sabato 11 febbraio 2023

Il sentiero della Desolazione. Regione dei Laghi. Patagonia cilena.

 

Saluto con affetto Andrés, Dominica e i loro due biondi bambini e prendo il bus per Petrohué. Sono nel cuore della fantastica regione dei Laghi. Sotto il cielo blu della Patagonia navigano nuvole veloci spinte dai venti occidentali.

Dopo aver passato un lungo percorso nel bosco del parco nazionale Pérez Rosales, il micro ci scarica a Petrohué. Subito mi registro nel centro del Parco, chiedo una mappa a un guardiano e imbocco il sentiero che porta al passo della Desolazione. 11,5 km e 5 ore, andata. Non so se ce la farò, nel pomeriggio devo tornare a Ensenada.

Il cammino è composto da terra vulcanica prodotta dall’Immenso Osorno e si immerge in un bosco di coihue che lentamente si diradano. Attraverso letti di torrenti asciutti che d’inverno sono fecondi d’acqua dolce e, di seguito, inforco il sentiero che sale a sinistra. Verso il passo.

Da un punto panoramico posso ammirare tutto quello che ci circonda: a est, verso l’Argentina, oltre il mare di coihue, si vede un ampio lembo dell’ampio lago Todos los Santos; a sud e a nord spiccano cime le cui sommità sono nascoste dalle nuvole, mentre a ovest comincia a delinearsi la Sua figura. Ma di lui parleremo quando saremo più in alto e più vicino. Nessuna visione del cerro Tronador o del Puntiagudo.

L’altopiano della Desolazione lo raggiungo con fatica dopo una serie di ripide ascese sulla ghiaia vulcanica. Nessun essere umano è visibile; solo cespugli, piccoli alberi, erba, piante succulente e rocce grigie. Lontano dalla massa di turisti nazionali, soprattutto santiaguinos.

Il cammino che porta al paso de la Desolación prosegue quasi pianeggiante; alla destra scorrono una serie di montagne selvagge coperte da alberi nella loro parte inferiore, mentre a sinistra sto girando attorno a Lui, 2650 m, ancora pieno di neve nella parete sud. Il vulcano Osorno. Una maestosità conica notabile a centinaia di chilometri di distanza. Probabilmente la montagna più bella di tutta la regione dei Laghi.

Il passo della Desolazione lo guadagno con un totale di due ore e quaranta minuti. Il luogo in sé sarebbe insignificante, se non fosse per la vicinanza del Osorno. Qualche persona sale dalla parte opposta, dal lago Llanquihue. Ci sarebbe molto da scrivere su questo grande lago, ma per adesso ci limitiamo a scendere da dove son venuto. Le cicatrici ormai sono rimarginate.

 

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venerdì 27 gennaio 2023

La Laguna Corazón. Los Ríos, Cile

 

Il micro mi lascia all’entrata della via sterrata che conduce alla riserva. Per raggiungere il paese di Liquiñe il mezzo ha percorso una strada che violava enormi estensioni di tessuto boschivo; poi il minibus è precipitato in una valle enorme, ricca di pascoli, acqua e piccole fattorie in legno.

La strada rurale in costante ascesa e il secco di gennaio preannunciano l’unico elemento poco piacevole del giro: la polvere. Il traffico locale è almeno ridotto a qualche scassato pick-up. Così immagino.

Il sole costante potenzia con vigore l’estate australe, mentre la vegetazione delle zone coltivate collinari offre poca ombra. Cammino spedito sulla strada bianca di polvere, con la ferita aperta nella gamba che quasi non sento. Sento invece l’avvicinamento di un mezzo pesante. Mi sposto. Quando il camion a pieno carico passa davanti alla mia figura si ferma. Tra i fumi di polverume qualcuno lassù mi fa il segno di salire. Bueno. Conosco così Javier, un camionista che sta prolungando una strada di montagna facendo arrampicare il suo Iveco per posti quasi impossibili. Quando siamo al vero accesso alla riserva, Javier mi propone di conoscere il lavoro che stanno operando. “Andiamo”, rispondo.

Dopo la registrazione e il pagamento dell’entrata sono sul sentiero che porta alla laguna Corazón o Ancacoihue (mapuche). Presto abbandono i pascoli per entrare nel bosco. Nei luoghi dove gli alberi si diradano si possono ammirare in lontananza le spettacolari cime del vulcano che fuma, il Villarrica, e l’argentino Lanín, 3770 m.

Altrettanto affascinante si sta configurando la foresta che lentamente penetro. Grazie ai cartelli in spagnolo e mapuche imparo a conoscere piante come il vigoroso tepa e la sottile quila. Il sentiero ora diventa quasi pianeggiante, con una conseguente discesa che porta… alla laguna. È uno specchio d’acqua a forma di cuore contornato da giungla temperata impenetrabile. Alberi maestosi di un bosco che appare primario si riflettono nel liquido calmo, duplicando la loro presenza quali custodi immortali del passato, della mia fugace presenza, e di quello che avverrà dopo. Alti, più prossimi al Cielo.

Percorro una breve traccia che costeggia la laguna Corazón, accarezzando le cortecce degli alberi antichi, tutti coihue, appartenenti alla famiglia delle nothofagaceae, essenze native di questa parte di Cono Sur americano. Rimango a lungo su una panca di legno di fronte alla laguna a scrivere e a riflettere quello che ieri mi ha raccontato un istruito giovane mapuche, sulla vita dei suoi antenati e la convivenza pacifica e non della loro gente con il potere statale.

