lunedì 24 luglio 2017

I canyon visti dalla ferrovia Chihuahua-Pacífico

Appena seduto sulla poltrona del treno sopraggiunge un forte attacco di sonno. Non posso dormire ora che inizia uno dei percorsi su rotaia piu' mozzafiato che esistano. Tiro fuori una bevanda dal leggero contenuto eccitante e quasi subito mi sembra di star meglio. Grazie Bernie per il dono.

Tutto ha inizio la giornata precedente: il ferry che dalla Bassa California conduce a Topolobampo, con le magnifiche coste della penisola californiana viste dal mare, il passaggio fino alla stazione di Los Mochis, la notte, le zanzare e la coda per acquistare il passaggio. Il primo della fila, il primo a possedere un biglietto per Posada Barrancas.

Il treno con l'aria condizionata si arrampica lentamente. Prima i campi coltivati stranamente verdi, il fiume, le colline in avvicinamento. Il panorama iniziale e' piuttosto desolante: rifiuti abbandonati, fattorie e case disperse nel nulla, animali che vagano tra cespugli spinosi e cactus alla difficile ricerca di nutrimento. Auto di vecchia fabbricazione statunitense coperte dalla ruggine e dalla polvere.
Sopra i 700 metri, e dopo aver passato le prime gallerie, aumenta il verde, l'umidita' e l'altezza degli alberi. Le vallate diventano gole profonde dove in basso scorre qualche filo d'acqua residua. Sono mesi che non piove.

Il treno che porta in alto passando per i Copper Canyon o Barrancas del Cobre effettua le prime fermate. Controllori compassati in perfetta uniforme assegnano posti rigorosamente a sedere. Il mio vagone di seconda classe è praticamente pieno.

Da un alto ponte a forma di arco domino un lago artificiale lungo e stretto. Sulle sue sponde ci sono coltivazioni di ortaggi.
Nelle curve piu' acrobatiche vedo la motrice sbuffare fumo grigio e le successive carrozze. Entriamo in un nuovo tunnel, e, improvvisamente, all'uscita il paesaggio muta ancora. Scompare la foschia e arrivano deliziosi boschi di sempreverdi. Siamo a 1500 metri, l'inizio di un altopiano che, nelle sue scarse morfologie, seguiro' per migliaia di chilometri verso sud.


In prossimita' della mia meta si cominciano a vedere conformazioni rocciose stratificate che precipitano in valli strette e oscure. E' iniziata una delle aree piu' estese al mondo per quantita' e qualita' dei canyon.
Il controllore mi avvisa che la prossima fermata è Posada Barrancas. 2200 metri. Scendo dal treno nella piccola stazione montana. L'aria odora di conifere ed il sole è forte. Dopo molte ore di viaggio senza dormire sono a Copper canyon. Gli occhi salutano il treno che riparte. 

venerdì 7 luglio 2017

La riserva marina di Cabo Pulmo, Baja California

 

Alzo gli occhi dalla sabbia fresca del mattino e mi trovo davanti le rocce marroni che definiscono la spiaggia, l'erba morta, i cespugli, i cactus e, ancora una volta, mi sembra tutto nuovo. E' la luce nuova del mattino o un'altra rinascita?
Quello di cui sono certo è che mi trovo nella playa Los Arbolitos, parco marino di Cabo Pulmo, nell'estremo sud dell'infinita penisola californiana. 

Ieri una coppia di messicani che vivono a Sacramento, USA, mi hanno portato fino a qui. Ho affittato una piccola tenda verde e l'ho distesa sulla sabbia, sotto un ombrellone di foglie di palma. Non contenti di avermi offerto un passaggio da La Ribera, i due messicani mi hanno dato dell'acqua ed un  paio di asciugamani come giaciglio notturno. Poi sono tonati a San José.

Tutta la riserva marina di Cabo Pulmo ha qualcosa di di speciale, mai visto. L'austero deserto si congiunge con il fertile mare di Cortéz. Strade sterrate mostrano decine di insenature segrete e ampie baie, spiagge con cristallina acqua tropicale liberate dalle convenzionali palme da cocco. Notti liberate dal caldo umido, con temperature che salgono e scendono molto velocemente. 
Identita' mutanti, nuove esistenze, sotto la potenza del viaggio e dell'incontro.

