mercoledì 30 novembre 2016

Il lago Gangabal e l'Harmukh

"Vedrai che le nuvole oggi scompaiono. Stai attento ai cani dei pastori". Con queste parole Ali mi saluta. Lascio temporaneamente il rifugio montano a 3250 m situato alla base della valle dell'Harmukh per dirigermi verso un lago dal nome sconosciuto. Mi guidano i sensi e le spiegazioni non troppo esaustive di Ali.

Ieri ho raggiunto il lago Gangabal in un'ora e mezza. Le nuvole non riuscivano e nascondere la bellezza dei territori confinanti con il Pakistan. Ad un tratto mi sono trovato su una distesa di iris dalla quale dominavo parte del lago azzurro-ghiaccio. Le basse nuvole facevano il giro attorno a Gangabal ed io ero lì, nell'anfiteatro composto da pareti ripide senza più neve. Nel lago sottostante c'erano tende, cavalli, portatori e turisti; a Gangabal, 3640 m, ero solo.


Dal rifugio di Ali ora prendo una conca dove scorre il torrente. Gli alberi ed i cespugli sono ormai spariti; rimangono pietraie di massi chiari e pascoli. Salgo l'avvallamento senza fretta assaporando i luoghi; il clima è mite, senza vento.
Percorro la valletta per meno di un'ora e, prima di avvicinarmi ad un passo parzialmente innevato, guadagno un pendio ripido a sinistra dove sopra si delineano delle conche che potrebbero contenere un lago. Intanto veloci finestre d'azzurro compaiono nel cielo. Forse vedrò il massiccio dell'Harmukh.
  
Infine trovo il lago: un piccolo specchio di acque limpide che guarda verso nord-est. In fronte posso ammirare le cime aguzze della valle di Naranag. Come diceva Ali, la giornata sta volgendo al bello. Scendo un poco verso la mia ultima meta.

Da questa bassa cima a 3800 m, situata nel centro della valle, ho davanti a me tutto lo splendore di una delle aree più significative del Kashmir. Di fronte, a meno di un chilometro, è emersa dalle nuvole

l'Harmukh, la montagna di 5142 metri, con un possente ghiacciaio dal quale colano torrenti d'acqua; a destra domino Gangabal, di colore turchino, ed il suo lago sottostante. Intorno montagne e picchi di media altezza con i nevai in via di estinzione. Da qualche parte a nord c'è il Nanga Parbat.

Rimango ad ammirare il paesaggio che muta da questo punto di osservazione privilegiato. Sono seduto tra piccoli fiori dai colori sgargianti, primule con le foglie pelose.

Diritti riservati Creative Commons

mercoledì 23 novembre 2016

Trekking verso il lago Gangabal

Non sono mai stato così vicino alla frontiera con il Pakistan.
Tutto quello che possiedo è nello zaino, sulle spalle: dieci chili di libertà. Nonostante il disordine intestinale che durerà mesi mi sento decisamente in forma. Naranag (2210 m) appena sotto e una foresta di sempreverdi vegliano sulla mia solitudine.

Sveglia quando il crepuscolo è al preludio dell'alba, una colazione frugale e quindi il sentiero che porta al lago di Gangabal ed alla catena dell'Harmukh. In Kashmir non è facile intraprendere un trekking di più giorni in autonomia: mappe scadenti, nessuna indicazione nei sentieri, pochi punti di appoggio, gente locale non sempre disposta a fornire informazioni.  

Alle sei sono ad una cinquantina di metri sopra il villaggio di Naranag, in una giornata afosa e piena di nuvole. Supero pastori nomadi con piccoli cavalli carichi di mercanzie, parlo con uomini che accompagnano poche capre di loro proprietà in alpeggio. Il sudore del passo veloce trasuda acqua e l'antibiotico iniziato a prendere ieri.

Il sentiero permane nella sua assoluta ripidità fino a quando non scollina. Qui mi trovo in una foresta distrutta da un vecchio incendio. Il percorso ben definito ora porta verso nord, costeggiando basse montagne e dando un po' di respiro al corpo.
Oltre i 3000 m i boschi, gli alberi, i prati sono nel loro massimo splendore, offrendo alla vista differenti specie di aghifoglie. Le rare persone che incontro rispondono che la via per Gangabal è giusta, stupendosi del fatto che sono solo.

