sabato 3 luglio 2010

Da Pattaya a Bangkok

Il signore seduto davanti a me ha le mani scure e forti. I contorni delle sue unghie sono marchiate dal nero, forse e' il lavoro in officina. Porta una camicia blu ed un paio di bermuda verdi colmi di tasche laterali. Si e' portato per il viaggio un sacchetto di biscotti ed una bevanda color rosso venduta in tutto il mondo non certo per le sue proprieta' qualitative. Chissa' cosa andra' a fare a Bangkok il signore con la camicia blu, mi chiedo mentre ai fianchi scorrono colline ricoperte di alberi, palme da cocco, bandiere cangianti della Thailandia e ombrelloni dei venditori ambulanti. Un cielo monsonico costellato da nuvole in continuo accavallamento tra loro si libra sopra le nostre teste; una incomprensibile straordinaria ordinarieta' mi si posa sugli occhi e su quello che guardano, come se viaggiassi all'infinito.


Ancora una volta in movimento dentro il mondo, qui, assaporando The man with the movie camera dei Cinematic Orchestra, seduto nei posti terminali del bus. Volo insieme alla chitarra cinematica anche se la mente e' occupata ad elaborare quello che ho visto in questi ultimi giorni. Per riassumerlo potrei citare ancora musica con un crudo e realistico pezzo di Frank Zappa, ma basta far scorrere lo sguardo in avanti di alcuni posti per incontrare il classico frequentatore di Pattaya: maschio occidentale, abbronzato e tatuato, canotta, calzoni corti, capelli rasati per nascondere inutilmente la calvizie, corporatura abbondante e pancia da birra. A suo fianco l'acccompagna una ragazza thailandese che avra' venti anni meno di lui. Tento un difficile lavoro di fantasia ma non riesco ad immaginarmi questo individuo nel suo paese di origine; cerco di pensare che impiego potrebbe svolgere con la maggiore cattiveria possibile ma e' inutile, il lavoro e' troppo una cosa seria. Dalla finestra del mio alloggio questa mattina vedevo uomini vagare soli come zombie, anzi, come vampiri da film di serie B che fuggono dalla luce del giorno per rintanarsi nei loro lussuosi alberghi dopo una notte di alcol e 'Amore senza amore' (G. Marquez) in qualche hotel dalle pareti sporche con lenzuola rammendate da buchi di brace di sigaretta.

Il bus scorre veloce sotto questo cielo paziente zeppo di nuvole, anche se presto dovra' arrendersi alla periferia di Bangkok, dove il traffico infernale della citta' degli angeli rallentera' fino quasi ad azzerare il suo incedere. Quanti passeggeri, quante speranze e quanta solitudine piu' o meno infangata dovra' ancora portare?

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