Quando il sole senza nuvole comincia a scaldare, prendo il sentiero che segue la costa. Roccia, sassi, sabbia ed il mare calmo. La terra trasuda calore. Compio un paio di chilometri, quindi scendo verso una piccola insenatura. Rapaci ed uccelli marini giocano il vento che viene dall'oceano Pacifico. L'acqua sembra piu' calda del solito. Lego le infradito alla fettuccia dei calzoncini e mi immergo nel liquido dal quale tutti veniamo seguendo la barriera corallina che riporta a Los Arbolitos.

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martedì 27 giugno 2017

Le insenature di corallo vicino a La Paz

Dei pescatori con la barca a traino mi accompagnano fino alla spiaggia di Pichilingue.
Con l'odore forte dell'aria marina e abbagliato dal deserto della Bassa California torno sulla strada per chiedere un altro passaggio.
Arrivo a Telocote presto, e subito vengo ammaliato dalla sua lunga striscia di sabbia fustigata dal vento di sud-ovest. Non c'e' nessuno. Il mare trasparente porta gli occhi alla dirimpettaia isola Espíritu Santo costituita da rocce color crema e da qualche lingua di sabbia.

Dopo le dieci, quando la temperatura comincia ad alzarsi seriamente, decido di raggiungere playa Balandra. Il sentiero sale per una collina di pietre, rocce e terra rossastra.
E qui, per la prima volta, respiro il deserto. Dai sassi che quasi non conoscono l'acqua, sale un caldo profumato di erba secca subito spazzato via dal vento benedetto. Cespugli dormienti senza foglie fanno compagnia ai cactus che tutti, nell'immaginario collettivo, consideriamo i cactus ideali: cilindrici, regolari, molto alti, perfetti, con qualche ramo laterale che cresce ad "U" o a "J". Meglio quelli ad U, obvio.

Al termine della collina domino un'insenatura. Forse si tratta di un peduncolo isolato della frequentata spiaggia Balandra, forse è un'altra. Scendo verso il mare e, oltrepassata una duna che protegge l'entroterra, sono arrivato. Siamo in quattro: io, un gabbiano ed una coppia di uccelli marini dal becco rosso, gli ostreros, gia' conosciuti in mari lontani del continente americano.
Cosa fare? Maschera, boccaglio e incontrare qualche trigger o angelfish tra le rocce coralline, tornando nel fluido primordiale. Il corpo accaldato esprime gioia ed imbarazzo quando si immerge nell'acqua che non supera i 25 gradi di temperatura. 
L'acqua del pacifico mar di Cortéz.






lunedì 12 giugno 2017

Il viaggio inizia

Con l'avanzare delle ore la foschia copre le montagne lontane. L'aereo vira su una Città del Messico che non finisce mai: strade, case, qualche parco, campi da calcio, le tende plastificate dei mercati rionali. Case-case-inquinamento-persone.
Oltre la capitale vedo montagne aride solcate da torrenti che talvolta si riempiono d'acqua. Proseguendo verso nord la cordillera si arricchisce  di alberi e qualche lago. Passo sopra uno di questi, molto grande e poco profondo. Piu' a ovest gli occhi raggiungono un paio di montagne alte semicoperte dalle nuvole. Il cratere di un vulcano spento dove si raccoglie un laghetto. Boschi che bruciano.

Ad un certo punto tocchiamo la costa pacifica: prima verde, poi una striscia regolare di sabbia, quindi le onde vigorose dell'oceano.

Il peduncolo della Bassa California arriva all'improvviso, di soppiatto. Anche da qui, dall'alto, si capisce che il mare, la costa, l'entroterra della California che guarda il mare di Cortéz possiede qualcosa di unico, straordinario. L'aereo scende verso La Paz. Prima di arrivarci viriamo attorno ad una lingua di terra che si protende verso est e poi a nord. In essa sono contenute piccole insenature. Il mare è verde, calmo, deserto. L'acqua di cristallo permette di vedere la sabbia chiara sottostante, le rocce marine e forse coralli. Montagne aride di pietre rossastre e gialle si gettano sul mare. Atterro a La Paz, Bassa California del sud.
Il viaggio inizia.




 
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