martedì 28 luglio 2009

Frammenti di viaggio 5: Sengiggi


Ora sono a Sengiggi, nell'isola di Lombok. Nuoto moltissimo e faccio snorkelling. Il mio viaggio oltre ad essere un'esperienza interiore e nell'aria, e' anche uno scivolio appassionato nell'elemento acqua (su questo incontro scrivero' un paragrafo).
Oggi voglio descrivere uno dei tanti luoghi dove usualmente mangio. Il locale e' piuttosto piccolo con pareti di mattoni e cemento un po' scrostato. Il tetto di lamiera e' foderato da un sottotetto di fibra di rattan intrecciato. Nella zona dei fornelli il muro ed il sottotetto sono anneriti. Questo posto periferico di Sengiggi, lontano anni luce dai locali per turisti, e' gestito da due signore che indossano maglietta e sarong allacciato ben in alto. La ragazza che mi ha mediato con la lingua locale avra' una quindicina di anni ed e' l'unica che indossa il velo. Deve essere figlia di una delle due signore.
Oggi, dopo una nuotata, mi sono recato per la seconda volta da loro. Su un tavolo di legno grezzo ricoperto da carta plastificata che ha fatto il suo tempo trovo una specie di grosso scolapasta ricolmo di riso e cinque-sei pentole di ceramica ricolme di cose buone: pollo, tofu, frittelline di riso, verdura cotta, arachidi pestate nel mortaio e poi cotte con un sofritto e l'immancabile chili, la salsa di peperoncino fatta in casa. La signora con la t-shirt arancione ed il sarong allacciato alto per non sporcare la maglietta prende un piatto di plastica da un asciugapiatti un tempo smaltato d bianco, la paletta e ci piazza una buona quantita' di riso bollito. Poi procede con tutte le pietanze preparate (che costituiscono il Nasi champur) mettendole attorno al riso. Si dimentica del chili, sbaglia, ma io le chiedo doppia razione. Con un velatissimo sorriso di compiacimento mi porge il piatto e le posate. Siedo su una panca di legno consumato.
Sopra la mia testa vedo appese delle confezioni polverose di caramelle, caffe' solubile in bustina e altre cose che non conosco. Una lampadina a risparmio energetico collegata a fili anneriti e' attaccata al sottotetto. Nel muro davanti a me sono incollati dei vecchi autodesivi elettorali. Dall'altra parte del locale, dietro una porta che da' all'interno della casa, vedo una giovane che sbuccia delle verdure; inclino il capo da un lato in segno di saluto, lei sorride.
La seconda signora che indossa una maglietta viola mi porge un boccale di vetro ricolmo d'acqua fresca. Oggi non vedo la ragazza col velo viola che conosce l'inglese quindi non posso chiedere se e' filtrata o meno. Me ne sbatto e la bevo.
Mentre gusto il tofu arricchito di peperoncino, sulla strada vedo passare moto, bambini che tornano da scuola, galline e uomini qualsiasi. Alzando la testa -tra il tetto di lamiera ondulata e un muro alla cui base sono ammucchiati rifiuti- scorgo palme da cocco, piante di papaya e cespugli di fiori.
Dall'interno del locale compare un gatto color crema con gli occhi azzurri. Quasi subito si avvicina alla mia panca e ci salta sopra. Si sdraia accanto alla mia gamba e comincia a pulirsi con pazienti leccate.
In Malesia la salsa di peperoncino era piu' piccante rispetto a qua, nell'isola di Lombok, Indonesia.

mercoledì 22 luglio 2009

Frammenti di viaggio 4: Kuta, Bali

Bottiglie di birra Bintang, aquiloni, tatuaggi, "Yes, transport?", chiedono ogni momento improbabili taxisti. Polizia e guardie private con sensori, surf e onde giganti.
Sono a Bali, capitale assoluta del turismo indonesiano. L'aereo che proviene da Kuala Lumpur e' pieno a meta'. L'aria immessa nei polmoni e' una meraviglia a confronto con quella della metropoli malese. Vengo investito da decine di taxisti esagitati. Cammino per raggiungere l'esterno del sedime aeroportuale e contratto un prezzo migliore per arrivare a Kuta, principale localita' turistica dell'isola.

All'apparenza anche da qua il recentissimo attentato di Jakarta sembra lontano, ma sottovoce se ne discute con preoccupazione. Vedi tanti ragazzi australiani che parlano ad alta voce con una bottiglia di birra in mano e pare che tutto sia a posto, in realta' l'attenzione da parte dei locali e' alta. Tutto viene monitorato: all'entrata dei centri urbani la polizia controlla le auto ed i passeggeri, negli hotel e nei grandi magazzini ogni bagaglio passa attraverso i sensori delle guardie private. Uno stato di tensione sospesa, accompagnata dall'inevitabilita' fatalistica, albeggia nell'aria. Diversi balinesi indossano una maglietta che recita: "Fuck terrorism".

