venerdì 24 aprile 2020

Agli estremi del Parco Nazionale Vulcano Isluga

Finirà mai la giornata di oggi? Sono a Colchane, I Región, a poco meno di 3700 metri di altitudine. Data: sabato 18 gennaio 2020.
Prima d'incamminarmi verso la meta entro nel municipio del paese. "Qualcuno per caso va a Isluga?", chiedo. Nessuno.
Prendo a ritroso un piccolo pezzo di Ruta 15 fino al bivio per Isluga. La strada asfaltata che da Huara porta in Bolivia è deserta. Tutti i camion e gli autobus del mattino hanno varcato la frontiera da tempo. Il panorama che mi circonda è stupefacente: la via perfetta, la terra chiara disseminata da cespugli pronti a fiorire, le limitrofe montagne di 5000 metri con le cime innevate, il vento lieve che viene da est, nuvole sparse che indugiano presso i monti, i cirri che lambiscono cieli limpidi. Il corpo la mente provati dai dislivelli e dai chilometri sono prossimi a conoscere un altro confine segnato tra l'altopiano secco e quello desertico.

La strada che porta a Isluga è sterrata. Sulla sua sinistra scorre un corso d'acqua dalle acque calme, il río Sitani. Tutta la vita animale pare sia concentrata in questa oasi di verde intenso. Lama, oche delle Ande e una infinità di altri piccoli volatili colorati popolano le rive del torrente. La strada segue il fiume nell'avvallamento erboso, in una salita pressoché impercettibile.
Il sole abbaglia un corpo magro che cammina veloce sulla terra, sulle pietre della strada inumidita dalla pioggia della notte; la luce avvicina colline smussate di color marrone che vira verso il verde. Penso, contemplo. La rivelazione del mio intimo, di quello che sono, avanza col mio incedere.

Un minivan impolverato scende verso la Ruta 15. L'uomo e la donna sul mezzo mi osservano impassibilmente. Da qualche parte ho letto che la popolazione della zona è 0,39 abitanti per chilometro quadrato.

Le ore passano quando un cartello mi avvisa che sono a Isluga. Sulla sinistra un cimitero trascurato, davanti diverse decine di case basse col tetto in lamiera. Nessuno in giro. Molto presto giungo alla chiesa monumentale, uno dei siti più apprezzati della regione. Il campanile basso, la sagoma tozza del luogo di culto, le tre croci in legno prima dell'entrata sono attorniate da visioni lunghe della meseta andina, nel Parque Nacional Volcán Isluga.

Passato il borgo lascio la strada carrozzabile e salgo su una collina prospiciente. Arrivato a un dosso mi fermo. 3900 metri di altitudine e una dozzina di lucenti chilometri compiuti. Seminascosto da nuvole veloci vedo le anticime del vulcano Isluga. A est, in Bolivia, un grande lago salato circonda una montagna, probabilmente il cerro Villa Pucarani. Bevo un sorso d'acqua e decido di scendere. La giornata più lunga mi porterà ancora lontano. Molto lontano.
 
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