mercoledì 23 novembre 2016

Trekking verso il lago Gangabal

Non sono mai stato così vicino alla frontiera con il Pakistan.
Tutto quello che possiedo è nello zaino, sulle spalle: dieci chili di libertà. Nonostante il disordine intestinale che durerà mesi mi sento decisamente in forma. Naranag (2210 m) appena sotto e una foresta di sempreverdi vegliano sulla mia solitudine.

Sveglia quando il crepuscolo è al preludio dell'alba, una colazione frugale e quindi il sentiero che porta al lago di Gangabal ed alla catena dell'Harmukh. In Kashmir non è facile intraprendere un trekking di più giorni in autonomia: mappe scadenti, nessuna indicazione nei sentieri, pochi punti di appoggio, gente locale non sempre disposta a fornire informazioni.  

Alle sei sono ad una cinquantina di metri sopra il villaggio di Naranag, in una giornata afosa e piena di nuvole. Supero pastori nomadi con piccoli cavalli carichi di mercanzie, parlo con uomini che accompagnano poche capre di loro proprietà in alpeggio. Il sudore del passo veloce trasuda acqua e l'antibiotico iniziato a prendere ieri.

Il sentiero permane nella sua assoluta ripidità fino a quando non scollina. Qui mi trovo in una foresta distrutta da un vecchio incendio. Il percorso ben definito ora porta verso nord, costeggiando basse montagne e dando un po' di respiro al corpo.
Oltre i 3000 m i boschi, gli alberi, i prati sono nel loro massimo splendore, offrendo alla vista differenti specie di aghifoglie. Le rare persone che incontro rispondono che la via per Gangabal è giusta, stupendosi del fatto che sono solo.

L'orgoglio si somma alla contentezza quando finalmente entro in una conca immensa: a 3300 m, con un ritmo dolce dei Bent in testa, nonostante le nuvole basse stronchino parzialmente il panorama, riesco a vedere pascoli verdi infiniti, pietre e massi, gruppi di alberi e cespugli che si allungano verso il Pakistan e le montagne alte. Se non fosse per i prati rasati dai troppi animali penserei di trovarmi in altri mondi.

Una leggera discesa e sono quasi ai piedi della valle dell'Harmukh, di fronte al rifugio alpino dello stato del Jammu e Kashmir. Tre ore e dieci per arrivare. Da uno dei due stabili colorati d'azzurro esce Ali, il gestore. Indossa un pheran grigio, la tunica tipica kashmira. Dopo brevi convenevoli, con tranquilla fermezza gli dico quanto posso spendere. Ali mi guarda negli occhi, consapevole della cifra molto bassa che gli propongo. In altri casi forse avrebbe ribattuto, ma il suo intuito comprende che so. "OK, però dormi nell'edificio più piccolo con noi, e... non dire a nessuno che ti faccio questo prezzo". Annuisco, conoscendo bene quest'ultima parte di frase.

Lascio lo zaino in capanna e mi dirigo verso il lago Gangabal. Le cime dell'Harmukh rimangono ancora celate dalle nubi del lontano monsone.

martedì 15 novembre 2016

In avvicinamento al lago Gangabal, Kashmir


domenica 30 ottobre 2016

Il ghiaccio del Kolahoi, 5425 m

"Dieci anni fa il ghiacciaio arrivava fin qua", dice Manzoor, mentre risaliamo le ultime porzioni della Lidder Valley.
All'aria sottile dei tremila metri, al sole giovane che illumina di sbieco quello che gli occhi hanno la grazia di vedere, si aggiunge un'ulteriore piacevole notizia: i due figli dei nostri ospiti pastori ci accompagnano verso l'alto. I genitori infatti hanno lasciato un giorno libero ai due giovani per venire con noi. Il ragazzo è sveglio, impertinente, gioviale e veloce come un fulmine. Un animale di montagna. La ragazza sedicenne è un po' robusta, tranquilla ma per nulla timida. Come in altri casi in questa parte di viaggio kashmira a contatto con le famiglie, si è mostrata un paio di volte senza il velo islamico. Ho subito legato con i due ragazzi.

Assorbo con intensità il panorama che si modifica lentamente. Dai nevai passiamo a prati disseminati di pietre e massi, dove qua e là sorgono macchie di fiori che gli animali non possono mangiare. A 3350 metri, prima del ghiacciaio, la valle diventa pianeggiante, lasciando allargare il fiume dalle acque bianche. Controsole vediamo pastori con decine di pecore attraversare il torrente alla ricerca d'erba. Spronano gli animali a solcare le acque violente. Scatto foto dove il fluido trasparente di sorgente si mischia a quello nebuloso.

Quando diviene più faticoso camminare sulla neve, prendiamo un ripido sentiero alla nostra destra, e, oltre una collina coperta da cespugli simili a rododendri, la mente satura di passione scorge l'inaspettato: un picco perfetto e ripido di erge verso est, verso il Ladakh, a coronare la sequela di cime imponenti. "E' la punta più alta del Kolahoi", spiega l'amico Manzoor.

Con il figlio dei pastori raggiungo quota 3700, il bordo dell'antica morena dalla quale dominiamo il gruppo montagnoso.
Ai margini di una turbolenta Asia centrale, in una ordinaria, limpida, giornata estiva, veneriamo lo straordinario panorama sotto e sopra di noi fatto di rocce, ghiacciai, crepacci e rumore d'acqua che si mischia a quello del vento. Stiamo in silenzio di fronte alla vetta aguzza del Kolahoi, dove la Natura, come non mai, riesce a congiungere il corpo allo spirito.



lunedì 10 ottobre 2016

Le pareti del Kolahoi


 
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