Mentre camminavo con Jens a Yangon downtown, tra marciapiedi sconnessi, rifiuti, folla e strade urlanti, tentavamo di rivelare lo straordinario effetto che aveva il cadere del sole tropicale sugli esseri viventi. Era come il svegliarsi al mattino sopra un letto fresco, ricevere una doccia purificatrice, inspirare profondamente, vedere e sentire il mondo con vista e udito diversi, rinnovati. Dopo una giornata bollente questa catarsi la si percepiva ovunque, negli angoli o nelle case, negli uomini e nelle strade. In tutta la sua indecifrabile pienezza.
Sono appena sceso dall'alloggio dalle pareti di cartongesso che odora di muffa. Oggi ho visitato uno dei mercati della frutta sotto un cielo caustico, percorrendo chilometri di strade e vicoli, quindi, costeggiando il canale, una grande arteria mi ha condotto allo stadio nazionale e alla zona commerciale. Case basse e venditori ambulanti prima, chilometri di palazzi di vetro e acciaio e negozi di lusso dopo. Le ore più calde mi hanno visto vagare in un mall immenso, quasi spaesato dal miscuglio di prodotti occidentali e orientali, ringiovanito dall'aria condizionata. Nel bus 15 che mi riportava a Banglamphu tra il traffico pauroso, percepivo me stesso odorante di sudore, fritture e durian.
Bangkok, la sera, mi accoglie con buio fresco, con i passanti eccitati pronti a togliere ancora una volta la verginità alla notte smisurata e generosa. Percorro la strada piena di chiassosi ristoranti per turisti, carichi di prodotti siamesi in salsa occidentale dal prezzo astronomico rispetto agli standard locali. Il viso inespressivo oltrepassa venditori di magliette, di orecchini, di software pirata, spacciatori, cambiavalute, ATM, lavanderie e mille altri ambulanti. Rifulgo da quell'abbaglio per immergermi in un vicolo solitario e male illuminato che porta verso il fiume Chao Praya.
Dopo essere uscito da un negozio con una bottiglia di vino di riso, tra l'andirivieni di gente di ogni sorta scorgo una ragazza dai capelli chiari seduta sui gradini di un negozio. Scambiamo alcune parole mentre lei mangia degli involtini fritti appena acquistati da un ambulante, poi ci alziamo e ognuno segue la sua strada.
Veloce sulle infradito attraverso il ristorante di lusso col mio sacchetto di plastica contenente la bottiglia stappata, e finalmente vedo il fiume.
Bevendo lentamente sono qui seduto sul molo di legno che di giorno accoglie le barche del trasporto pubblico cittadino. Gli occhi riverberano lo specchiare delle luci sul fiume: fanali di auto che attraversano il ponte, finestre di palazzi e grattacieli, fari di rimorchiatori e di battelli traboccanti musica della crociera notturna. Il fiume invece è come sempre silenzioso, e dove non è costretto a riflettere bagliori alieni rimane oscuro, impenetrabile, solcato da piante acquatiche provenienti da lontano. Ondeggio con lui, immergendo i pensieri nel suo liquido vagabondo, inspirando la brezza che gli scivola sopra, e assumendo ancora alcool di riso. Non ho ancora deciso dove andro' a cenare: forse in quel locale sempre pieno di thailandesi dalle parti della Phra Athit, oppure mangero' qualche sostanzioso curry di riso sulla strada.
Rimango nel buio della notte, a un soffio dal fiume, cercando inutilmente di disvelare i segreti profondi della Citta' degli Angeli, l'immenso fascino celato sotto la patina volutamente multicolore e caramellata che offre allo straniero. Una seduzione, una saggezza che appena riesco a lambire.