mercoledì 10 agosto 2011

Le nuvole sopra Santa Cruz – Panorami di preludio

Le nubi generano un lungo sospiro quando intravedono la Città della Croce potenziata. Si sa che esse preferiscono le montagne, le foreste, i fiumi e gli animali, ma per questa città riservano un sentimento di affezione proveniente da lontano.

Prima di giungere a Santa Cruz i globi immacolati hanno conosciuto cittadine come Warnes e Montero, passato una moltitudine di corsi d'acqua, tra cui primeggia il rio Piraí; tappeti di pascoli infiniti con fattorie, panorami di alberi tropicali e bovini a scelta, visioni di piantagioni di canna da zucchero e di stabilimenti dell'agroindustria, di strade asfaltate e strade marroni. Immerso tra le palme e i prati ad un certo punto spunta il rettangolo scuro dove risiede l'aeroporto Viru Viru; anche se non è nulla rispetto a quello conservato nella memoria delle evoluzioni nuvolose, i viaggiatori che qui atterrano hanno assaporato piacevoli visioni.

Quasi tutti siamo a conoscenza del potere omnisciente delle nuvole, tuttavia qualche giovane paffuto virgulto non ancora bene formato, vedendo quello che gli scivola sotto, potrebbe perifimmaginare che il vento del Norte riservi loro la savana secca del Chaco e poi le lunghe terre del sud. Invece la Città de la Sierra, la metropoli costruita sull'erosione naturale delle montagne, arriva come giungono i fenicotteri nel documentario musicato magistralmente dai Cinematic Orchestra.
www.youtube.com/watch?v=3smd5Ni3C0g

Le nuvole volano alte nell'empireo con il vento e gli uccelli e le stelle come compagni, eppure non riescono a scorgere la fine del conglomerato urbano che si dipana laggiù, in basso. All'inizio sono i nastri  d'asfalto che diventano sempre più trafficati, poi le fabbriche, i magazzini, i distributori di combustibile e case basse disposte a mosaico da un architetto fantastico. Già dalla periferia si intravedono molti puntini a due zampe in costante evoluzione: vendono in strada qualsiasi cosa possa risultare commerciabile, salgono e scendono dai micros, suonano il clacson, entrano nei supermercati, attendono un amore perduto, offrono piacere vuotato d'amore in cambio di denaro, controllano le ville e i condomini alti dei ricchi per pochi denari, cercano una vita nuova o ingannano la propria sfortunata esistenza. Si muovono come formiche ubique assetate di qualsiasi bene. Sono le stesse formichine che a nord, ad est ed a ovest divorano foresta  senza fermarsi. Alle nubi immacolate piacciono poco gli uomini. Quasi per nulla.

Il vento proveniente dall'Amazzonia boliviana riesce a spazzare via l'umidità e lo smog che aleggia sulla Città della sabbia, permettendo alle nuvole di dominarla meglio dall'alto: ecco i suoi anelli concentrici, le sue strade larghe ed i suoi alberi in fiore. Ecco i tetti di tegole marroni imbrunite dal tempo e dai licheni, le lamiere e i teli dei suoi mercati rionali.
 
Prima, non tanto tempo fa, era solo il segundo anillo, poi, per quei giovani europei colmi di vita dai capelli lunghi era il tercero, ora sono quasi una decina gli anelli che circondano Santa Cruz.
E' il preludio della città.

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lunedì 25 luglio 2011

Le nuvole prima di Santa Cruz – Panorami di tropico umido

Dalle nuvole si osserva bene il mondo. I venti regolari dell'America offrono immense visioni e lunghe cavalcate alle amiche nubi. Nella stagione invernale la supremazia del Norte viene a volte minacciata dal Sur, il vento dell'Antartico che raggiunge ed oltrepassa Santa Cruz per spegnersi ai bordi dell'Amazzonia, dopo aver percorso un tragitto lunghissimo che tutte le nuvole vorrebbero compiere.

