venerdì 14 agosto 2009

Frammenti di viaggio 8

Da Pangandaran a Bandung.
Ancora nel bus. Sei ore e sono a Bandung, sulla via che porta a Jakarta. Il veicolo e' pieno di viaggiatori locali che tornano dal mare, dal luogo turistico di Pangadaran. Accanto a me un signore anziano. Dall'altro lato scorre Jawa con le sue risaie, case basse, piante meravigliose, pubblicita' di sigarette e gente ovunque, soprattutto uomini.
Mi pare di assaporare, incorporare la terra, l'asfalto, questa strada veloce, come se fosse una inevitabilita' piacevole e dovuta, faticosa e forse necessaria. Ogni volta che parto per una nuova destinazione sembra di cominciare da capo, una nuova energia rinasce, nonostante i chilometri che porto addosso.
Il movimento e' un elemento essenziale del viaggio: piedi, barca, bici, bus; attraverso mare, sentiero, cielo, asfalto. Ho come l'impressione che il signore qui a fianco, il ragazzo che ascolta la musica dal cellulare e sbircia i miei vestiti, la donna col velo bianco in prima fila che chiacchera senza sosta, gli scassati bus 'ekonomi' indonesiani, le visioni fugaci sul mondo e molto altro passino: rimani tu, la tua storia e la strada in movimento.
Intanto il signore anziano accanto a me ha aperto un libretto e legge le sue preghiere quotidiane.

Collisioni curiose in Indonesia
1. Come ogni giorno mi reco a fare snorkelling nella zona corallifera della spiaggia di Lovina; nel mio sacchetto di plastica ho maschera e boccaglio, acqua e un giornale. Sto percorrendo il tratto di strada asfaltata che costeggia il mare quando si ferma un uomo in moto (non e' il primo della mattinata) e mi chiede se devo andare all'ufficio postale (1. ha visto che nel mio sacchetto ho della carta, 2. pensa che non conosca la zona. La posta e' a 200 mt. di distanza da dove mi trovo, 3. vuole guadagnare facile con uno straniero). All'inizio voglio liquidarlo subito con un apatico e deciso no, poi ci ripenso. Vediamo fino a dove arriva il tipo. Ho ben presente che giorno della settimana e' oggi.
- Si', magari... quanto costa il passaggio?
- 50.000 rupie (il costo di un viaggio di 4-5 ore in bus express con aria condizionata)
- Ah, solo andata?
- No, anche ritorno (sorride generosamente ed umilmente, ma gli occhi tradiscono una certa insicurezza: non e' un vero professionista)
- Non so'. Scusa ma oggi... non e' domenica?
- Si', ma... possiamo andare a vedere lo stesso (tanto paga Stefano)
- (Mi stufo) Ok, adesso pero' vado a fare snorkelling, per l'ufficio postale facciamo un altra volta.
- Sei hai bisogno di trasporto fammi sapere, va bene mister?
- Si', ciao.
2. Sono nel mercato ortofrutticolo a Sanur, Bali, per acquistare un'ananas. Chiedo il prezzo presso una bancarella, poi ad un altra. A questo punto interviene una signora che conosce l'inglese e mi vuole aiutare. La donna mi accompagna in una bancarella vicina spiegandomi che gli ananas che mi sta' mostrando provengono da Jawa e quindi sono migliori degli omonimi balinesi.
- Qual'e' la differenza, dato che sembrano uguali?
- La differenza sta nel sapore che e' piu' dolce e raffinato
- Ok, ma come si riesce a distinguerli?
- E' il sapore piu' dolce degli ananas di Jawa
- (Qua comincio a dubitare sulla serieta' della signora, ma ecco, vediamo con la domanda chiave...) Quanto costa questo di 'Jawa'?
- Vengono 7.000 rupie l'uno (il costo dell'ananas e' 3.000 r.)
- Capito, e' caro quello di 'Jawa'. Grazie per l'aiuto ma la frutta l'acquisto nella bancarella vicina...
A questo punto la signora -che ci sa fare bene e non vuole demordere- mi propone di acquistare gli ananas a prezzi ottimi nel suo negozio nel centro di Sanur e che ha bisogno di soldi per i figli, ecc... Sono gia' lontano.

