mercoledì 30 dicembre 2015

La musica favorita del 2015


Jono McCleery (GB) – Pagodes – If Music & Ninja Tune Records Genere: Indie, Folk




Floating Points (GB) – Elaenia – Luaka Bop / Pluto Records Genere: Electronic, Cinematic




 Björk  (IS) – Vulnicura – One Little Indian Records Genere: Experimental, Electronic, Art Pop




 Jon Hopkins (GB) – Late Night Tales – LateNightTales Records Genere: Electronic, Cinematic, Ambient




Kamasi Washington (USA) – The Epic – Brainfeeder Records Genere: Soul Jazz, Fusion




 Menzione per i lavori di: Hudson Mohawke, Alabama Shakes, Yppah, Neon Indian, Drake, Jamie xx e Alex G.

giovedì 24 dicembre 2015

Il vulcano Chimborazo

In poche ore sono passato dalle miti temperature di Baños alla nebulosa entrata del parco del Chimborazo. Da 1800 a 4300 metri. I guardiaparco mi suggeriscono di coprirmi.
A Riobamba ho improvvisamente deciso di prendere il bus che passa per l'entrata del vulcano più alto d'Ecuador. Nel mezzo di trasporto mi sono seduto accanto ad una guida che è scesa con me. Dice che oggi non sarà facile vedere la montagna.
In un ambiente silenzioso, lunare, spazzato da nuvole perenni e dal vento che le accompagna, mi registro, lascio lo zaino presso l'ufficio del parco, indosso la giacca a vento economica e faccio rifornimento d'acqua nei bagni. I guardiaparco annuiscono con la testa. "Non abbandonare il sentiero, ci si può perdere", ammoniscono. Non sono preoccupati per me, sanno che so.

Respiro nuvole e vento sulla strada brulla di ghiaia grigia, con rari ciuffi gialli d'erba e cespugli contorti verso il basso come unica vegetazione. Ogni tanto il panorama circoscritto si apre per qualche secondo facendo intravedere l'altopiano che declina bruscamente verso nord-ovest. Il percorso sale lentamente, attraversando dolci avvallamenti extraterrestri che rapidamente cambiano direzione. Passa qualche jeep, mischiando polvere di terra con polvere d'umido. Quando la motivazione di salire verso il nulla si affievolisce nel freddo, con una prospettiva indefinita di osservare qualcosa, nel silenzio assoluto,
davanti a me la nebbia si apre disvelando una longilinea sagoma di vigogna. Zampe sottili, collo lungo, manto superiore quasi rosso. Come in un pezzo onirico di Floating Points, la visione dell'animale dal comportamento composto e attento dura poco. La nebbia lo riassorbe presto.

Dopo aver preso una scorciatoia e riguadagnato la strada decido di fare autostop. Il primo pick-up non si ferma, il secondo sì. Sono due uomini sulla quarantina; uno meticcio e l'altro nero. Sarà per il loro modo di parlare, per il fatto che il nero ha l'accento straniero e perché sullo specchietto dell'auto portano un crocifisso che chiedo loro se solo cristiani. "Sì, siamo sacerdoti", rispondono.
Il prete ecuadoriano è parroco di un quartiere della città di Riobamba, il nero viene dal Congo ed è un missionario.


In un lampo siamo al primo rifugio a 4800 metri. Saliamo insieme a piedi verso la base del Chimborazo, la montagna con la cima più distante dal centro della Terra. La vegetazione è ormai quasi sparita lasciando pieno campo a terra rossa lavica e pietre smussate. A circa 5000 metri raggiungiamo il secondo rifugio. Qui incontriamo la neve. I due sacerdoti sono felici di poter mettere i piedi sulle chiazze di neve ventata e di toccarla. A tratti il vulcano di 6310 metri disvela porzioni di ghiaccio e roccia che salgono alte, oltre le nuvole.
Deve aver nevicato durante la notte. Nell'equatore d'America anche a 5000 metri la neve dura poche ore.

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giovedì 10 dicembre 2015

Alle soglie del Chimborazo (6310 m)

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venerdì 27 novembre 2015

La laguna di Quilotoa

Il raffreddore e la voce bassa li porto addosso da qualche giorno. Sono su un camion che lentamente mi accompagna alla laguna di Quilotoa. E' una delle tante mattine iniziate troppo presto.

