martedì 24 maggio 2016

Viaggiatori a Cartagena

Il caldo di Cartagena ti affoga. La pressione scende in basso, la pelle è unta da crema e sudore, i suoi pori sembrano bocche di vulcano. Tento di ingannare la fatica con la bellezza della città. Birra, aria condizionata, doccia fresca, acqua, vento. Sono dieci giorni che, dalle Ande, respiro polvere sulla costa caraibica. Non riesco ad ambientarmi. Torno verso il mio dormitorio nel quartiere Getsemaní.

Linda è distesa sulla parte bassa di uno dei tre letti a castello. Lo zaino sotto la rete, la stanza senza finestre, l'aria condizionata pulsante. Dove il suo corpo non è appoggiato, sul lenzuolo trovano spazio vari oggetti come mappe, biglietti da visita, chiavi, aggeggi da toilette, un asciugamano, dei braccialetti.
Linda parla bene il castellano. Viso e corpo abbronzato, capelli lisci, altezza media. Trent'anni. Il suo modo di vestire non particolarmente curato si sposa con il disordine del letto. Ma è solo spuria apparenza. Dietro gli occhi azzurri ed il modo fare distratto si cela una personalità. Psicologa, ha lasciato il suo posto di lavoro in Olanda per girare sulle strade del mondo, per conoscere meglio sé stessa. Ha lavorato nei bar, ha raccolto frutta in qualche piantagione nel centro America, e poi ha conosciuto gente che noleggia imbarcazioni nel mar dei Caraibi. Da mesi accompagna turisti su una barca a vela. Ora è in vacanza a Cartagena, in attesa di imbarcarsi di nuovo. E' interessante parlare con una persona che conosce le cose, dissimulando di conoscerle.
Linda mi racconta della sua instabilità con felice sicurezza. Linda è imprendibile. Vado a far la doccia e, al ritorno, è uscita.
   
Sempre in quel dormitorio di Cartagena de las Indias incontro Peter. Arriva da non so quale parte durante la sera, prima che tutti usciamo per andare incontro alle brezze notturne.
Peter giunge con un altra ragazza, ma non sono insieme. Lui è tedesco, lei è venezuelana. Lui prende il posto letto sopra Linda, lei sopra un altro. Si ignorano.
Anche se il giovane viaggia in modo autonomo, si individua la sua insicurezza nel muoversi, la non facilità nel parlare spagnolo, il difficile controllo delle cose. Chiede alcuni consigli. Peter studia architettura ed è in Colombia per viaggio. Mi pare molto interessato alle strutture coloniali. E' arrivato nel posto giusto.
Esco dal dormitorio di Getsemaní con l'aria condizionata. Nel traffico caotico della Calle 30 il crepuscolo emette gli ultimi affannosi respiri di luce.

giovedì 12 maggio 2016

Cartagena


mercoledì 27 aprile 2016

Festa nel paese


Oggi è un giorno di grande festa a Zumbahua. La sua piazza d'asfalto e polvere dove domina il vento delle alture ora è popolata da camion e uomini che stanno allestendo i palchi delle orchestre.
Gente di città si mischia a montanari dall'afflato sottile delle Ande. L'eccitazione è notevole.

Il tempo è un inganno della mente. Sono nel pieno di una giornata infinita. Nelle vene scorrono le immagini di queste ultime venti ore. Ieri ero a Cuenca, adesso, dopo una camminata di diverse ore, sono nell'hostal di doña Anita affacciato sulla piazza. A 3550 metri di altitudine.

Quando i cinque palchi dei musicisti sono pronti, arrivano i festeggiati in corteo. Le donne indossano scarpe col tacco, gonne scure, gli immancabili cappelli di feltro e scialli finemente ricamati. Gli uomini ed i ragazzi vestono decisamente con minor grazia. Quello che sicuramente i generi non dimenticano di tenere sono i bicchieri e le bottiglie di birra Pilsener. Diverse persone sono già ubriache. L'orchestra immette nell'aria suoni al massimo volume.

Scendo in piazza e mi mescolo alla folla. Le feste sono in realtà due. Due matrimoni ed una comunione. I gruppi musicali si alternano ciascuno nel suo palco. Gli invitati ed i festeggiati cominciano a ballare in una frenesia di sonorità distorte, scialli svolazzanti e bottiglie mezze piene del liquido amaro che schiuma. Il sole forte dell'equatore riscalda ulteriormente l'atmosfera.

Con l'andare del pomeriggio e l'alternarsi preciso dei musicisti, le feste cominciano a degenerare: vedo un ragazzo corpulento steso a terra, uomini che urinano in ogni dove. Le ubriacature si incattiviscono. Madri e mogli cominciano a portare a casa uomini sfatti e senza più soldi. Quando arriverà il buio non mancherà la pelea, la lotta, le botte, le rivalità di paese.

 
Dopo aver fatto due passi, torno al balcone dell'hostal che guarda la piazza di Zumbahua. Nell'atmosfera obliqua e limpida del tardo pomeriggio, i colori vivaci di ponchos e scialli danzanti nonché caracollanti si mescolano nella caleidoscopia nella festa che libera l'alterazione della coscienza.
Dall'alto tutto sembra perfetto: la gente festante, la chiesa, più in là le case basse, e quindi montagne tappezzate da pascoli e campi coltivati. I boschi di sempreverde nelle conche vengono oscurati temporaneamente da nuvole gonfie che scendono verso il Pacifico.
Su quel balcone di Zumbahua, sferzato dalle brezze alte, qualcuno è illuso di essere stanco. La giornata non ha voglia di terminare.
  
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giovedì 14 aprile 2016

Fiesta en el altiplano


 
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