lunedì 10 agosto 2009

Frammenti di viaggio 7: Vulcani a Jawa


Il bus proveniente da Bali corre veloce nella notte. Grazie alla luna, dal finestrino intravedo case di cemento ad un piano, campi di mais e canna da zucchero, palme. Dormo a tratti. Verso le 2:30 mi sveglia l'addetto del bus per avvisarmi che siamo a Probolinggo, Jawa est. Scendo e mi accorgo di non essere nella stazione degli autobus della citta' ma su una strada principale. Un ufficio turistico apre appositamente per me e, guarda caso, stanno per partire per il vicino vulcano Bromo, la mia destinazione. All'inizio mi arrabbio con i conducenti del bus, poi capisco che e' uno sporco accordo realizzato tra i loro padroni. Li abbandono tutti e prendo la strada del bus terminal.
Una aria secca e fresca mi avvolge a Cemoro Lawang, 2200 metri, sulle pendici esterne dell'enorme cratere che ora accoglie diversi vulcani, tra cui il famoso Bromo. Sono le 6 passate di questo lungo e aspro giorno. Giro rapido due homestay economiche, piazzandomi nella seconda (un frammento -prima o poi- lo dedichero' alle stanze del viaggio). Mi sento stanco, l'alba e' ormai sfiorita da un pezzo, ma l'eccitazione la vince. In qualche minuto raggiungo il crinale che declina nell'antico cratere: e' semplicemente immenso, con un diametro di circa cinque chilometri. In mezzo svettano diversi vulcani, tra cui il Bromo.

Quest'ultimo e' quello piu' attivo; la sua roccia ha un colore grigio chiaro ed e' dotato di un amplio cratere da cui esce del fumo immacolato. La montagna e' bassa e piatta, consumata dalle passate eruzioni. In semicerchio rispetto al Bromo -e tutte all'interno dell'antichissimo cratere- spuntano cime di vulcani che partono da 2400 mt. fino ai 3600. Sotto di loro un oceano piatto di sabbia grigio scura ed erba giallastra.
Impiego trenta minuti per attraversare questo deserto uniforme, ma poi sono sotto il vulcano Bromo. Jeep e cavalli per turisti sollevano polvere ovunque. Per fortuna arrivo sul costone del cratere quando ormai la massa dei visitatori e' tornata nei rispettivi hotel, quindi posso godere tranquillamente dell'incredibile panorama che sta sotto i miei piedi: all'interno del piatto e vasto cratere vedo una cavita' da cui escono morbide nuvole. I sedimenti del vulcano sono cosi' chiari che sembra roccia dolomitica. Osservo la montagna ed il panorama che mi offre per piu' di trenta minuti, poi torno a Cemoro Lawang a riposare un poco.

Martedi' 11 agosto
Ieri sera sono andato a dormire alle 20. Ora e' buio e le jeep ruggiscono lungo le stradine di Cemoro per far ammirare ai turisti l'alba sul Bromo. 3:23. Esco infreddolito sul balcone dell'alberghetto e vedo che c'e' ancora la luna. Non ho la torcia. Bene, si va. Alle 3:45 esco, eccitato, dribblando uno degli assilanti guidatori di jeep. Il sentiero che scende rapido nel cratere e' deserto.
Alle 4:20 circa sono sotto le pendici del vulcano Batok, attualmente inattivo. Nella prateria dentro l'antico cratere rimbombano i rumori delle jeep e di qualche solitaria moto. Voci di indonesiani a piedi dietro di me giungono all'udito. L'ascesa non e' facile causa la pendenza e la sabbia vulcanica. Alle 5:10 mi rendo conto di non riuscire a raggiungere la cima del Batok. Trovo un posto strategico dove la pendenza non e' esagerata e mi siedo.

