martedì 15 novembre 2016
domenica 30 ottobre 2016
Il ghiaccio del Kolahoi, 5425 m

All'aria sottile dei tremila metri, al sole giovane che illumina di sbieco quello che gli occhi hanno la grazia di vedere, si aggiunge un'ulteriore piacevole notizia: i due figli dei nostri ospiti pastori ci accompagnano verso l'alto. I genitori infatti hanno lasciato un giorno libero ai due giovani per venire con noi. Il ragazzo è sveglio, impertinente, gioviale e veloce come un fulmine. Un animale di montagna. La ragazza sedicenne è un po' robusta, tranquilla ma per nulla timida. Come in altri casi in questa parte di viaggio kashmira a contatto con le famiglie, si è mostrata un paio di volte senza il velo islamico. Ho subito legato con i due ragazzi.

Quando diviene più faticoso camminare sulla neve, prendiamo un ripido sentiero alla nostra destra, e, oltre una collina coperta da cespugli simili a rododendri, la mente satura di passione scorge l'inaspettato: un picco perfetto e ripido di erge verso est, verso il Ladakh, a coronare la sequela di cime imponenti. "E' la punta più alta del Kolahoi", spiega l'amico Manzoor.

Con il figlio dei pastori raggiungo quota 3700, il bordo dell'antica morena dalla quale dominiamo il gruppo montagnoso.
Ai margini di una turbolenta Asia centrale, in una ordinaria, limpida, giornata estiva, veneriamo lo straordinario panorama sotto e sopra di noi fatto di rocce, ghiacciai, crepacci e rumore d'acqua che si mischia a quello del vento. Stiamo in silenzio di fronte alla vetta aguzza del Kolahoi, dove la Natura, come non mai, riesce a congiungere il corpo allo spirito.
lunedì 10 ottobre 2016
martedì 27 settembre 2016
Insieme ai pastori kashmiri

La famiglia è composta da padre, madre e due figli. Quando non si trovano nei pascoli i figli, un ragazzo e una ragazza, frequentano la scuola. L'uomo ha occhi chiari e penetranti, fisionomia centro-asiatica, di poche, accorte, parole. Il contrario della moglie chiacchierona. La figlia sedicenne rimane in tenda aiutando la madre ed il padre. Il ragazzo invece sale in alto con le pecore ed un altro pastore alle loro dipendenze.
Siamo arrivati relativamente presto in questa specie di campo base famigliare, quindi possiamo consumare un pranzo tardivo tutti insieme. Dopo il rituale tè salato, finalmente mangio un pasto con piacere: il curry che accompagna il riso è composto da verdure e pezzi di formaggio di pecora. La madre cucina su un piccolo forno di terracotta alimentato a legna.
Fuori c'è il sole, sotto la tenda la temperatura è perfetta. Facciamo un riposino con una montagna di coperte ed abiti come schienale, semisdraiati sui tappeti. Dall'inutilizzabile telefono mobile del padre escono

concilianti musiche kashmire. Un triangolo di panorama fa entrare nella tenda immagini di cespugli, neve decaduta, ed il rumore del fiume Lidder che viene dai ghiacciai. Questa straordinaria ordinarietà mi confonde ed esalta. Sono per il secondo flutto, il primo rischia di travolgere, offendendo le percezioni.
La tenda dove dormiremo per due notti è a perimetro rettangolare, grande abbastanza per ospitare 6-7 persone. Nei suoi tre lati è riparata da pietre accataste, mentre l'entrata, dove è situata la cucina, guarda verso valle. La piccola cucina è attorniata da legna da ardere pronta all'uso. I due teli impermeabili che la coprono sono sostenuti da pali di betulla. Da uno spiraglio esce a fatica il fumo prodotto dal focolare.
Con Manzoor esco a fare una camminata. Il pomeriggio è ormai avanzato. Saliamo un poco la valle alla ricerca del nostro cavallo lasciato libero a pascolare. Manzoor mi mostra una sorgente d'acqua dalla quale fare rifornimento. Dopo la tenda e una fascia di grossi massi, la stretta conca offre alle iridi nevai situati sul lato nord e cime che tentano inutilmente di serrare la visuale alla montagna di 5400 metri che annienta il fiato.
Tutto è uguale ed al contempo diverso: i monti, le rocce, i ghiacciai, i prati; tranne qualche particolare, le montagne esotiche che ho di fronte mi risultano nel loro insieme familiari... Sono le persone, le abitazioni, il modo di vivere degli esseri umani che confondono ancora una volta, riportandomi in un'altra vita, in un mondo passato che torna, che si riproduce quasi inalterato da migliaia di anni.

I ghiacciai del Kolahoi presto splenderanno della luce obliqua del tramonto.
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