Prima di giungere a Santa Cruz i globi immacolati hanno conosciuto cittadine come Warnes e Montero, passato una moltitudine di corsi d'acqua, tra cui primeggia il rio Piraí; tappeti di pascoli infiniti con fattorie, panorami di alberi tropicali e bovini a scelta, visioni di piantagioni di canna da zucchero e di stabilimenti dell'agroindustria, di strade asfaltate e strade marroni. Immerso tra le palme e i prati ad un certo punto spunta il rettangolo scuro dove risiede l'aeroporto Viru Viru; anche se non è nulla rispetto a quello conservato nella memoria delle evoluzioni nuvolose, i viaggiatori che qui atterrano hanno assaporato piacevoli visioni.
Quasi tutti siamo a conoscenza del potere omnisciente delle nuvole, tuttavia qualche giovane paffuto virgulto non ancora bene formato, vedendo quello che gli scivola sotto, potrebbe immaginare che il vento del Norte riservi loro la savana secca del Chaco e poi le lunghe terre del sud. Invece la Città de la Sierra, la metropoli costruita sull'erosione naturale delle montagne, arriva come giungono i fenicotteri nel documentario musicato magistralmente dai Cinematic Orchestra.
www.youtube.com/watch?v=3smd5Ni3C0g
Le nuvole volano alte nell'empireo con il vento e gli uccelli e le stelle come compagni, eppure non riescono a scorgere la fine del conglomerato urbano che si dipana laggiù, in basso. All'inizio sono i nastri d'asfalto che diventano sempre più trafficati, poi le fabbriche, i magazzini, i distributori di combustibile e case basse disposte a mosaico da un architetto fantastico. Già dalla periferia si intravedono molti puntini a due zampe in costante evoluzione: vendono in strada qualsiasi cosa possa risultare commerciabile, salgono e scendono dai micros, suonano il clacson, entrano nei supermercati, attendono un amore perduto, offrono piacere vuotato d'amore in cambio di denaro, controllano le ville e i condomini alti dei ricchi per pochi denari, cercano una vita nuova o ingannano la propria sfortunata esistenza. Si muovono come formiche ubique assetate di qualsiasi bene. Sono le stesse formichine che a nord, ad est ed a ovest divorano foresta senza fermarsi. Alle nubi immacolate piacciono poco gli uomini. Quasi per nulla.
Il vento proveniente dall'Amazzonia boliviana riesce a spazzare via l'umidità e lo smog che aleggia sulla Città della sabbia, permettendo alle nuvole di dominarla meglio dall'alto: ecco i suoi anelli concentrici, le sue strade larghe ed i suoi alberi in fiore. Ecco i tetti di tegole marroni imbrunite dal tempo e dai licheni, le lamiere e i teli dei suoi mercati rionali.
Prima, non tanto tempo fa, era solo il segundo anillo, poi, per quei giovani europei colmi di vita dai capelli lunghi era il tercero, ora sono quasi una decina gli anelli che circondano Santa Cruz.
E' il preludio della città.
Diritti riservati Creative Commons