Davanti a me il rossore vergine dell'alba; leggermente piu' a destra e in basso il lunare Bromo si sta accendendo. Tutt'intorno montagne e una nebbia velata sottostante. All'inizio la luce dell'alba e quella della luna si equivalgono, poi il mattino si fa piu' lattiginoso e i vapori del Bromo si colorano di un giallo pastello. Ad un tratto, rapidamente, il tanto corteggiato sole fuoriesce all'orizzonte, lambendo le pareti del vulcano Bromo. I brividi di freddo tra breve spariranno.
Alle 6:50 scendo; sotto di me decine e decine di turisti spuntati dalle jeep si affannano per raggiungere il Bromo. Torno a piedi quasi in solitaria.
Una intraducibile spavalderia mi circonda.

giovedì 30 luglio 2009

Frammenti di viaggio 6: il volo


Un breve slancio e sono dentro, immerso in una sostanza che fatica ad appartenermi ma che al contempo attira. I suoni si attutiscono, i movimenti cambiano, una sensazione di distacco ti avvolge, il corpo cerca di adattarsi a questa diversita' di status.
Volo, so' volare.
Sotto di me si dispiega un turbinio cromatico variegato e multiforme. Raggi di sole penetrano come spade dall'alto, mescolandosi al liquido limpido. Quasi mi specchio sul suo filo. All'inizio il volo e' un po' turbolento causa il moto ondoso, poi, allontanandosi dalla riva, tutto diviene maggiormente regolare. Il respiro torna uniforme, i movimenti fluidi ed ordinati. Porzioni di vita passano sotto e accanto a me, una varieta' di paesaggi si fissa negli occhi: rimarrei qua per sempre, o forse no.
Questa mattina ho proprio voglia di muovermi. Colazione leggera, poi occhiali da sole, ciabatte e sacchetto con maschera e boccaglio. Nulla di piu'. Mi incammino per la sterrata stradina di Gili Trawangan (isola di Lombok) che costeggia il mare, la percorro per quindici deliziosi minuti e arrivo di fronte al faro. Quasi nessuno in giro, tranne qualche barca con i bilanceri.
Eccomi dentro. All'inizio e' tutto caotico con sabbia, bollicine e suoni che si intrecciano tra loro.
Poi si vola. Rocce piatte, i primi coralli, i primi splendidi pesci. " Ehi, ciao, io ti conosco!", saluto cosi' il primo pesce che incontro. Ma subito vengo distratto da altri. Quasi sempre trovo quelli con la pinna ad 'U' colorati come l'arcobaleno; i miei preferiti. Scivolo accanto a loro come un ospite inatteso ed estraneo, ma pur sempre rispettoso. I pesci 'arcobaleno', quelli ad ago, leone, farfalla, pappagallo, clown, palla e tutti i mille e mille altri continuano la loro vita in costante mobilita', nonostante me.
Sorvolo praterie di formazioni coralline delle piu' disparate: a forma di cespuglio, fiore, fungo, globo, astronave, cilindro... Montagne-colline-altopiani-pianure entrano in me. Muovo gli arti visitando questo mondo poco conosciuto, da esplorare lentamente ed in liberta'. Rimango fermo ed ondeggio, trasportato dalla corrente. Mi spingo piu' al largo del solito, dove si fermano le barche dei sommozzatori. La visibilita' migliora ma tutto si fa piu' lontano. "Evviva", dico a me stesso quando vedo la prima tartaruga quasi ancorata al fondale. Attorno a lei dei pesci farfalla col profilo sottile e coloratissimi contrastano la quasi assenza di cromaticita' dell'animale: sgargianti giullari attorno all'opulenta regina. L'osservo per diversi minuti, fermo, contrastando la corrente, nonostante i primi brividi causati dal fresco.
Giro ancora attorno a torri di coralli di tutti i tipi, sorvolando da vicino il loro culmine trabordante di vita. Oggi e' una giornata perfetta: scarsa corrente, sole che illumina perpendicolarmente il mondo, qua dentro. L'ora e' volata, i polpastrelli delle mani sono ben raggrinziti, un freddo leggero penetra lentamente nel corpo, ma c'e' ancora tanto da vedere. Mi spingo leggermente ancora al largo e scorgo dei pesci grandi con una vistosa protuberanza lanceolata tra gli occhi; non riesco a raggiungere gli unicorni perche' si allontanano verso i pascoli piu' oscuri.
E' ora di tornare, oggi pomeriggio visitero' la costa di Gili Trawangan piu' ad est. Mi allungo verso la riva ma ecco, sotto di me si libra quello che ho sempre desiderato di (ri)vedere. L'innominabile, proprio lui. Non e' troppo grande. Costeggia il fondo in solitaria esplorazione lo squalo che sta sotto di me. Una volta che e' passato, cerco inutilmente di stargli dietro, ma non serve, la foschia lo assorbe piano piano. Vola meglio di me. Un giorno volero' anch'io cosi'?

