giovedì 12 luglio 2012

I gatti della Malesia

I felini, quelli piccoli, sono gli animali che incontri piu' facilmente in questo Paese. Nei mercati o nelle stazioni dei bus periferiche, nelle case e nei luoghi piu' impensabili i gatti estendono la loro ubiquita' in ogni dove. Sono tigrati, neri come le pantere che immaginava Salgari, neri variegati rosso, oppure meticci e siamesi dagli occhi limpidi, bianchi con macchie scure o tigrate a scelta; insomma, un un universo colorato che domina queste terre prossime all'Equatore. L'adattamento a climi decisamente caldi ha ricoperto i gatti della Malesia di un manto corto e poco fitto, permettendo di osservare meglio il loro corpo aggraziato: gambe lunghe e sottili con il capo proporzionato al tronco snello. Oltre ad apprezzare una forma ed un movimento che nel mondo animale non ha praticamente uguali, l'essenzialita' dovuta al pelo raso li fa apparire ad un occhio esterno quasi nudi ed ancora piu' magri di quello che sono.
Nella homestay dove sono ospitato scorazzano almeno tre femmine con altrettanti cuccioli. Questi ultimi li vedi giocare muovendo freneticamente zampe piccole e teste enormi sovrastate da orecchie altrettanto pronunciate, poi li trovi distesi sul pavimento esangui, a smaltire l'ebbrezza del gioco conoscitivo e del calore disarmante. Questa famiglia allargata lentamente ha imparato a conoscermi e sempre di piu' apprezza le mie attenzioni nei loro confronti; in particolare un gattino bianco e nocciola stile siamese mi si avvicina mordendo lievemente i bordi delle mie infradito, per poi farsi coccolare quasi a premio per l'azione compiuta. Spesso lo trovo dormiente su una sedia di plastica o in un angolo buio del patio.
L'altro giorno ho visto un maschio tigrato di rosso con testa e collo pronunciati, portante diverse cicatrici di guerre piu' o meno recenti. Ovviamente non ha fatto caso ne' alle femmine ne' ai cuccioli ma si e' diretto verso la cucina nel modo compassato di un ufficiale decorato prossimo alla pensione.
Quando la luce del giorno cede tempo all'imbrunire, quasi per comando alieno gli adulti cominciano a muoversi nel mondo, tornando a prendere effettivo e silente controllo del territorio.
I gatti della Malesia sono magri e minuti, forse per il pelo raso, forse per una non esauriente cura ed alimentazione, ma pare che il loro controverso rapporto con l'invasivo genere umano e con l'universo che li circonda non sia troppo detestabile, anzi.

giovedì 24 maggio 2012

Le viscere di Buenos Aires

E' seducente uscire nell’attimo del tramonto. Invasa dalla primavera che gira intorno ai volti e ai palazzi illuminati di chiaro rosa, Buenos Aires si disvela nella sua essenza. Muovo e muovo gambe che conoscono il suolo, mentre il sole viene prosciugato dietro la metropoli. Rilucenti bus vintage mercedes di linea sfrecciano lungo strade immense insieme ad auto e pedoni che tornano dal lavoro. Il traffico diminuisce lentamente e con esso si allenta Bs. As.la foga del giorno.
Scendendo qualche minuto fa dalla stanza dell'ostello nella avenida de Mayo, ho salutato Chantal, l'incaricata della reception, la quale mi ha invitato a un mate.
Mi allontano veloce dal centro per inoltrarmi nelle viscere del quartiere Monserrat. Trovo vie poco trafficate dove bambini giocano sul marciapiede, osservati dalle madri alle finestre, dove coppie di signori anziani escono a bere un calice di vino in locali stupefacenti nella loro austera semplicita', mentre uomini senza volto immigrati da Perù e Bolivia raccolgono informalmente carta ed altri rifiuti.
Prendo strade a caso inabissandomi sempre di piu' nell'oscurita' della metropoli che non finisce. Nel 2007 andavo a mangiare il bife nella zona di Parque Patricios prendendo la Subte, adesso in venticinque minuti vado al Nuevo Castel's. Mi è stato consigliato da diversi abitanti del quartiere. Dopo l'Independencia ho meno di due cuadras in giu' e sono arrivato a destinazione.
Questa sera il mate di Chantal mi ha preso del tempo, quindi devo mettermi in coda fuori dalla porta d'entrata. Il Castel's e' sempre pieno di gente.
Nella fila davanti a me ci sono una coppia di signori che pare abbiano conosciuto tempi migliori, una famiglia con tre bambini e due giovani. Arrivano altre persone che aspettano fumando sigarette silenziose.
Dopo un quindicina di minuti il cameriere mi invita ad entrare. Il Castel's è un ristorante come tanti in Argentina o in Europa del centro-sud: lungo e piuttosto stretto, piccoli tavoli e sedie in legno, pareti ricche di poster e fotografie a tema, prosciutti appesi alle pareti e formaggi stuzzicanti sulle mensole sopra il banco. Camerieri e cuochi veloci. Ordino un bife de chorizo jugoso con purea e verdure. Mezzo paradisiaco chilo di controfiletto di carne alla parilla.
Accanto a me due uomini d'eta' discutono nel loro enfatico accento porteño, animati da una bottiglia di vino. Cominciamo a parlare insieme. Sono entrambi attori in pensione residenti nel quartiere. Quando arriva il bife de chorizo chiedo loro qualche minuto per gustare la prelibatezza: una piccola montagna di carne tenera, sugosa, saporita, che il palato, la lingua e la bocca intera centellinano a lungo prima di ingerire. Carne alla brace con un pizzico di sale, null'altro per raggiungere l'incomparabile.
I due signori mi raccontano i loro ruoli nelle pellicole argentine, di quando conobbero un importante regista italiano nel tempo in cui: “Quel Paese produceva ancora film come si deve”.
Ormai inevitabilmente lontano dall'infuocatamarip Santa Cruz, sollevo ancora polvere di terra americana, accompagnato da un attore in pensione, mentre le parole sciamano lentamente nell'aria che non puo' tornare.
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lunedì 23 aprile 2012

