martedì 31 gennaio 2017

La Suru Valley su due ruote

Il Ladakh è un altro pianeta. Ieri sono entrato in questa terra inconsapevole dell'imminente blocco della frontiera tra il Kashmir ed il resto del mondo. Con il camion di Chow siamo passati per Kargil e risalito un poco la Suru valley guidati da un crepuscolo ormai in cenere che tracciava i bordi delle montagne ad ovest.  

La mattina seguente, salutando con riconoscenza Chow, dalla caserma dove abbiamo svuotato il carico del camion, un paio di giovani militari hindu si prendono cura del sottoscritto: "Devi salire la valle verso Zanskar? Bene, ci pensiamo noi", dicono con fervore. Uno di loro che ha da poco smontato la guardia si piazza in mezzo alla strada e comincia a fermare i non frequenti mezzi che si dirigono a sud. Li ferma tutti. Anche le moto.
Un ragazzo facente parte di un gruppo di motociclisti provenienti da Delhi parla con il militare, poi si rivolge a me: "Dove vai?". "Vado in su".

Così, dai piedi di quella valle tanto diversa rispetto al Kashmir, quattro giovani di Hyderabad a cavallo di tre Royal Enfield 350 diventeranno traghettatori per centinaia di chilometri sulle strade selvagge tra la catena dell'Himalaya e quella dello Zanskar. Con panorami tra i più belli mai visti.

Nei dintorni di Panikhar, 3250 m, siamo obbligati a fermarci. Il fiume Suru si allarga, consentendo ampie aree dedicate all'agricoltura. Ma è di fronte a noi, verso sud-est, il vero motivo per cui facciamo sosta: la valle si apre lasciando spazio ad una massa inverosimile di roccia e ghiaccio. In alto, oltre l'azzurro, si elevano due picchi aguzzi ed una cima. Sono Kun e Nun, montagne sorelle che superano i 7000 metri. Le loro estremità sono percorse da una fascia di nuvole in continuo movimento ma immutabili nella loro forma, come bandiere saldamente aggrappate ad un'asta di granito.

In quel punto panoramico, a 70 chilometri da Kargil, conosco meglio i miei compagni di viaggio: sono quattro matti che lavorano nel campo delle nuove tecnologie che hanno deciso di girare il Kashmir e Ladakh partendo da Delhi. Hanno tenda, coperte e scorte di benzina. Salgo sulla moto di Indra e ripartiamo.

Dopo Panikhar la strada cessa di essere asfaltata, lasciando spazio alla terra battuta, ma è da Parkachik che il percorso diviene più difficoltoso. Da questo punto di ultimo ristoro ed accoglienza, dove il ghiacciaio delle montagne Kun e Nun si congiunge con il fiume Suru e dove comincia l'area ad influenza buddista, i panorami diventano imponenti.

I chilometri scivolano flemmaticamente sulle ruote delle Royal Enfield; dalla moto ho una visione completa di quello che mi scorre attorno. La catena del Kun-Nun ci accompagna ancora, fino a quando comincia la valle successiva. Infinite le possibilità. Oltre all'altitudine e l'assenza di abitazioni, la particolarità della valle Suru è costituita dalla sua morfologia: una conca stretta e lunghissima dalla quale dipartono valli ancora più anguste che terminano spesso con un ghiacciaio. E' proprio verso sud, ogni trenta-quaranta minuti di strada, che la catena dell'Himalaya continua ad offrire nuove cime mozzafiato. Così sarà per centinaia di chilometri fino a Padum, capitale dello Zanskar.  https://www.google.it/maps/@34.0596572,76.1462428,27542m/data=!3m1!1e3
                                                                             

Nel pomeriggio arriviamo al villaggio di Rangdum, 3700 m, accolti dagli stupa e dalle bandiere buddiste. Siamo impolverati, stanchi, con le scarpe bagnate dal guado di torrenti impetuosi che tracimavano nella strada. 130 chilometri da Kargil, e la Suru valley è ben lontana da essere finita.
Mentre Indra va a cercare nel villaggio qualcosa di alcolico per passare la serata, sagome tozze di yak pascolano in lontananza, illuminate dalla luce storta del giorno che discende.

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