martedì 28 luglio 2009

Frammenti di viaggio 5: Sengiggi


Ora sono a Sengiggi, nell'isola di Lombok. Nuoto moltissimo e faccio snorkelling. Il mio viaggio oltre ad essere un'esperienza interiore e nell'aria, e' anche uno scivolio appassionato nell'elemento acqua (su questo incontro scrivero' un paragrafo).
Oggi voglio descrivere uno dei tanti luoghi dove usualmente mangio. Il locale e' piuttosto piccolo con pareti di mattoni e cemento un po' scrostato. Il tetto di lamiera e' foderato da un sottotetto di fibra di rattan intrecciato. Nella zona dei fornelli il muro ed il sottotetto sono anneriti. Questo posto periferico di Sengiggi, lontano anni luce dai locali per turisti, e' gestito da due signore che indossano maglietta e sarong allacciato ben in alto. La ragazza che mi ha mediato con la lingua locale avra' una quindicina di anni ed e' l'unica che indossa il velo. Deve essere figlia di una delle due signore.
Oggi, dopo una nuotata, mi sono recato per la seconda volta da loro. Su un tavolo di legno grezzo ricoperto da carta plastificata che ha fatto il suo tempo trovo una specie di grosso scolapasta ricolmo di riso e cinque-sei pentole di ceramica ricolme di cose buone: pollo, tofu, frittelline di riso, verdura cotta, arachidi pestate nel mortaio e poi cotte con un sofritto e l'immancabile chili, la salsa di peperoncino fatta in casa. La signora con la t-shirt arancione ed il sarong allacciato alto per non sporcare la maglietta prende un piatto di plastica da un asciugapiatti un tempo smaltato d bianco, la paletta e ci piazza una buona quantita' di riso bollito. Poi procede con tutte le pietanze preparate (che costituiscono il Nasi champur) mettendole attorno al riso. Si dimentica del chili, sbaglia, ma io le chiedo doppia razione. Con un velatissimo sorriso di compiacimento mi porge il piatto e le posate. Siedo su una panca di legno consumato.
Sopra la mia testa vedo appese delle confezioni polverose di caramelle, caffe' solubile in bustina e altre cose che non conosco. Una lampadina a risparmio energetico collegata a fili anneriti e' attaccata al sottotetto. Nel muro davanti a me sono incollati dei vecchi autodesivi elettorali. Dall'altra parte del locale, dietro una porta che da' all'interno della casa, vedo una giovane che sbuccia delle verdure; inclino il capo da un lato in segno di saluto, lei sorride.
La seconda signora che indossa una maglietta viola mi porge un boccale di vetro ricolmo d'acqua fresca. Oggi non vedo la ragazza col velo viola che conosce l'inglese quindi non posso chiedere se e' filtrata o meno. Me ne sbatto e la bevo.
Mentre gusto il tofu arricchito di peperoncino, sulla strada vedo passare moto, bambini che tornano da scuola, galline e uomini qualsiasi. Alzando la testa -tra il tetto di lamiera ondulata e un muro alla cui base sono ammucchiati rifiuti- scorgo palme da cocco, piante di papaya e cespugli di fiori.
Dall'interno del locale compare un gatto color crema con gli occhi azzurri. Quasi subito si avvicina alla mia panca e ci salta sopra. Si sdraia accanto alla mia gamba e comincia a pulirsi con pazienti leccate.
In Malesia la salsa di peperoncino era piu' piccante rispetto a qua, nell'isola di Lombok, Indonesia.
 
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