Viandanti su Buenos Aires

E' sufficiente uscire dalle vie del grande commercio e del turismo per inalare la fragranza invisibile di Buenos Aires. Un'atmosfera impossibile da determinare che mischia odori di lavoro e di collettivita' irradiata a tela di ragno, vento di metropoli contaminato da vigorose brezze social-popolari provenienti da tempi non lontani e storie di genti. E' raschiando la pelle sulla strada, annusando i muri porosi delle case, inspirando il tempo per lasciarlo libero insieme all'aria che le cose si riescono lievemente a percepire. Un poco.
Nell'ostello ieri ho conosciuto Gu Tae, un ragazzo coreano alla scoperta dell'America australe. Altezza media, magro ma non esile, capelli neri indomabili. L'ho portato nel colorito ed intasato quartiere La Boca. LBAppena fuori dalle sgargianti vie colme di procacciatori, file di bus e comitive di turisti, abbiamo incrociato famiglie dedite al rito della carne alla parilla in strada, negozi d'altri tempi con proprietari che portavano gli stessi aromi della loro merce, case ingobbite, oscure, con tetti e pareti in lamiera ondulata e finestre piccole, trasudanti vicende antiche d'immigrazione.
Vagando casualmente per vie e strade siamo arrivati dietro lo stadio del Club Atlético Boca Juniors; non so come e non ricordo per quale strano percorso, qualche minuto dopo eravamo tra le scalinate vuote dello stadio, attorniati da boca jsedili di plastica e da insegne pubblicitarie vuote di significato, con sotto l'erba che guardava il cielo pieno di America.
Nell'area coperta dello stadio, sotto le gradinate, abbiamo trovato diversi gruppi di ragazzini guidati da giovani allenatori. Anche qui siamo stati ad osservare in silenzio le persone, cercando di guardare il mondo con le loro iridi: i bambini che si passavano la palla con la serieta' che emula gli adulti, lo scanzonato trainer, i genitori ansiosi e compiacenti pronti a riportare a casa i figli. Inspirando profondamente l'aria leggera e popolare del luogo.
Prima di prendere il bus di linea per tornare in centro, Gu Tae dice che vorrebbe mangiare un gelato. Immagino che avesse letto da qualche parte che a Buenos Aires fanno buoni gelati, oppure solamente aveva voglia di mangiarne uno, in ogni caso siamo andati alla ricerca di una gelateria.
Seduti su una panchina di legno saziandoci di gelato, con la calda primavera che vola sulla citta' della Buona Aria, Gu Tae mi ha raccontato del suo paese, delle colline verdi, del traffico e dei clacson di Seul. Io ho parlato di una citta' lontana piena di mercati e di case bianche, di caldo vento Norte che porta la sabbia dei fiumi tropicali e mescola ricordi privi di oblio.
Due citta', due mondi, veicolati da nostalgici epigoni della solitudine.
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martedì 27 marzo 2012