Bisognerebbe chiedere a questi globi informi che volano rapidi sul mondo dove nasce il Norte. Forse le nuvole non saprebbero rispondere con precisione, ma sicuramente racconterebberonub cosa vedono da lassù. Centinaia di chilometri prima della Città della Croce, l'immacolato colore delle nuvole rimane impregnato di verde e marrone: sono le foreste e i pascoli che vengono solcati da fiumi torbidi di sabbia delle Ande indirizzati verso il Mato Grosso e poi ancora verso sud.
Le nuvole accompagnate dal Norte vedono passare a ponente quello che gli uomini chiamano Chapare, un'area ricca di montagne impervie con una diversità di vegetazione ed animali straordinaria, quando non violentata dagli stessi esseri a due zampe che si considerano scioccamente i padroni del mondo. E' qui, nelle montagne umide del Chapare, che diverse sorelle nubi si tramutano in acqua.

Entrando nel dipartimento di Santa Cruz le cose cominciano a cambiare: ad est continuano le corrugazioni che prendono il nome di cerro Amboró e cerro San Rafael, un Parco nazionale dove vivono ancora puma e giaguari, tucani, orsi, colibrì e tanti preziosi alberi; i corpi nuvolosi più in là scorgono le montagne rosse di Samaipata e la zona di Vallegrande dove è morto trucidato il Che Guevara.
Sotto di loro passano cittadine come Yapacaní, cresciute troppo in fretta grazie all'immigrazione incontrollata dall'altopiano; attorno ai centri abitati -e per centinaia di chilometri- ci sono infiniti appezzamenti di terre coltivate che hanno preso il posto della giungla arretrante.
Anche se cavalcano veloci veloci il vento del Norte, le nuvole non perdono la visione di paesi come San Carlos e Buena Vista, popolati da altra gente, gente del tropico. Esse sanno che qui diversi giovani europei hanno lasciato il cuore; ci sono ancora i resti dei loro spericolati passaggi e l'alito delle loro emozioni invincibili. I loro amori saranno per sempre.

tajiInvece a ovest, sì, a ovest si esprime al meglio l'essenza di questa terra Camba, con gli alberi panciuti toborochi, palme motacú e piante immense come il tajibo rosado che a luglio colorano le nuvole di viola e arancione dei loro fiori. Qui ancora si scorgono paesi a maggioranza indigena come Ascension de Guarayos con attorno i boschi, le lagune, i prati costellati da grandi nidi di termiti e case con tetto di paglia. Uomini a cavallo con cani sottili si muovono per raggiungere i loro piccoli appezzamenti di terra, uomini dalla pelle scura governano migliaia di bovini dei proprietari terrieri bianchi. Il bianco -quello integro- delle nuvole scivola sulla terra che cambia sotto di loro. In silenzio si osserva bene il mondo.
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venerdì 8 luglio 2011

Le donne della fatica

Da mercoledi’ sto partecipando ad una tre giorni di sostegno alle donne che si dedicano alla piccola impresa agricola, organizzata dalla ONG boliviana CEPAC. Sotto una pioggia frutto dello scontro tra venti caldi del nord e quelli freddi patagonici, le signore arrivano piano piano a gruppi nella sede del CEPAC di Yapacani', cittadina a circa 120 chilometri da Santa Cruz. Ora sono nelafue salone e ascolto Yaque, un'esperta della Casa de la Mujer che coinvolge e stimola le donne a raccontare le loro storie, le difficolta' di essere imprenditrice e donna nelle localita' rurali. Osservo queste signore cosi' diverse tra loro: sono donne giovani e meno giovani, che provengono dalle zone collinari delle preande e dalla pianura tropicale, signore vestite con la gonna voluminosa, i sandali e i capelli neri intrecciati secondo le loro origini dell'altopiano, ragazze dalla pelle chiara in jeans e scarpe da tennis. Donne che non hanno paura. Anche se sono cosi' eterogenee tra loro, tutte rivendicano l’urgenza di assumere un maggiore ruolo nella societa' boliviana. Ascolto parole come perseveranza, responsabilita', compassione, partecipazione, onesta', mentre fuori la pioggia cade sulle piante di mango, sui cespugli e l'erba delsal giardino, con galline libere che zampettano indisturbate.
Ieri sera Trinidad, una signora con il volto scolpito da rughe profonde, raccontava la sua storia, la sua vita di giovane donna proveniente dai climi secchi all'altopiano catapultata a coltivare la terra nella selva tropicale con strumenti arcaici insieme al marito ed un figlio piccolo, in un lotto senza vie di accesso offerto loro dallo stato. Per muoversi avevano solo sentieri tra alberi alti ed una vegetazione dimenticata che ora si rifugia sempre piu' tra le montagne o nelle riserve naturali.
Insieme ad un altro signore siamo gli unici uomini presenti in questa sala, eppure qui, avvolto nell’energia di queste donne con le mani segnate dalla fatica e dalle difficolta’, mi sento troppo a mio agio.

