giovedì 10 ottobre 2013

Avversita' filippine

Il volo della Cebu Pacific proveniente da Taiwan arriva a Manila quasi puntuale. Penultimo viaggio con questa compagnia a cui è vietato volare in occidente causa scarsa sicurezza. La mattina ancora giovanissima sotto i suoi cieli foschi mostra campi con case allagate. Manila e parte di Luzon sono attraversate da una lunga tempesta tropicale, in oscura, fatalista, attesa del tifone che da Formosa si dirige verso sud-est. L'ho anticipato di poco.
Tra due ore ho la coincidenza per Cebu. A differenza dell'andata adesso devo ritirare il bagaglio di stiva per reimbarcarlo. Ci sara' un motivo...
La ragione la scopro presto. Il mio volo è stato cancellato e nel caos del piu' grande aeroporto del paese riesco ad ottenere un aereo con partenza un'ora e mezza dopo il previsto. Vago senza meta tra gente in preda ad una moderata ansia e negozi illuminati male. Dalle grandi finestre l'acqua cola sui vetri. Entrato nella sezione dell'aeroporto dedicata ai voli nazionali mi accorgo che il monitor degli orari non è aggiornato. Ne cerco un altro ma la situazione è invariata. La tempesta e forse qualche altro diavolo d'evento sta bloccando il traffico aereo. Mi dirigo verso la mia presupposta porta d'imbarco ma, anche qui, è pieno di gente in piedi, seduta su poltrone o sul pavimento in attesa di qualche indizio. I programmi di raggiungere oggi l'isola di Bohol stanno rapidamente sfumando. Accendo il lettore musicale sul pezzo See Thru to U.
Dopo sei ore di attesa, reclami accalorati di passeggeri, stanchezza, un inedito ristoro offerto dalla compagnia aerea, riesco a salire in aereo. Spero che tutto vada bene, adesso.
PieIn effetti tutto fila liscio, compreso l'atterraggio in una Cebu benedetta dal bel tempo. Sono le 16 quando arrivo al molo numero quattro nella speranza di prendere il ferry delle 18:30 per Tagbilaran, Bohol. E qui mi imbatto collateralmente in una delle tante disgrazie che funestano le Filippine: tre giorni fa, di sera, il ferry St. Thomas Aquinas davanti alle coste di Cebu city si è scontrato con una nave cargo, producendo un disastro ecologico con fuoriuscita di gasolio e la morte di piu' di 100 persone. Per questo incidente la navigazione notturna è temporaneamente interrotta. Mi rassegno a rimanere a Cebu, acquistando subito la prima traversata del giorno dopo, alle 6 del mattino.
Il giorno seguente mi sveglio alle 7. Non ho sentito la sveglia. Stanchezza assoluta. Impreco. Esco dalla guest house per la colazione, due spese, poi recupero lo zaino e da Cebu downtown raggiungo a piedi il molo. Il ferry veloce delle 9:20 per Bohol mi attende. L'aver perso il viaggio delle 6 mi costringe a pagare una penale di 100 piso. Con umore acido salgo sull'imbarcazione. Quasi subito un coppia di filippini tentano di conversare con me. Rispondo a monosillabi. Sono marito e moglie residenti a Cebu city che si  concedono una breve vacanza nella rinomata isola di Panglao, Bohol.
Presto cominciamo a parlare del disastro navale. Mentre la signora mi sta informando Crasriguardo la dinamica dell'incidente, il marito mi indica un punto nel mare dove sono ormeggiate diverse imbarcazioni. Come se niente fosse accaduto, il ferry passa molto vicino al luogo della sciagura: nella grande macchia d'olio che si estende nell'acqua, diversi sommozzatori sono ancora alla ricerca di corpi dispersi. L'odore di gasolio impregna l'aria marina.
Piu' in la', nell'orizzonte screziato avvolto dall'umidita', si distinguono sagome di isole; il sole sopra le nuvole tenta di illuminare un mondo che non conosco.

