domenica 18 aprile 2021

Coscienza alterata nel parco del Teno, Tenerife sud

Per raggiungere la traccia che porta a Santiago del Teide da Los Gigantes bisogna percorrere un breve pezzo di strada asfaltata. Fortuna che con la pandemia il traffico è ridotto. Fortuna che anche i turisti sono pochi. Poco prima la vista era stata affascinata dal punto panoramico che guarda sulla impressionante muraglia di scogli vulcanici di uno dei luoghi più avvenenti di Tenerife sud.

Il forte vento meridionale tiene lontano nuvole che accampano attorno al maestoso Teide mentre mi arrampico lungo una stradina costellata da piantagioni di banane incapucciate da serre. Ortaggi e alberi da frutto passano lentamente sul percorso che porta a Tamaimo; sulla sinistra montagne tropicali senza alberi definiscono la porzione meridionale del parco del Teno, la mia meta. In poche centinaia di metri di dislivello la vegetazione diventa più fitta, più rigogliosa: avvicinandosi ai rilievi e all'entroterra, minuscole ondate di umidità riescono a lambire una delle zone più aride dell'isola.

Prima del paese di Tamaimo prendo l'indicazione a sinistra che conduce alla montagna Guama. Salgo serpeggiando, con i sensi ancora una volta inebriati dalla flora canaria. Quando sono prossimo alla ubriachezza raggiungo un dosso dove posso dominare il mare increspato, le innocue nuvole che passano come frecce sotto il sole inclinato ancora verso sud e l'isola La Gomera. Il vento sulla montagna Guama si farà sentire. Eccome!
Con la lingua secca causa l'ebbrezza ascendo l'ultimo tratto che porta alla cima, nascondendo l'ombra tra fitti cespugli di euforbia "cardón" 100% canaria. Prima di raggiungere la meta riesco a vedere per qualche minuto la punta gialla del signore delle montagne.
 
Dalla Guama osservo il mondo: il selvaggio parco del Teno cosparso da picchi aguzzi e da canyon che scivolano pericolosamente nell'oceano tra imponenti scogliere di vulcani, e poi a  sud e a ovest raggiungo facilmente La Gomera e tutta la costa Adeje quasi fino a Los Cristianos. Il vento imprendibile gira attorno al cardón, alla tabaiba, alla ginestra, al verode in fiore. Le piante, le foglie, gli steli autoctoni si piegano di fronte alle correnti ma rimangono integri. Solo una anima imperfetta vacilla.   
 

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venerdì 26 marzo 2021

Flora endemica canaria





 

lunedì 1 marzo 2021

Nel parco di Anaga. Tenerife nord

  

Il tranvia risale dal mare per raggiungere i 540 metri de La Laguna. Nella stazione degli autobus scopro che hanno ridotto le corse per Cruz del Carmen. Cambio il programma invertendo il giro: partirò da Punta del Hidalgo anziché arrivarci.

La costa di barlovento appena fuori dalla Punta è selvaggia, aspra, con le scogliere alte e nere di lava che trattengono la potenza dell’oceano. Sono le 11 e 50 del primo giorno di marzo quando le suole consumate delle scarpe si appropriano del sentiero numero 10 che conduce alla Croce del Carmen.

La luce diretta e potente irradia montagne aguzze coperte da bassa vegetazione, mettendo a nudo una valle strettissima che serpeggia lunga verso est, verso lo sconosciuto.

La traccia sale ripida a sinistra rispetto alla gola, immergendosi nella meravigliosa vegetazione endemica canaria di bassa quota: cespugli di tabaiba, il gommoso e strano verode che si gonfia d’acqua quando essa arriva, il cardón che sembra esattamente un cactus, aeonium a scelta. Piante da fiori gialli e azzurri si mescolano a qualche essenza introdotta dall’America come il fico d’india e l’agave.

