domenica 27 dicembre 2020

Cofete, Jandía. Fuerteventura sud


La guagua (autobus) che porta a Cofete è una via di mezzo tra un camioncino e una lunga jeep. Prendo posto sulla sinistra, dalla parte del mare. Alle 10 siamo sulla strada che porta verso ovest. Quasi subito il percorso diventa sterrato e il mezzo a quattro ruote motrici si trova al meglio. Il mare, il deserto, le colline di Fuerteventura, sotto il sole e il cielo, dal finestrino impolverato della guagua diventano una cosa unica: i dettagli, i componenti si uniscono in un puzzle perfetto.

La strada costeggia basse montagne, bordi affilati di crateri per nulla antichi che hanno perso le sembianze di vulcani.  Il terzetto di ragazze tedesche sedute dietro esclamano di piacere quando individuano spiagge di sabbia chiara che si aprono inaspettatamente tra le scogliere.

Dopo diversi minuti di viaggio il mezzo gira verso nord, inerpicandosi tra tornanti ai cui lati primeggiano pietre scure smussate dal tempo e cespugli che riprendono vita grazie alle avare gocce di pioggia cadute in questo dicembre 2020.

Arrivati ad un passo, la guagua si ferma. L’autista ci guarda dallo specchietto dicendoci che possiamo scendere per fare foto. Il panorama da questa parete vulcanica ci mostra in basso una infinita spiaggia sulla quale si infrangono potenti onde che danno vita a una lunga scia di spray marino veicolato dai venti Alisei. Cofete.

Nella discesa la vegetazione  aumenta di intensità: pur nella loro lotta quotidiana cespugli, qualche erba e cactus riescono a vincere l’austerità del territorio.

L’autobus passa il minuscolo villaggio di Cofete, quindi si ferma di fronte alla distesa di sabbia.

Dopo aver camminato per diversi chilometri sul lungomare, incantato dai suoni delle onde e del vento, raggiungo Cofete per prendere il sentiero che mi riporta a Morro Jable attraverso Gran Valle. All’inizio del percorso il cartello indica un tempo spropositato per raggiungere la destinazione: quattro ore e cinquanta.

Sono le 14:30 e il sole a dicembre tramonta alle 18. Dovrò accelerare molto il passo. Non sono preoccupato.

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domenica 22 novembre 2020

Tra i vigneti di La Geria, Lanzarote


Appena dopo il paese di Uga i piedi sperimentano i lapilli del sentiero che entra nella regione vitivinicola di La Geria. Il paesaggio è straordinario: colline vulcaniche tappezzate da viti e da qualche altro albero da frutto in un ambiente quasi surreale che pare costruito da un artista.

Percorrendo il sentiero in lieve ascesa riesco a vedere meglio la sistemazione dei vigneti in un territorio estremamente ostile. Le essenze sono collocate a gruppi in poste sotto il livello del suolo per sopportare meglio i venti da nord e il caldo. Attorno alle singole coltivazioni sorge una mezzaluna, una trincea di muretti a secco. Tranne le coltivazioni più recenti, la maggioranza di questi frutteti non beneficia dell’irrigazione a goccia. Sono mesi e mesi che cade nulla dai cieli di Lanzarote.

Vedo un agricoltore alle prese con le sue piante e mi avvicino. <Buon giorno, che bel paesaggio! Sta mettendo a posto il terreno attorno alle viti?>

<Sì, il vento e il secco fa franare la terra attorno le piante, allora bisogna governare ogni singola posta>, mi risponde, aggiungendo: <la maggioranza dei coltivatori qui hanno poche centinaia di piante e lo fa per diletto, meno per guadagno.>

Rimaniamo a chiacchierare una decina di minuti utili al sottoscritto per conoscere qualcosa di nuovo. I lapilli, la ghiaia vulcanica, riescono a trattenere la poca umidità, consentendo alle radici di vite di svilupparsi. La Malvasia è una delle cultivar preferite.


La strada agricola continua verso La Asomada fino a un cartello che indica il sentiero che porta al cratere che vedo sulla sinistra. Decido di salirvi per una traccia ripida.


Il vento da nord è molto forte dalla bocca del vulcano. Una bocca imperfetta dato che la lava ha fatto franare buona parte della sua parete circolare. Qui, sulla terra divenuta improvvisamente chiara, sotto la possanza del vento e del sole di una calda giornata novembrina, lo sguardo domina oltre Arrecife a nord, e la magnificenza della isola de Lobos e le prolungate dune di sabbia paglierina di Corralejo verso sud.

 

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martedì 3 novembre 2020

Jandía


 

domenica 1 novembre 2020

Verso Punta Jandía, Fuerteventura

 Mi trovo all'estremo sud di Fuerteventura in una calda giornata di novembre 2020. Esco dal pueblo di Morro Jable e subito sono nel deserto. I suoni dei venti Alisei rimangono anche oggi dormienti; solo una brezza sottile da est accompagna il cammino.

Quasi subito incontro il sentiero che porta a Punta Jandía. I piedi pestano terra, pietre, rocce nere. Risalendo la dorsale delle colline vulcaniche il paesaggio si allarga: spiagge chiare e costa sabbiosa a nord, scogliere brulle e insenature si caratterizzano a sud. In questi giorni di quasi Calima l'oceano Atlantico è tranquillo. Dall'alto posso distinguere che la strada asfaltata che porta alla Punta presto diventa sterrata. Su di essa scorrono svogliate auto a noleggio dei turisti e vecchi, impolverati, SUV dei residenti.

 Più avanti il percorso pedonale si congiunge alla strada, quindi si avvicina alla costa. Cespugli quasi secchi situati nei luoghi riparati dal vento attendono con ansia qualche goccia di salvifica pioggia che da mesi e mesi frusta le aspettative della natura.

Lascio il sentiero per lambire da vicino scogliere che si gettano nel mare. Lascio il deserto e i vulcani per toccare l'acqua colma di vita. Quasi subito si apre una spiaggia moderatamente grande dove alcune persone giunte in auto prendono il sole. 

Dopo l'insenatura sabbiosa la scogliera risale per ridiscendere in uno stretto canyon. Il forte sole e il movimento mi stanno scaldando troppo. Decido di vedere se riesco a raggiungere il mare attraverso questo antro sinuoso. Passo alcuni facili balzi rocciosi in discesa, mentre ai lati le pareti delle scogliere rimangono alte. Il rumore delle onde si fa più vicino.

Presto vedo una piccola spiaggia di sabbia gialla che si sviluppa tra le rocce. Dopo dieci chilometri di percorso toccare la segreta insenatura diventa un piacere incalcolabile. Nonostante l'ora centrale riesco perfino a trovare l'ombra dentro brevi cunicoli scavati dalla potenza delle onde. Un bagno rinfrescante sarà il passo successivo. 


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