Le gambe vorrebbero portarmi avanti, nella selva pulsante.


 

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domenica 15 gennaio 2023

Identità sfocate. Da Santiago alla Araucanía lungo la Panamericana

 

In pochi minuti la metropolitana mi porta dalla Universidad Catolica al Terminal Sur. L’autobus a due piani salón cama della Transantin sta aspettando.  786 chilometri sulla ruta 5 Panamericana. Salgo verso l’alto. Partiamo. Volo ancora.

Incorporo tutta l’aria che passa attorno mentre mi libro piano, respirando tutti i chilometri, uno dopo l’altro, con il piacere che non declina, nonostante la stanchezza. Scorrono San Fernando, Talca, Chillán, con i frutteti carichi di colori che omaggiano l’estate australe, lasciando indietro l’aridità e le devastazioni umane della periferia di Santiago. Il vento che viene dalla Patagonia si insinua tra le foglie di pioppo e olmo che brillano alla luce dello scudo luminoso.

Ancora una volta Mirando al Sur, guardando a sud, ammaliato dalla strada e dai panorami. Le Ande si nascondono ancora nella foschia della lontananza; i loro fiumi irrigano le coltivazioni e il mondo circostante.

Cosa ci sarà dopo il viaggio di oggi e quello di domani? Chi è quella anima che si dirige a sud? Dove sono le sue appartenenze e le sue identità? Tutto muta così in fretta, eppure mi sento tremendamente a mio agio, come se sempre avessi compiuto questo percorso, i molti percorsi.

Il sole lentamente si sposta a occidente, cambiando le ombre determinate dagli alberi e dalle case in legno, mentre un cartello in basso annuncia che mancano 118 chilometri a Los Angeles. 

La Panamericana continua a fluire sotto e dentro me.


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martedì 15 novembre 2022

Dalla gola Kavros a Loutro. Creta

 

Quasi per caso mi imbatto nella descrizione di un percorso non consueto: raggiungere l’ameno villaggio di Loutro passando per un canyon sconosciuto ai più, Kavros. Subito l’idea mi attira, considerando la formidabile qualità e quantità di queste conformazione naturali presenti nell’isola di Creta.

Dopo aver goduto delle visioni ampie sul mar libico che concede la strada deserta conducente ad Anopolis da Sfakià (Hora Sfakion), giungo a un tornante che asseconda una potente linea di livello: da una parte la spiaggia di Ilingas, dall’altra il profondo solco nella falesia. Non ho alcun dubbio di preferire la seconda opzione. Per oggi.

Nonostante Kavros gorge nella sua parte iniziale appaia piuttosto ariosa con qualche ometto decadente che indica la via, il sentiero antico posto leggermente in alto rispetto al fondo della fenditura quasi subito si nota che è franato, quindi non resta che muoversi in basso, con le pareti della montagna progressivamente in avvicinamento. Cespugli come il timo arbustivo, l’aulaga, la cimiciotta, germogliano tra pietre sagomate dal tempo; una natura avara condizionata da stagioni estreme. Nelle zone che possono beneficiare di una ombra parziale crescono ginepri.

Muovo i piedi guardando la falesia che cambia con l’angolazione della luce, delle forme e dei colori, con le pupille che continuamente si adattano, accecate dai contrasti del sole e dell’ombra. Muovo i passi con moderata attenzione, senza fretta, seguendo una traccia ormai definita solo dal passaggio delle capre. Qualche ometto solitario appare ancora.

È nei tratti più stretti della gola che sento la profondità della montagna, la vibrazione del suo grembo, riparato e contemporaneamente esposto al mondo sconosciuto là fuori.

Dopo aver passato una parete con facile arrampicata, mi rendo conto che il tempo sta passando velocemente in un canyon che pare infinito. Due preoccupazioni si affacciano: siamo a metà novembre e le piogge di ottobre possono aver causato frane e bloccato la via. Il secondo motivo di tensione è quello delle diramazioni della forra che potrebbero portare perdita di tempo e di orientamento. Cerco di camminare veloce tra i disagevoli ciottoli modellati dalle intemperie, rallegrandomi quando incontro delle pietre impilate non casualmente. La vegetazione di maggiore altitudine offre cipressi, querce e qualche acero sempreverde.

Sono passate due ore e quaranta minuti e circa sei-sette chilometri di sviluppo quando vedo una strada sterrata che sale a sinistra, dopo una cisterna dell’acqua. La gola di Kravos continua. 700 metri di altitudine, ancora in ascesa.

Ci sarebbero aneddoti legati alla strada di terra che conduce ad Anopolis come l’allevatore che mi chiede stupito da dove vengo o i due cani aggressivi incatenati ai lati dell'obbligato percorso, invece preferisco saltare temporalmente appena più avanti, appena sotto la chiesa di Santa Caterina, sull’ultima cresta di montagna che separa dalla costa. In basso si nota un immacolato borgo, una gemma, raggiungibile via mare o attraverso sentieri: Loutro. Quando arriverò al villaggio deciderò di tornare a Hora Sfakion a piedi.

 La traccia danza a zig zag verso il mare della Libia, vertiginosamente. La prendo.

 

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