venerdì 26 marzo 2021

Flora endemica canaria





 

lunedì 1 marzo 2021

Nel parco di Anaga. Tenerife nord

  

Il tranvia risale dal mare per raggiungere i 540 metri de La Laguna. Nella stazione degli autobus scopro che hanno ridotto le corse per Cruz del Carmen. Cambio il programma invertendo il giro: partirò da Punta del Hidalgo anziché arrivarci.

La costa di barlovento appena fuori dalla Punta è selvaggia, aspra, con le scogliere alte e nere di lava che trattengono la potenza dell’oceano. Sono le 11 e 50 del primo giorno di marzo quando le suole consumate delle scarpe si appropriano del sentiero numero 10 che conduce alla Croce del Carmen.

La luce diretta e potente irradia montagne aguzze coperte da bassa vegetazione, mettendo a nudo una valle strettissima che serpeggia lunga verso est, verso lo sconosciuto.

La traccia sale ripida a sinistra rispetto alla gola, immergendosi nella meravigliosa vegetazione endemica canaria di bassa quota: cespugli di tabaiba, il gommoso e strano verode che si gonfia d’acqua quando essa arriva, il cardón che sembra esattamente un cactus, aeonium a scelta. Piante da fiori gialli e azzurri si mescolano a qualche essenza introdotta dall’America come il fico d’india e l’agave.

Salgo svelto sul sentiero costituito da uniformi rocce chiare che virano al rosso, rigurgitate dalle profondità dell’oceano Atlantico, cominciando a incrociare stranieri e canari che sono partiti da Cruz del Carmen. C’è anche un gruppo di ragazze accompagnate da una suora.

Raggiunto il mirador di Aguaide, lo sguardo finalmente spazia dalle frastagliate coste che conducono alla fine settentrionale di Tenerife, per poi dirigersi nell’entroterra fatto da picchi affilati coperti dal verde. Il parco di Anaga.


Arrivato alla località di Chinamada, avverto che qualcosa di importante sta cambiando nel tempo: vento molto forte da est, e un cielo azzurro e trasparente che diventa via via fosco. Calima!?


Risalendo ancora verso la Croce la vegetazione cambia, dando sviluppo a boschi ombrosi di lauracee e, negli spazi più assolati, a bassi cespugli di jara di Anaga. Quando la pendenza si mitiga e le cime diventano rotondeggianti, compaiono prati e piccole coltivazioni agricole.

Anche se l’occhio destro è malmesso per qualcosa entrato col forte vento, nonostante la potente calima in arrivo che porta polvere dall’Africa, non riesco a non apprezzare l’ambiente circostante quasi prealpino, con colline boscose, piante da frutto e l’erba in fiore corteggiata da insetti che vogliono assolutamente ricominciare.

 

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martedì 9 febbraio 2021

A pochi metri dal paradiso: il rifugio Punta de Los Roques. La Palma

 

Grande gita oggi. La guagua 300 mi lascia al Centro visitatori del Parco nazionale Caldera de Tamburiente. Inizio di febbraio a quasi 900 metri di altitudine e la primavera nel centro dell’isola La Palma sorge all’improvviso con le erbe e i peschi selvatici in fiore, i richiami dei volatili e l’aria che profuma.

Dopo aver passato il santuario della Vergine del pino, il bosco di conifere endemiche impera. Magnifici esemplari di pino canario scorrono negli occhi adoranti. Il sentiero bianco e giallo n. 1 comincia a salire arrampicandosi per una costa che ascende fino alla leggendaria Ruta de Los Volcanes.

Il mondo là in basso e all’orizzonte appare come un puzzle incompleto causa le chiome degli alberi e qualche nuvola. Vedo a pezzetti una parte della Caldera, il Pico Bejenado, Los Llanos e l’oceano Atlantico senza più confini a ovest.

La traccia rocciosa sale a zigzag senza pietà. Supero un tedesco e poi una coppia che spinge bici elettriche.

