mercoledì 23 agosto 2017

Indiano Tarahumara


venerdì 11 agosto 2017

Camminando verso la chiesa indigena di San Ignacio


L'autobus mi lascia ai bordi del territorio indigeno. Passo indisturbato il posto di controllo. E' presto. Costeggio il lago Arareko, addentrandomi nel distretto autonomo degli indiani Tarahumara.
La giornata inizia nel migliore dei modi: il lago contornato da grandi boschi di conifere, i sentieri d'erba e aghi di pino, scoiattoli che si rincorrono attraverso acrobazie. Nessuno in giro.
Sono a pochi chilometri da Creel, Chihuahua. L'obiettivo di oggi è raggiungere la chiesa indigena di San Ignacio, il santo preferito.

Dopo aver passato un'area attrezzata per i visitatori, incontro un uomo che mi conferma l'esistenza di una scorciatoia per raggiungere San Ignacio.
Ad un certo punto il bosco di pini e querce si apre, lasciando spazio ad alcune fattorie attorniate da prati che attendono pioggia. La strada sterrata mi porta verso uno di questi casolari. Domando dove passa il sentiero a delle signore intente ad accudire gli animali. Una non capisce, l'altra mi indica una direzione vaga oltre la fattoria. Cani da guardia corrono verso di me ma vengono richiamati dalla donna.
Risalgo un dolce crinale boscoso composto da rocce calcaree e, oltre una nascosta zona di abbandono dei rifiuti, domino l'avvallamento successivo.
Il panorama montano è rappresentato da animali al pascolo, colline, foreste, qualche fattoria. Illuminate dal sole in lontananza si delineano bastioni di rocce modellate dal tempo. La stessa pietra morbida che forma i Copper canyon o Barrancas del Cobre.

La valle successiva è quella che racchiude la piccola comunita' indigena di S. Ignacio. Alcune case, una scuola, cimitero, un campo sportivo coperto. Ma è la chiesa la vera perla. Nelle squadrate pietre chiare che costituiscono la struttura, le arcate semplici, nella sua frugalita' inalo tutta l'essenza del nord del Messico rurale.
Incorniciata dalla limpidita' del cielo d'America, vedo immagini di un territorio scarno che ci hanno fatto conoscere le pellicole, ma anche le storie del declino indigeno, la religione, il sincretismo.
Entro nel luogo di culto che presenta diverse scritte in lingua indiana. Un Gesù dai tratti autoctoni.

Fuori il sole arde. La strada per tornare a Creel è tutta da definire.

Diritti riservati Creative Commons

lunedì 24 luglio 2017

I canyon visti dalla ferrovia Chihuahua-Pacífico

Appena seduto sulla poltrona del treno sopraggiunge un forte attacco di sonno. Non posso dormire ora che inizia uno dei percorsi su rotaia piu' mozzafiato che esistano. Tiro fuori una bevanda dal leggero contenuto eccitante e quasi subito mi sembra di star meglio. Grazie Bernie per il dono.

Tutto ha inizio la giornata precedente: il ferry che dalla Bassa California conduce a Topolobampo, con le magnifiche coste della penisola californiana viste dal mare, il passaggio fino alla stazione di Los Mochis, la notte, le zanzare e la coda per acquistare il passaggio. Il primo della fila, il primo a possedere un biglietto per Posada Barrancas.

Il treno con l'aria condizionata si arrampica lentamente. Prima i campi coltivati stranamente verdi, il fiume, le colline in avvicinamento. Il panorama iniziale e' piuttosto desolante: rifiuti abbandonati, fattorie e case disperse nel nulla, animali che vagano tra cespugli spinosi e cactus alla difficile ricerca di nutrimento. Auto di vecchia fabbricazione statunitense coperte dalla ruggine e dalla polvere.
Sopra i 700 metri, e dopo aver passato le prime gallerie, aumenta il verde, l'umidita' e l'altezza degli alberi. Le vallate diventano gole profonde dove in basso scorre qualche filo d'acqua residua. Sono mesi che non piove.

Il treno che porta in alto passando per i Copper Canyon o Barrancas del Cobre effettua le prime fermate. Controllori compassati in perfetta uniforme assegnano posti rigorosamente a sedere. Il mio vagone di seconda classe è praticamente pieno.

Da un alto ponte a forma di arco domino un lago artificiale lungo e stretto. Sulle sue sponde ci sono coltivazioni di ortaggi.
Nelle curve piu' acrobatiche vedo la motrice sbuffare fumo grigio e le successive carrozze. Entriamo in un nuovo tunnel, e, improvvisamente, all'uscita il paesaggio muta ancora. Scompare la foschia e arrivano deliziosi boschi di sempreverdi. Siamo a 1500 metri, l'inizio di un altopiano che, nelle sue scarse morfologie, seguiro' per migliaia di chilometri verso sud.


In prossimita' della mia meta si cominciano a vedere conformazioni rocciose stratificate che precipitano in valli strette e oscure. E' iniziata una delle aree piu' estese al mondo per quantita' e qualita' dei canyon.
Il controllore mi avvisa che la prossima fermata è Posada Barrancas. 2200 metri. Scendo dal treno nella piccola stazione montana. L'aria odora di conifere ed il sole è forte. Dopo molte ore di viaggio senza dormire sono a Copper canyon. Gli occhi salutano il treno che riparte. 

venerdì 7 luglio 2017

La riserva marina di Cabo Pulmo, Baja California

 

Alzo gli occhi dalla sabbia fresca del mattino e mi trovo davanti le rocce marroni che definiscono la spiaggia, l'erba morta, i cespugli, i cactus e, ancora una volta, mi sembra tutto nuovo. E' la luce nuova del mattino o un'altra rinascita?
Quello di cui sono certo è che mi trovo nella playa Los Arbolitos, parco marino di Cabo Pulmo, nell'estremo sud dell'infinita penisola californiana. 

Ieri una coppia di messicani che vivono a Sacramento, USA, mi hanno portato fino a qui. Ho affittato una piccola tenda verde e l'ho distesa sulla sabbia, sotto un ombrellone di foglie di palma. Non contenti di avermi offerto un passaggio da La Ribera, i due messicani mi hanno dato dell'acqua ed un  paio di asciugamani come giaciglio notturno. Poi sono tonati a San José.

Tutta la riserva marina di Cabo Pulmo ha qualcosa di di speciale, mai visto. L'austero deserto si congiunge con il fertile mare di Cortéz. Strade sterrate mostrano decine di insenature segrete e ampie baie, spiagge con cristallina acqua tropicale liberate dalle convenzionali palme da cocco. Notti liberate dal caldo umido, con temperature che salgono e scendono molto velocemente. 
Identita' mutanti, nuove esistenze, sotto la potenza del viaggio e dell'incontro.

Quando il sole senza nuvole comincia a scaldare, prendo il sentiero che segue la costa. Roccia, sassi, sabbia ed il mare calmo. La terra trasuda calore. Compio un paio di chilometri, quindi scendo verso una piccola insenatura. Rapaci ed uccelli marini giocano il vento che viene dall'oceano Pacifico. L'acqua sembra piu' calda del solito. Lego le infradito alla fettuccia dei calzoncini e mi immergo nel liquido dal quale tutti veniamo seguendo la barriera corallina che riporta a Los Arbolitos.

Diritti riservati Creative Commons






 
Creative Commons License
Travel Viaje Viaggio Voyage by Dr. Stefano Marcora is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at travel-ontheroad.blogspot.com.