sabato 18 gennaio 2014

Mare calmo a Pangangan

L'acqua e' la mia strada. Dopo la sabbia della riva i piedi incontrano una segmentata roccia scura dove, nei lievi anfratti, si posizionano minuscoli ricci di mare e qualche stella marina in strenua attesa del flusso portato dal mare di Bohol. L'acqua e' calda ma sempre meno del sole della tarda mattina tropicale. Indosso maschera e boccaglio, e tramuto la mia fisicita' in qualcosa di diverso, senza apparente peso. Un corpo magro che conosce la polvere si infila piano nella bassa marea di Pangangan. Le costole Pan1sfiorano alghe ruvide, le mani e le braccia spingono avanti in quel stretto lembo tra cielo e roccia. Mi sento libero in solo sessanta centimetri di spazio che non vogliono aumentare, così posso vedere meglio piccoli pesci e minuscoli crostacei, stelle di mare dai colori lisergici, e inattaccabili ricci puntati di un rosso fosforescente. La pelle vuole tentare il rischio. Nuoto tra striscioni di alghe in attesa trepida del mare profondo, confortato dalle parole della corpulenta padrona del mio alloggio: "Ci sono barriere coralline la', avanti".     
Fuori il mare è piatto, il vento quasi non esiste: troppo perfetto per essere duraturo. Da quando sono arrivato a Bohol una perversa istintiva inquietudine mi gira attorno. Ma il mare scorre, così,Pan2 improvvisamente, la lingua di acqua si ispessisce e davvero il corpo si sente liberato. Incontro prima qualche piccolo corallo marrone, qualche colorito cucciolo di triggerfish e butterflyfish, e infine l'orizzonte si apre nella sua decadente bellezza. Anche se diversi coralli sono ancora integri, la barriera esiste solo a tratti: qua e là vedo bei agglomerati di antozoi molli e duri, dai colori che partono dal giallo chiaro al blu. I pesci di un certa dimensione si distinguono appena in lontananza: scappano appena vedono la distruttiva sagoma umana. L'ombra proiettata sul fondale si muove piano, attenta e appassionata: chissa' se l'acqua riesce a trasmettere l'amore meglio dell'aria?
Tra poco mi attende il primo pasto dalla famiglia di pescatori, al villaggio. Ieri ho parlato con una giovane donna che si è offerta di prepararmi il pranzo per tre giorni. Emi, la signora, mi ha chiesto cosa preferivo mangiare. Ho risposto che andava bene tutto. Vivono in una casa di legno con il tetto in lamiera. Il marito di Emi, Jef, ha una piccola barca la quale ogni notte scivola tra le onde alla ricerca della principale loro sussistenza. Parlo a Jef della mia intenzione di raggiungere la vicina isola di Cabilao e lui si offre di accompagnarmi pagando solo il costo del carburante.
Mentre penso a Emi e a Jef, un grosso pesce, credo una cernia, scompare nella foschia del mare profondo.
Se gli occhi fossero davvero attenti si accorgerebbero che un bell'esemplare di Moorish Idol mi osserva da un corallo a forma di cratere. Invece sfugge l'incontro con questo pesce color giallo panna e nero, dalla lunga appendice della pinna dorsale mozzata da qualche sconosciuta avventura.
Il mare di Pangangan porta l'alta marea mentre percorro la strada in senso inverso. Non voglio fare aspettare Emi. 
 
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