Il cuore di Buenos Aires

I pappagalli volano insieme nella citta' della Buona Aria. Il loro movimento in dissonanza col vento li ha fatti posare sui rami dell'immenso toborochi che si espande sopra di me. I piccoli e rumorosi uccelli verdi beccano il contenuto fibroso dei frutti del toborochi, il palo borracho, l'albero dal tronco panciuto.
Osservo in silenzio gli animali dal prato della plaza San Martín. Sono disteso sull'erba giovane che la primavera ha portato, mentre viaggiatori, funzionari, coppie di ragazzi, transitano dal centro verso le stazioni di Retiro. Rumore di brezza marina e di volatili che cantano la stagione della luce si mescola al rombo del traffico della grande avenida Del Libertador.
Pappagalli e palo borracho. Uno dei simboli di Santa Cruz è il toborochi. In mezzo a Toborsensazioni di tropico dove il sudore svanisce nell'asfalto bollente della strada e la pelle scorticata ogni giorno a sangue incontra se’ stessa nella solitudine, i pascoli immensi fuori dalla Citta' della Croce potenziata offrono visioni di palme motacú, bibosi rampicanti  e toborochi incastonati nel cielo d'America; nella selva che scompare per sempre dal patrimonio della Terra si possono ancora osservare pappagalli giganti Ara dal volo maestoso. In quella citta' lontana il mese di giugno esibiva pingui toborochi fioriti di rosa e rosso pastello.
Dopo aver vagato per il Microcentro, in tarda mattinata mi sono recato al terminal dei bus di Retiro per informarmi sugli orari delle destinazioni verso il Sur, il Sud. I prezzi sonoav. del Lib saliti in modo osceno rispetto al 2007. Da domani andro' a dormire nell'ostello vicino al mio alloggio. Guardo gli uccelli verdi sfibrare il bianco dei frutti dell'albero, addormentandomi nel cuore di Buenos Aires.
Mi fermo qualche secondo ad osservare il cartellone, tra la confusione di gitanti, venditori ed impiegati. E' una promozione turistica governativa della provincia norteña di Misiones. Non volevo passare per la calle Florida, invece mi trovo qui, assorto ad osservare il poster. In pochi istanti decido di modificare i programmi: “Acquisto un pass di cinque viaggi a lunga percorrenza con l'autobus, e mi lancio anche al Norte, dalle parti di Iguazú!”, dico con rinnovata contentezza. Un'amica conosciuta nella Regione dei Laghi, affermava: “La curiosita' verso il mondo, la liberta', si ingigantiscono nel viaggio indipendente”.
Sotto gli affascinanti palazzi bianchi la via pedonale è colma di lucidi negozi di artigianato, di caffe', di bancomat e di venditori ambulanti. A quell'ora pomeridiana la gente è tanta, troppa, che ti obbliga a rendere frammentaria e fugace l'osservazione; accelero il passo per dirigermi nella via San Martín, verso la piazza De Mayo.
La sera il mondo sembra diverso. Nelle grandi citta' l'imbrunire porta una fresca, elettrizzante tranquillita': la gente si muove con passo rilassato, parla forte, ride, gode dell'aria e degli spazi liberati.
Sposto i passi lievemente intorpiditi da una birra fino ad incrociare il viale immenso; forse correndo veloce veloce si potrebbero attraversare tutte le diciotto corsie della avenida 9 de Julio. Continuando a percorrere Congril viale De Mayo verso il Congreso, gli occhi si spostano dalle vetrine gaie dei ristoranti, ai platani dalle foglie giovani, per raggiungere gli edifici stile europeo che culminano in torri e cupole.
Dopo aver passato la Inmobiliaria ed il maestoso palazzo Barolo sono nella piazza del Congresso: negli spazi verdi, signori distinti portano a passeggio il cane ed improbabili sportivi fanno ginnastica su fazzoletti di prato. Nel lato sinistro della piazza intravedo diversi gruppetti di persone. Mi avvicino e capisco che sono uomini e donne senza fissa dimora che stanno ricevendo pasti caldi da un gruppo di volontari.
Sotto il buio della citta' che guarda alla primavera rimango ad osservare il palazzo del Congreso e le case, le persone sedute nei bar alla moda e i senzatetto curvi sui gradini della strada.
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