mercoledì 25 giugno 2014

Lo straniero nel villaggio di Cambaquiz

Vive da tre giorni in una casa nel cuore del villaggio. E' un bianco, uno straniero dal lontano non-si-sa-dove. E' un tipo tranquillo, poche parole, gentile il necessario. Mia zia Meina gli prepara ogni giorno un pasto che consuma sul tavolo di legno accanto alla casa. Uova o carne, e verdura come Meina cuoce per i suoi figli. Nonostante la doppia porzione di riso, il forestiero è magro. Mia madre dice che a Cebu ma anche a Bohol gli stranieri spesso sono accompagnati da donne filippine. Lui no.

E' ora che mi presenti: sono Arnel, ho undici anni e da sempre vivo a Cambaquiz, Cabilao. La mia isola è piccola e senza montagne. Gli adulti sono quasi tutti pescatori o si dedicano al piccolo commercio. Alcuni lavorano nei resort con i turisti, molti emigrano. Io vado a scuola e da grande vorrei guidare le navi, quelle grosse che si spostano da una isola all'altra e vanno così lontano che non le vedi più, nonostante siano grosse cinquanta volte le barchette di Cabilao.

L'uomo è nel villaggio da tre giorni ma pare qui da tanto. E' una mia sensazione, qualcosa che si capisce senza pienamente intenderlo: quel suo modo di camminare la strada, di accostarsi controllato alle cose, gli occhi ironici e stanchi, i suoi vestiti normali, il sacchetto di plastica del Colonnade di Cebu city che si porta sempre dietro. Quando i bianchi escono dal resort, osserviamo le loro macchine fotografiche, i sandali, gli occhiali a specchio, le loro camice sgargianti. Sono gentili e i loro sorrisi troppo ampli. 
Prima accennavo alla strada; le infradito dello straniero di Cambaquiz sono consumate e usurate, il suo passo è veloce, le sottili  gambe nascondono muscoli e tendini che conoscono lo sporco e lo splendore trasfigurante del cammino.
Zia Meina dice che non prende mai i moto-taxi. Parte la mattina presto con il sacchetto e il cappellino per non so dove. Dicono che vada ad esplorare le spiagge dell'isola. Dal sacchetto bianco ogni tanto esce la punta del boccaglio. Credo gli piaccia nuotare e vedere i pesci.

Questa sera, quando il crepuscolo allunga l'oscurità purificatrice sull'isola, ho visto ancora il forestiero senza nome. Andava nell'emporio di Mari a comprare pane dolce, una bevanda frizzante e una bottiglia di liquido bruno. Li mette nel piccolo zaino nero e poi torna a casa. Ieri l'ho intravisto mentre si faceva la doccia versandosi secchi d'acqua nel bagno aperto. Quando e' buio, alle 19, arriva l'altra luce su Cabilao: tranne quei pochi che possiedono un generatore, per B CQ 1tutti l'energia elettrica dura cinque ore. Dopo mezzanotte tutto torna oscuro; le radio, i sound system, i ventilatori dal cuore dolce smettono di funzionare in attesa della prossima attivazione, il giorno dopo.

La signora che vive nella casa accanto alla baracca dello straniero dice che la sera lui beve, stanco, poi esce a passeggiare sulla spiaggia, quindi dorme dentro la zanzariera. Quando ha contrattato il prezzo della stanza diceva a zia Meina che aveva bisogno di dormire morbido. Forse ora sarà costretto ad appoggiare l'anca su un cuscino perché le stuoie stese sul bambù sono troppo sottili. Alle 24 il ventilatore smette di funzionare e nella capanna farà fresco fino all'alba.B CQ 2 Invece, anche se dopo pranzo il ventilatore dal cuore dolce funzionasse, sarebbe impossibile riposare dentro la casa di legno e lamiera. Ma questo il forestiero lo sapeva.
Arnel, anyway, omaggia il mondo contorto e lineare dello straniero. E la sua musica sconosciuta. Quando Arnel adulto comanderà la grande nave, sarà felice di ospitare persone che si trasfigurano nella strada. Liquida, immaginaria o polverosa che sia.

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