Cammino per le strade di Kuta cercando di capire perche' questa localita' e' diventata tanto famosa. Schivo i venditori, procacciatori, famiglie scandinave, giovani inglesi e australiani che riproducono ingenuamente gli stessi comportamenti "familiari" tenuti in patria.
Sono la spiaggia, le onde, le strutture di accoglienza ed intrattenimento, la Bali hinduista nell'enorme Indonesia musulmana gli ingredienti del cocktail non troppo piacevole al mio palato che fanno essere questa isola e questa localita' vincente e livello mondiale.
Domani lascio Kuta per cercare una Bali piu' in armonia con la natura ed i suoi abitanti. Credo che la trovero'.

domenica 19 luglio 2009

Frammenti di viaggio 3: KL



Cammino a ritroso lungo qualcosa di imprendibile che sta dentro di me. Lo splendido congegno del viaggio si è impossessato ancora della mia persona.
I giorni a Kuala Lumpur scorrono nel traffico e nel caldo infinito, camminando tra persone e visitando luoghi.
KL e' una citta' con il sottofondo sonoro perenne.
Come diversi suoi negozi aperti 24 ore su 24, l'incessante e sordo rumore del traffico e' senza fine. Pare essere immersi in qualche montaggio video dove si alterano a velocita' incredibili notte e giorno di un particolare luogo. Il suono di autobus-skytrain-metro-camion-auto-moto sono la regola e non hanno né termine né inizio. Eccezion fatta per i suoi parchi urbani e suburbani, ovunque vai sei accompagnato dall'urlo invasivo del traffico. Quasi tutti gli altri suoni che escono dal mosaico della citta' paiono alieni; per pura fortuna sono riuscito ad isolare uno sporadico canto di uccelli.

Questa mattina sono sceso dal mio ostello economico dalle pareti di cartongesso, ho respirato l'aria umida e malsana della citta', ho fatto qualche passo e sono entrato in un locale tenuto da indiani. Individuata una ventola disponibile, mi son piazzato sotto, e poi ho ordinato un caffe' con latte condensato. Un ringgit e 20 cent. Prezzo giusto.
Allungandomi verso la fermata del metro di Jamek Masjid capisco che oggi fara' caldo: la mia schiena e la fronte sono gia' abbondantemente invasi dal sudore. Oggi voglio visitare il centro economico di Kuala Lumpur: KLCC. Poche fermate di metro e mi trovo a cospetto delle gigantesche Petronas towers. Uso la parola "cospetto" perche' la loro altezza, architettura e l'imponenza le fanno apparire per quello che realmente sono: moderni castelli eretti per manifestare il potere. Turisti in gregge escono dal bus per immortalarne la possanza. Il centro commerciale di lusso annesso e la sua aria condizionata sono il passo successivo.
Tutta l'area e' vigilata dalla polizia: l'lndonesia non e' poi cosi' lontana. Proseguo per visitare il parco di Bukit Nanas e poi torno a Chinatown a piedi. In una stretta via del quartiere cinese raggiungo una bancarella del cibo. Oggi mangio malese puro (il malese-cinese la sera). La signora del ristorantino sorride, poi mi passa un piatto piano di plastica ricoperto di riso bollito a cui aggiungo peperoni e delle seppie. Mi siedo. Accanto a me prendono posto tre donne con il velo. Due giovani con il velo viola e la tunica nera e una signora anziana tutta nera. Le guardo con compassione. Le due ragazze mi lanciano qualche occhiata incuriosita.

Prima di tornare nell'ostello dalle pareti di cartongesso acquisto mezzo chilo di rambutan rossi che accompagnero' alla mia birra serale.

lunedì 13 luglio 2009

Frammenti di viaggio 2: Tioman



L'isola malese di Tioman e' un luogo incantevole. Oltre al mare affascinante, ieri ho fatto un passeggiata (un "trekking nella giungla") da un estremo all'altro dell'isola. 12 chilometri tra andata e ritorno con un dislivello di 330 metri.
Visto il caldo diurno e l'umidita' mi sono svegliato dopo l'alba (6:30) e subito ho imboccato il sentiero che da Tekek porta a Juara. Ho voglia di incontrare qualche animale.
Il sentiero si inerpica quasi subito tra felci gigantesche, palme, piante rampicanti e alberi pregiati. Nello zaino ho acqua, macchina fotografica, occhiali, crema e poco altro. Indosso pantaloni lunghi e scarpe di gomma. Salgo piano per assorbire l'essenza della foresta e tutta la (bio)diversita' che essa emana. Cerco di non fare troppo rumore; ho l'impressione di essere l'unico essere umano nei dintorni. Quasi subito sento qualcosa di abbastanza grosso che si allontana dalle vicinanze del sentiero. Sudo molto anche se la mobilita' e' lenta.
Ad un certo punto, quasi sul crinale della collina, mi trovo al cospetto di una serie di alberi secolari meravigliosi. Li guardo, li tocco, cerco di capire se sono mogano, palissandro o altro ancora. Respiro profondamente l'aria leggermente sulfurea e carica del bosco, ascolto gli uccelli dai richiami esotici e gli schiamazzi delle scimmie.
Dopo aver ammirato uno scoiattolo dal manto davvero particolare, e' la volta che intravedo un grosso serpente che si allontana velocemente.


Eccoci, la salita e' fatta, presto la collina declinera' verso il piccolo villaggio di Juara. Mi risciacquo il viso presso un ruscello e rialzo il capo.
In quel momento, con le gocce di acqua tiepida che mi scorrono sul volto, mi rendo conto di essere in straordinaria sintonia con l'ambiente che mi circonda. Lo spettro che soffriva dei piccoli pregiudizi verso ciò che e' alieno e sconosciuto e' svanito con l'incontro.
Questa Natura primordiale e' quella da cui proveniamo; il distacco da Essa contribuisce a misurare la lontananza da noi stessi.
 
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