venerdì 24 giugno 2011

Cavalcando i bus di Santa Cruz

Esco dalla casa di Miriam, chiudo il cancello con lucchetto e sono sulla strada. Subito il vento caldo del Norte mi investe, lambendo insieme a me i bus e le persone, i cani raminghi e gli alberi dei giardini. Cammino con passo veloce lungo questa strada tranquilla di quartiere formata da case basse con tetti di tegole; oltrepasso alberi di ibisco colmi di colori e palme che si piegano al vento. Nella via pavimentata ci sono un po' di rifiuti attorniati da sabbia delle Ande trasportata fin qui dai tanti fiumi che corrono verso il Mato Grosso.
Fuori dal quartiere i sensi sono investiti dal traffico del tercer anillo externo e dal grande mercato della Mutualista. Donne dell'altopiano sotto le loro bancarelle mobili vendono di tutto: dalle custodie per i cellulari alla verdura, dal pane fresco alla biancheria intima. Dopo aver chiesto il prezzo mi fermo a bere un succo di arancia spremuto al momento. Tre pesos, il suo costo.
Raggiungo velocemente il tercer anillo interno e sono pronto per prendere il bus. Quasi subito arriva il numero 74, il mio. Un micro 74cenno della mano e salgo. Questi micros sono corti e bassi, quindi mi tocca per qualche minuto rimanere in piedi con la testa piegata in attesa che qualcuno scenda. Dopo poco si libera un posto dietro al conducente; dalle sue spalle senza collo vedo quello che succede nella strada. Auto bianche dei taxi si intercalano a jeep, camion e tanti altri micros. A Santa Cruz ci sono poche moto e nessuna bicicletta.
Il mio sguardo rimpicciolisce la prospettiva per muoversi all'interno del bus: il cruscotto è foderato da una copertura in pelle marrone con frange stile cowboy, la sua strumentazione e' distrutta, logora, usata e ancora usata. Un portamonete di legno appiccicato non so' come suddivide secondo il valore i soldi ricevuti dai passeggeri; le banconote sono conservate in due distinte tasche di plastica. I pulsanti fondamentali come clacson e luci chissa' da quale reperto elettrico alieno provengono! Nella carrozzeria anteriore un buco nel metallo fornisce ulteriore areazione e -con essa- ci porta il fumo degli altri veicoli e la sabbia dello sterrato a lato delle strade. Sulle pareti del bus campeggiano una serie di autoadesivi di Topolino e macchie rosse casuali di una antica vernice.
I minuti passano e con essi gente di tutti i tipi: bianchi con in mano cartellette, signore piccole e tozze con vestiti dell'altopiano, meticci carichi di borse, persone povere e meno povere, donne con bambini piccoli in braccio. Umanità viaggiante.
Ora il sole riscalda con forza l'interno del bus mentre il guidatore si ferma ogni momento per raccogliere o scaricare gente. Tra poco arrivero' nella sede del Cepac, una ONG boliviana che lavora nel nostro progetto Centinelas de la Biodiversidad. Anch'io mi faccio lasciare dal micro nel punto piu' prossimo alla destinazione.
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