martedì 28 novembre 2017

Sierra Madre Occidental


venerdì 17 novembre 2017

Hidalgo del Parral

Se ora sento di essere arrivato ad una svolta della vita, non è per ciò che ho guadagnato, ma per ciò che ho perduto.
A. Camus

Arrivo a Parral in un pomeriggio caldo e senza vento. La stazione degli autobus regionali è una vetrina situata in una strada qualunque della città e la sua sala d'aspetto tracima nell'entrata di un hotel ad ore. Chiedo alla signora della ricezione se il prefisso telefonico scritto sul vecchio biglietto aereo corrisponde alla località. Lei annuisce, offrendomi una chiamata dal suo cellulare.
Timoteo arriva quasi subito con il pick-up. La sacra domenica mi introduce nell'ambiente familiare radunato attorno ad una parrilla, al riparo dal sole bruciante di Chihuahua.
Sono giorni che assumo poche proteine e la grigliata nella casa di Timoteo è davvero provvidenziale. Birra, agua de jamaica fatta in casa, carne, patate e molte pietanze portate dai parenti.
Mentre Timoteo mette musica elettronica europea, la famiglia allargata mi pone domande alle quali non sempre riesco a rispondere. Cosa. Dove. Chi. 
Un figlio arriva dopo il lavoro in un ristorante. E' stanco ed accaldato. Mi racconta che ha studiato scuola alberghiera proprio a La Paz, Baja, dove ho conosciuto il padre. Cerco di bere poco. La madre di Timoteo infine serve nieve de limón per tutti.

Quando il sole si rifugia dietro colline lontane ed i parenti cominciano a diminuire, Timoteo mi porta a fare un giro per la città. "Vedi, questa è la strada dove hanno ucciso Pancho Villa", mi spiega. "Questa è la cattedrale, il municipio, il fiume".
Il buio è rischiarato dalle luci dei lampioni e dei palazzi, dai fari delle auto che carosellano compulsivamente attorno le vie centrali.
"Dove ti porto?", chiede infine il mio ospite.
"Alla stazione degli autobus interstatali", rispondo.

Una notte senza sonno, con il tempo immobile, in un terminal dove arriva e parte gente. Dove anime, famiglie, parenti, si lasciano senza sapere se mai si rivedranno. La separazione, la perdita sono i momenti più strazianti che contraddistinguono gli umani.

E' l'una e venti precisa quando parto verso il sud, Durango. 555 pesos. Al salire gli addetti della sicurezza ci riprendono con una telecamera e perquisiscono il bagaglio a mano.
Il primo di tanti viaggi notturni nelle praterie del Messico.
  
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venerdì 27 ottobre 2017


venerdì 13 ottobre 2017

Scendendo la Sierra Madre

Le cose avanzano troppo velocemente. Non riesco a metabolizzare tutto nonostante la mia identità si faccia sempre più minuta per far spazio al mondo che entra.
Sono a Guachochi, 2400 m. Ancora per poco in cima alla Sierra Madre. 

Il viaggio da Creel a Guachochi è stato spettacolare: strade intricate, pareti rocciose chiare che terminavano in canyon profondi, boschi di aghifoglie, querce e cespugli. Sole. Nell'autobus salivano e scendevano indiani Tarahumara timidi e gentili, sovente vestiti con abiti tradizionali. Gli uomini portano una tunica bianca di cotone che arriva alle ginocchia, maglioni o casacche colorate, una fascia attorno alla testa e gli immancabili sandali sottili legati alle caviglie. Pochissime auto, pochissima popolazione. Cominciavo a scoprire l'immenso Nord.

A Guachochi mi dirigo verso una minuscola e anonima stazione degli autobus. "Quando parte il primo mezzo per Parral?", chiedo alla signora della biglietteria. "Tra mezz'ora. Sì, solo seconda classe". La biglietteria/sala d'aspetto è piena di persone, valigie, pacchi con indirizzi di luoghi sconosciuti scritti a mano. Sulle pareti sono attaccati due poster sbiaditi raffiguranti i Copper Canyon.
Salgo sul bus diretto a Hidalgo del Parral ancora a stomaco vuoto. Questa sera nella città dove è stato ucciso Francisco "Pancho" Villa mi aspetta Timoteo con la sua parrilla domenicale.

La carretera estatal 23 scende, e discendendo un fluido caldo e denso entra dai finestrini. Ogni chilometro di strada che scorre sotto di me vede l'inesorabile, progressivo avvicinamento alla zona semidesertica: tra alberi spinosi, tra i cespi dove a volte si attaccano rifiuti di plastica, sorgono estesi pascoli d'erba rinsecchita che dovrebbero mangiare animali invisibili. Pali di legno congiunti dal filo spinato. Colline e montagne sagomate dal vento definiscono la cornice del paesaggio.
La strada continua a scorrere.



 
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