Salgo svelto sul sentiero costituito da uniformi rocce chiare che virano al rosso, rigurgitate dalle profondità dell’oceano Atlantico, cominciando a incrociare stranieri e canari che sono partiti da Cruz del Carmen. C’è anche un gruppo di ragazze accompagnate da una suora.

Raggiunto il mirador di Aguaide, lo sguardo finalmente spazia dalle frastagliate coste che conducono alla fine settentrionale di Tenerife, per poi dirigersi nell’entroterra fatto da picchi affilati coperti dal verde. Il parco di Anaga.


Arrivato alla località di Chinamada, avverto che qualcosa di importante sta cambiando nel tempo: vento molto forte da est, e un cielo azzurro e trasparente che diventa via via fosco. Calima!?


Risalendo ancora verso la Croce la vegetazione cambia, dando sviluppo a boschi ombrosi di lauracee e, negli spazi più assolati, a bassi cespugli di jara di Anaga. Quando la pendenza si mitiga e le cime diventano rotondeggianti, compaiono prati e piccole coltivazioni agricole.

Anche se l’occhio destro è malmesso per qualcosa entrato col forte vento, nonostante la potente calima in arrivo che porta polvere dall’Africa, non riesco a non apprezzare l’ambiente circostante quasi prealpino, con colline boscose, piante da frutto e l’erba in fiore corteggiata da insetti che vogliono assolutamente ricominciare.

 

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martedì 9 febbraio 2021

A pochi metri dal paradiso: il rifugio Punta de Los Roques. La Palma

 

Grande gita oggi. La guagua 300 mi lascia al Centro visitatori del Parco nazionale Caldera de Tamburiente. Inizio di febbraio a quasi 900 metri di altitudine e la primavera nel centro dell’isola La Palma sorge all’improvviso con le erbe e i peschi selvatici in fiore, i richiami dei volatili e l’aria che profuma.

Dopo aver passato il santuario della Vergine del pino, il bosco di conifere endemiche impera. Magnifici esemplari di pino canario scorrono negli occhi adoranti. Il sentiero bianco e giallo n. 1 comincia a salire arrampicandosi per una costa che ascende fino alla leggendaria Ruta de Los Volcanes.

Il mondo là in basso e all’orizzonte appare come un puzzle incompleto causa le chiome degli alberi e qualche nuvola. Vedo a pezzetti una parte della Caldera, il Pico Bejenado, Los Llanos e l’oceano Atlantico senza più confini a ovest.

La traccia rocciosa sale a zigzag senza pietà. Supero un tedesco e poi una coppia che spinge bici elettriche.

Ben presto raggiungo il sentiero 131 lasciando l’oscurità della foresta dai rami grondanti di licheni. Sono sulla principale dorsale dei vulcani. Ahora sí.

Poco dopo il percorso tocca il versante est con una macchia estemporanea di Lauracee e il mare di nuvole basse che copre l’altra metà dell’isola fino a sud. Dal magma nuvoloso svettano lontani El Teide completamente innevato, La Gomera e El Hierro.

La salita verso il rifugio Punta de Los Roques dal Reventón segue il crinale vulcanico, tra pini e un sottobosco rado, dove spiccano piante dai fiori simili alla rosa canina, della famiglia delle Cistacee. All’ombra ancora qualche traccia di neve caduta tra il 4 e il 5 febbraio 2021.

La Ruta de Los Volcanes raggiunge in questo tratto il massimo di 2000 metri di altitudine, passando per il Pico Ovejas, mentre da ovest stanno arrivando nuvole più insidiose. Il sentiero scende.

Il refugio de Punta de Los Roques mi aspetta solitario, con una visione paurosa sulla Caldera di Tamburiente e l’imponente canyon/conca da essa creato. Osservo per lungo tempo il Pico de La Cruz, il Roque de Los Muchachos e gli abissi della gola, con il signore dell’arcipelago a sud est sempre presente. Al signore Teide riuscirò a rendere omaggio fino a quando le nuvole ascendenti copriranno i panorami.

 

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