Ieri ho chiesto a tre persone l'orario del bus per Quilotoa, tutte e tre mi hanno dato differenti orari. Per non sbagliare alle sei ero fuori dall'hostal, aspettando il mezzo pubblico nel freddo moderato di Zumbahua. Anita, la proprietaria dell'alloggio, mi faceva compagnia avvolta nel suo poncho chiaro. Il bus non è passato.
Si ferma un camionista e dice in quechua alla signora Anita che va a Quilotoa per una cifra tre volte superiore a quella del bus. No. Il camion aspetta, io pure. Alla fine conveniamo per un prezzo equo. Partiamo.

Passiamo per pianori coltivati e colline, salendo piano. Prima delle otto superiamo la sbarra d'entrata della località turistica che dovrebbe prevedere una tassa di entrata. Nessuno in giro. Fuori fa freddo e c'è vento. Altitudine 3850. Trovo una stanza, poso lo zaino, riempio la bottiglia d'acqua e sono pronto per esplorare uno dei siti più significativi dell'Ecuador.
Come per la laguna di Cuicocha http://travel-ontheroad.blogspot.it/2015/08/il-vulcano-cuicocha-sopra-otavalo.html , il lago di Quilotoa si trova all'interno di un immenso cratere vulcanico.
 
Appena giungo sul bordo del vulcano vengo colpito da una vista eccezionale: in basso laQ01 superfice d'acqua è attraversata da una fascia di riflesso solare che attraversa metà del lago; il liquido è increspato dal vento che viene da oriente. Più in alto, oltre le pareti che si gettano nel cratere, l'orizzonte vasto offre montagne verdeggianti senz'alberi e nuvole in lento, inesorabile, addensamento. Fortunatamente riesco ancora ad ammirare i due picchi innevati dell'Illiniza. Poco a destra si indovina la sagoma del vulcano che fuma, la montagna di ghiaccio e cenere che porta il nome di Cotopaxi.
Ho chiesto ad un locale da che parte è meglio iniziare il periplo del grande cratere, lui mi risponde: "In senso antiorario. Non lo fa nessuno". Sempre con l'indescrivibile eccitazione del nuovo, ancora in perfetta solitudine, dal punto di osservazione presso cui mi trovo imbocco il sentiero a destra. 
La traccia nitida e stretta lambisce il bordo del vulcano, e con il camminare si modifica lentamente la percezione degli elementi, dei colori, il muoversi del sole. A sud posso vedere in tutta la loro estensione le montagne rocciose e le valli immense di Zumbahua. Laggiù, in quei posti magici ancora incontaminati dal turismo, strati persistenti di nuvole in movimento ma stabili cominciano ad abbassarsi sulle cime verdeggianti che superano i 4500 metri, portando nei pascoli abitati dai lama gocce gelate di pioggia.

Dopo aver attraversato un altro osservatorio Q02sopra il lago di Quilotoa mi aspetta l'ascesa della parete più alta del cratere. Dal basso vedo arrampicare una irregolare e ripida striscia che si insinua tra cespugli bassi ed erba giallo-verde.
Il sudore scompare velocemente sulla cima del monte Juyende, 3930 metri di altitudine spazzati dal vento che viene da lontano; la cumbre è coperta da terra chiara, pietre e steli ricurvi. Da questa altezza posso cogliere l'interezza del vulcano e del grande lago depositato nel suo cratere. Il mio corpo magro assorbe visioni di colori limpidi e basilari.
Scendo veloce dall'altro lato della cima, conQ03 un occhio sempre attento alle nuvole scure che si rafforzano nel cielo.
Oltre la metà del circuito incontro un gruppo di tre ragazzi silenziosi, poi altri ancora muniti di guida locale.  
Dopo tre ore e trenta minuti, tranquillo e sicuro nella mia solitudine, malgrado il mal di gola ed il raffreddore, riguadagno l'osservatorio da dove sono partito. Ora nuvole grigie stanno coprendo tutto, trasformando le acque del vulcano di un colore verde cinereo, che il vento forte rende ancora più misteriose nelle loro profondità imperscrutabili.

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