose, animali e tutti gli altri mezzi di trasporto presenti sulla strada.
Gli addetti del bus sono sempre tre: l'autista, il bigliettaio (il quale non emette biglietti ma si limita ad intascare i soldi) e una terza persona che volge piu' ruoli contemporaneamente. Il conducente e' il coordinatore del terzetto, poi viene l'incassatore e, da ultimo, il terzo uomo che avvisa l'autista quando fermarsi, facilita l'uscita e l'entrata dei passeggeri, carica i bagagli e fa da navigatore. I tre lavorano ad unisono con lo scopo di far scorrere piu' velocemente il mezzo lungo il nastro asfaltato, gridando, minacciando e litigando con coloro che si interpongono verso la meta finale. Tutti fanno in modo di avere il maggior numero di passeggeri, fermandosi a richiesta in qualsiasi punto della strada, aspettando i ritardatari e rifiutando coloro che effettuano poche fermate perche' poco remunerativi. Gli addetti del bus masticano spesso betel per avere piu' energia. La manutenzione di questi mezzi e' volentieri lasciata al caso; nella mia breve (ma intensa) esperienza ho avuto la fortuna di incappare in due rotture del cambio, un piccolo incidente ed una foratura di pneumatico.
L'autobus bengalese e' un aggeggio degno di nota; in ordine di importanza sono queste le cose che devono per forza funzionare: il motore (ed aggeggi rotanti annessi), il clacson e le luci abbaglianti. Il resto conta poco. Il cruscotto polveroso dell'autista e' pieno di modifiche quali levette, bottoni, stemmi, autoadesivi e lucette colorate; peccato che la strumentazione normale non funzioni affatto. Quello che conta e' l'esperienza del guidatore. Come nei mezzi piu' obsoleti, il motore rientra parzialmente accanto al posto guida, donando un piacevole tepore al resto del bus gia' torrido.
Passiamo ai posti a sedere: sono circa una quarantina con uno spazio anteriore riservato generalmente alle (poche) donne. I sedili sono sporchi, spaccati, sformati, vissuti quanto basta. In un paio di casi qualcuno ha avuto la brillante idea di inserire su di essi dei poggiatesta di tessuto bianco. Una crudelta'.
Il resto dell'abitacolo e' consumato e logoro come i sedili. Al loro esterno i pullman sono pieni di ammaccature e rattoppi mal fatti. E' la prima volta che vedo gli specchietti retrovisori fissati all'interno del posto guida per evitare la loro rottura nella lotta continua in coda e nel traffico.
Quando possono, questi veicoli urlanti e strombazzanti vanno ad una velocita' pazzesca, sfiorando letteralmente persone, cose, animali e tutti gli altri mezzi di trasporto presenti sulla strada.
Gli addetti del bus sono sempre tre: l'autista, il bigliettaio (il quale non emette biglietti ma si limita ad intascare i soldi) e una terza persona che volge piu' ruoli contemporaneamente. Il conducente e' il coordinatore del terzetto, poi viene l'incassatore e, da ultimo, il terzo uomo che avvisa l'autista quando fermarsi, facilita l'uscita e l'entrata dei passeggeri, carica i bagagli e fa da navigatore. I tre lavorano ad unisono con lo scopo di far scorrere piu' velocemente il mezzo lungo il nastro asfaltato, gridando, minacciando e litigando con coloro che si interpongono verso la meta finale. Tutti fanno in modo di avere il maggior numero di passeggeri, fermandosi a richiesta in qualsiasi punto della strada, aspettando i ritardatari e rifiutando coloro che effettuano poche fermate perche' poco remunerativi. Gli addetti del bus masticano spesso betel per avere piu' energia. La manutenzione di questi mezzi e' volentieri lasciata al caso; nella mia breve (ma intensa) esperienza ho avuto la fortuna di incappare in due rotture del cambio, un piccolo incidente ed una foratura di pneumatico.
Verso Nord.
Iniziando la mia strada verso il settentrione del Bangladesh, nei giorni passati ho avuto l'opportunita' di essere invitato nella casa dei parenti di Joseph, visitando cosi' una delle tante aree rurali di questo Paese. Dopo aver lasciato Dhaka con tutte le sue sofferenze ed il suo caos, ho percorso in bus (ovviamente!) 200 km. e, poco dopo aver attraversato il lunghissimo ponte sul Brahmaputra, sono arrivato al punto dove mi aspettava Joseph. Abbiamo preso un altro bus, poi un riscio' a pedali, addentrandoci cosi' sempre piu' nel cuore rurale del BD. Ad un certo momento Joseph e' sceso in un villaggio per acquistare qualcosa e, in pochi secondi, sono stato attorniato da una piccola folla di uomini curiosi. Joseph e' un bengalese missionario laico del PIME di origine tribale; la sua etnia possiede una lunghissima tradizione agricola. E' stato interessante vivere un paio di giorni nella bella casa di terra e fango del fratello di Joseph, senza elettricita', con con l'acqua che arrivava da una pompa a mano. Joseph mi ha fatto conoscere molte piante tropicali come lo zafferano, il ginger, i diversi tipi di palma, il mogano e alberi dai frutti sconosciuti e buonissimi.