L'orgoglio si somma alla contentezza quando finalmente entro in una conca immensa: a 3300 m, con un ritmo dolce dei Bent in testa, nonostante le nuvole basse stronchino parzialmente il panorama, riesco a vedere pascoli verdi infiniti, pietre e massi, gruppi di alberi e cespugli che si allungano verso il Pakistan e le montagne alte. Se non fosse per i prati rasati dai troppi animali penserei di trovarmi in altri mondi.

Una leggera discesa e sono quasi ai piedi della valle dell'Harmukh, di fronte al rifugio alpino dello stato del Jammu e Kashmir. Tre ore e dieci per arrivare. Da uno dei due stabili colorati d'azzurro esce Ali, il gestore. Indossa un pheran grigio, la tunica tipica kashmira. Dopo brevi convenevoli, con tranquilla fermezza gli dico quanto posso spendere. Ali mi guarda negli occhi, consapevole della cifra molto bassa che gli propongo. In altri casi forse avrebbe ribattuto, ma il suo intuito comprende che so. "OK, però dormi nell'edificio più piccolo con noi, e... non dire a nessuno che ti faccio questo prezzo". Annuisco, conoscendo bene quest'ultima parte di frase.

Lascio lo zaino in capanna e mi dirigo verso il lago Gangabal. Le cime dell'Harmukh rimangono ancora celate dalle nubi del lontano monsone.

martedì 15 novembre 2016

In avvicinamento al lago Gangabal, Kashmir


domenica 30 ottobre 2016

Il ghiaccio del Kolahoi, 5425 m

"Dieci anni fa il ghiacciaio arrivava fin qua", dice Manzoor, mentre risaliamo le ultime porzioni della Lidder Valley.
All'aria sottile dei tremila metri, al sole giovane che illumina di sbieco quello che gli occhi hanno la grazia di vedere, si aggiunge un'ulteriore piacevole notizia: i due figli dei nostri ospiti pastori ci accompagnano verso l'alto. I genitori infatti hanno lasciato un giorno libero ai due giovani per venire con noi. Il ragazzo è sveglio, impertinente, gioviale e veloce come un fulmine. Un animale di montagna. La ragazza sedicenne è un po' robusta, tranquilla ma per nulla timida. Come in altri casi in questa parte di viaggio kashmira a contatto con le famiglie, si è mostrata un paio di volte senza il velo islamico. Ho subito legato con i due ragazzi.

Assorbo con intensità il panorama che si modifica lentamente. Dai nevai passiamo a prati disseminati di pietre e massi, dove qua e là sorgono macchie di fiori che gli animali non possono mangiare. A 3350 metri, prima del ghiacciaio, la valle diventa pianeggiante, lasciando allargare il fiume dalle acque bianche. Controsole vediamo pastori con decine di pecore attraversare il torrente alla ricerca d'erba. Spronano gli animali a solcare le acque violente. Scatto foto dove il fluido trasparente di sorgente si mischia a quello nebuloso.

Quando diviene più faticoso camminare sulla neve, prendiamo un ripido sentiero alla nostra destra, e, oltre una collina coperta da cespugli simili a rododendri, la mente satura di passione scorge l'inaspettato: un picco perfetto e ripido di erge verso est, verso il Ladakh, a coronare la sequela di cime imponenti. "E' la punta più alta del Kolahoi", spiega l'amico Manzoor.

Con il figlio dei pastori raggiungo quota 3700, il bordo dell'antica morena dalla quale dominiamo il gruppo montagnoso.
Ai margini di una turbolenta Asia centrale, in una ordinaria, limpida, giornata estiva, veneriamo lo straordinario panorama sotto e sopra di noi fatto di rocce, ghiacciai, crepacci e rumore d'acqua che si mischia a quello del vento. Stiamo in silenzio di fronte alla vetta aguzza del Kolahoi, dove la Natura, come non mai, riesce a congiungere il corpo allo spirito.



 
Creative Commons License
Travel Viaje Viaggio Voyage by Dr. Stefano Marcora is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at travel-ontheroad.blogspot.com.