domenica 28 ottobre 2018


venerdì 19 ottobre 2018

L'arrivo a Cusco

In questa zona periferica il combi è ancora vuoto. Pago subito al controllore 70 centimos e piazzo lo zaino in mezzo alle gambe. Guardo velocemente i pochi passeggeri con occhio critico, poi le iridi si concentrano sul paesaggio esterno. Sono quasi ventiquattro ore che viaggio. La stanchezza, l'altitudine e l'emozione tolgono il respiro.
Il combi gira per strade importanti molto trafficate, infilandosi saltuariamente attraverso vicoli stretti in pendenza con velocità vertiginosa. Ho perso e ritrovato l'innocenza nei granuli di polvere del cammino ed ora perdo l'orientamento quando sono vicino al cuore della capitale del regno Inca. La più bella città d'America che ha lasciato la verginità con la sua conquista.

Il bus dell'impresa Correcaminos sale e scende ospitando anziani e gruppi di giovani mentre il crepuscolo ci annuncia la sua importante presenza. Vedo vagabondi, visi poco raccomandabili, visi di funzionari pubblici, persone ipnotizzate dallo schermo del telefono, persone che vanno a godersi la serata in centro. Il tragitto pare così lungo che ad un certo punto chiedo se non mi sono perduto negli infiniti quartieri della città. Un paio di signori mi rassicurano.

Scendo nella Ayacucho quando il buio ha rapito dietro le montagne la luce solare. Da poco è caduta qualche goccia di pioggia e la temperatura non è per nulla calda. Una domenica pomeriggio alla ricerca di un alloggio economico in una delle città più turistiche. D'apprima chiedo a due poliziotti, poi un ambulante mi consiglia di dirigermi nella Matará: "Lì trova le stanze più economiche del centro", aggiunge. Prendo la Matará, passo un supermercato Orion, negozi di ottica, un paio di hotel e, nel traffico pornografico del nucleo di Cusco, la città imperiale, giungo alla pensione indicata.  

L'arrivo a Cusco, il ritorno en el Cusco cancellato dall'oblio. Quando ancora c'era innocenza.

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martedì 25 settembre 2018

Visioni da Wilcacocha, 3600 m


venerdì 14 settembre 2018

Mirando al Sur - Guardando a sud

Fuori scorre un mondo oscuro, abbagliato da luci di villaggi isolati, profili di montagne, stelle luminose. Il comodo autobus Cruz del Sur mi sta riportando a Lima. Prima di partire per il viaggio notturno, un impiegato dell'impresa ha fatto l'alcol test all'autista. Se tutto va bene domani pomeriggio sarò in una delle città più belle dell'America Latina.

L'udito assorbe con piacere le note dei Cinematic Orchestra, mentre gli occhi si insinuano in alto, nel viaggio siderale mirato dall'emisfero Australe, in attesa che l'improbabile sonno porti via tutta questa grazia terrena. La potenza del transito, del movimento verso posti nuovi, quasi impedisce il riposo.  
Ora con gli occhi chiusi e le cuffie nel canale uditivo appena sento il rombo del motore, i cambi di marcia, i freni, e immagino la strada deserta, prima in salita, poi in discesa, che il mezzo affronta. Quale steppa arida, quale vegetazione misteriosa i fari della Cruz del Sur illuminano proprio questo momento? Quanti animali selvatici guardano attoniti il pericoloso autobus? Il veicolo vaga per terre alte nella sua danza invisibile che culla i passeggeri. Passeggeri che dolorosamente emigrano, tornano a casa, passeggeri alla ricerca dell'imprendibile. I sensi ed il cuore ottenebrati dalla stanchezza sono sempre orientati a sud. Tango. Dormi don choco Esteban, le ore di viaggio per raggiungere la maestosa capitale del regno Inca sono tante, troppe.

Nel moto sicuro dell'autobus, il riposo senza sonno porta al giorno successivo. L'orologio segna le 4:40 quando entriamo nella stazione Norte di Lima. All'improvviso decido di scendere. Prendo lo zaino ed un nuovo interminabile giorno inizia. E' presto ed i quartieri attorno al terminal sono pericolosi, ma i taxi per l'aeroporto costano meno.

Un taxista mi offre un prezzo che non convince: passo al contrattacco interpellando almeno altri due conducenti. "Quince, no más", dico. L'ultimo accetta la cifra con un sorriso rassegnato. Nonostante l'orario indecente, il taxista risulta simpatico: mi racconta dell'aumento della piccola criminalità a Callao, ed elenca quanti peruviani hanno speso una fortuna per andare al mondiale di calcio in Russia. "Questo Paese è troppo nazionalista", aggiunge saggiamente.

Andiamo veloci, fendendo l'aria inquinata e fredda di Lima. Come il crepuscolo, il traffico deve ancora arrivare. 

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