Ben presto raggiungo il sentiero 131 lasciando l’oscurità della foresta dai rami grondanti di licheni. Sono sulla principale dorsale dei vulcani. Ahora sí.

Poco dopo il percorso tocca il versante est con una macchia estemporanea di Lauracee e il mare di nuvole basse che copre l’altra metà dell’isola fino a sud. Dal magma nuvoloso svettano lontani El Teide completamente innevato, La Gomera e El Hierro.

La salita verso il rifugio Punta de Los Roques dal Reventón segue il crinale vulcanico, tra pini e un sottobosco rado, dove spiccano piante dai fiori simili alla rosa canina, della famiglia delle Cistacee. All’ombra ancora qualche traccia di neve caduta tra il 4 e il 5 febbraio 2021.

La Ruta de Los Volcanes raggiunge in questo tratto il massimo di 2000 metri di altitudine, passando per il Pico Ovejas, mentre da ovest stanno arrivando nuvole più insidiose. Il sentiero scende.

Il refugio de Punta de Los Roques mi aspetta solitario, con una visione paurosa sulla Caldera di Tamburiente e l’imponente canyon/conca da essa creato. Osservo per lungo tempo il Pico de La Cruz, il Roque de Los Muchachos e gli abissi della gola, con il signore dell’arcipelago a sud est sempre presente. Al signore Teide riuscirò a rendere omaggio fino a quando le nuvole ascendenti copriranno i panorami.

 

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martedì 2 febbraio 2021

La Ruta de Los Volcanes. La Palma sud

 

Oggi voglio spingermi verso un punto mai raggiunto sul sentiero GR 131 che porta al rifugio El Pilar.

I boschi di pino canario cominciano appena sopra il paese di Fuencaliente. Respiro ossigeno impregnato da aromi di resina mentre il corpo si inerpica su colline che diventano sempre più alte. Dove la persistente coltre di aghi di pino non arriva, il sottobosco germina di piccole erbe e fiori di montagna. Dopo le benefiche piogge cadute nella prima metà di gennaio 2021, tutta la vegetazione sta rinascendo; quando le temperature si alzeranno forse spunteranno i funghi.

Seguo attentamente i segnavia bianchi e rossi con la mente che si libera ad ogni passo, calpestando un terreno che alla sabbia vulcanica alterna rugose rocce di colate che ancora non si sono mimetizzate nel paesaggio. Supero una coppia di anziani tedeschi.

Oltrepassati i 1000 metri il percorso diventa meno pendente, offrendo alla vista magnifici esemplari di pino le cui spesse cortecce conservano ancora le vestigia di incendi passati. A giudicare dalle giovani piante, sono almeno tre anni che il fuoco non si propaga.

Quando arrivo sotto il vulcano Martín tutto diventa straordinario: sovrastando il mare di nuvole che guardano a est e a sud appaiono le cime delle isole El Hierro e La Gomera, mentre sua maestà innevata il vulcano Teide, 3715 m, domina Tenerife.

Il cammino faticoso su fini lapilli conduce al cratere del Martín a 1550 metri e quindi a una serie di vulcani sempre più alti della formazione orografica che da sud dell’isola di La Palma raggiunge i punti più alti con la Caldera di Tamburiente. Pini canari pongono radici su terreni di color rosso, mattone, grigio e nero.

Dopo la parete de La Deseada sopra i 1900 metri, il sentiero scende verso un paio di vulcani neri. Qui il vento si è finalmente fatto sentire, anche se continuo a rimanere in maniche corte.

I passi portano fino a un immenso canyon, oltre il quale la Ruta de Los Volcanes 131 si abbassa fino al rifugio El Pilar. Ho raggiunto l’obiettivo: 12-13 chilometri toccando tutti i vulcani più significativi della dorsale sud; crateri dalle forme e colori più disparati, colate di lava che hanno rigurgitato nell’oceano, isole dell’arcipelago che crescono oltre le nuvole. Ora devo scendere. Le giornate di febbraio sono ormai lunghe; la luce illuminerà i Panorami ancora per molto.

 

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