mercoledì 18 settembre 2013

In cammino a San Francisco

Carico lo zaino sulle spalle, saluto la famiglia che mi ha ospitato e sono in strada. San Isidro e' un piccolo paese di pescatori a sud di una delle isole Camotes. Due giorni qui passati a nuotare tra pesci e coralli che un tempo erano numerosi, la sera sotto la pensilina insieme a taciturni isolani imbarazzati dalla presenza di uno straniero.
Alle 6:30 il sole gia' forte illumina i passi sul nastro di asfalto e cemento, guidando le esperte infradito lungo i cinque chilometri che portano a San Francisco. Dopo una salita e la zona delle scuole sono fuori dal paese. La strada è mia. Nelle Camotes le moto sono il mezzo di trasporto piu' diffuso; pochissimi tricicli, jeepney o automobili.
Il camminare e' per i piu' poveri, quindi Cmotcammino; alla destra si muove il mare e nell'entroterra scivolano colline, case e campi coltivati. Le gambe mi guidano alla ricerca dell'ombra degli alberi, i pori della pelle -piu' allargati che mai- portano il sudore all'aria. Gli occhi cercano nuvole nel cielo azzurro. Questa espiazione volontaria e' ampliamente appagata dai suoni della natura: uccelli migrano da un ramo all'altro quasi seguissero precisi riti antichi, trasmettendo articolate melodie al mondo circostante. Dalle case la gente prepara la colazione, cuocendo gli alimenti sopra bracieri a legna; signore anziane chine su scopini composti da sottili rami legati tra loro spazzano foglie dalla terra battuta. E poi bambini e ragazzi in tenuta scolastica escono di casa diretti ai luoghi di studio, uomini che mi augurano il buongiorno, donne che sorridono compiaciute perché mi sposto nel modo piu' semplice, sì.
La strada ora si allontana dalla costa, permettendo di osservare le verdi colline disseminate di boschi e rare piantagioni di palma da cocco. Avvicinandomi a San Francisco, il capoluogo dell'isola, osservo che la processione di ragazzi e ragazze con camicia da marinaretto e gonna a quadri si infittisce; quanta strada a piedi compiono ogni giorno questi giovani.
Alzando le abbagliate iridi al cielo sembra che i vani desideri del sottoscritto vengano per una volta esauditi: grasse nuvole compaiono dalle colline portando ombra e qualcosa che assomiglia al refrigerio. Ma le nubi diventano sempre piu' nere, tracimando così nel temporale. Prima che la pioggia si infittisca sono sotto la tettoia di una signora che vende materiale scolastico e generi alimentari. Presso quel riparo trovo due ragazze e un bambino. Dagli occhi di una delle due studentesse intuisco che vorrebbe sapere cosa faccio lì e da quale vicolo ramingo del mondo provengo. Anche se la sua timidezza fosse vinta e le domande poste, probabilmente queste non troverebbero risposta, perché risposte non sempre ci sono. Le cose andarono come dovevano andare ed il mio cammino a San Francisco continuo' dopo la pioggia.
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lunedì 26 agosto 2013

Il tifone mancato

Santiago Bay nelle isole Camotes e' un bel posto: spiaggia dorata, mare limpido e coralli. Questa mattina pare che le cose debbano cambiare in modo radicale.
Ria, la padrona della stanza dove vivo, bussa alla porta avvisandomi che e' in arrivo un tifone. Chiedo maggiori informazioni con un volto a meta' tra la preoccupazione e la curiosita'. Ria spiega che oggi le scuole sono chiuse e il mare e' piu' mosso del consueto, tranquillizzandomi sull'intensita' del tifone classificata uno, il piu' basso tra i tanti eventi naturali e disastrosi che affliggono le Filippine.
Posso comunque uscire da casa senza problemi. Mi sposto sulla spiaggia notando subito le prime anomalie: nel cielo plumbeo scorrono veloci e piatte nuvole stratificate,Cam tem sopra, il sole riesce a penetrare con una luce molto offuscata. Il vento alterna tratti di calma a folate improvvise. Il mare azzurro chiaro della baia ora lo vedo mosso e grigio. Nessuna imbarcazione, rare persone in giro. Forse anche perche' la marea e' in salita i ristoranti prossimi alla spiaggia hanno quasi portato a termine la chiusura degli spazi rivolti verso l'acqua, utilizzando teloni impermeabili saldati da corde. Anche le barche a bilanciere vengono portate sulla spiaggia.
Le notizie che arrivano durante la mattina dalla televisione e dalla radio sono confortanti: il percorso previsto dai meteorologi per il tifone sta cambiando, portandosi lontano dalle isole Camotes e da Cebu. L'unico evento straordinario pare saranno le onde di dimensione maggiore del consueto. Una piccola tempesta tropicale.
Provo a pensare il tifone in movimento tra acque lontane e atolli incontaminati.
Osservo ancora il mare, con le sue onde cicliche per nulla noiose; la marea sale, spingendo in avanti detriti e rifiuti dispersi. Un martin pescatore vola solitario verso le palme.

giovedì 8 agosto 2013

Verso le isole Camotes

Il traghetto delle ore 11 per le Camotes e' partito da un pezzo. Sono seduto su uno sgabello giallo girevole. Da una parte  -la poppa della nave- vedo l'isola di CebuCamt1 allontanarsi; dalla parte opposta incrocio sedili sui quali abitanti di Camotes tornano a casa e soprattutto festosi filippini di Cebu city pronti a passare il fine settimana in una delle loro settemila isole. Sono l'unico straniero. Nonostante questa mattina mi sia alzato prima delle cinque per un altro traghetto giunto a Cebu alle sette, sullo sgabello giallo ora sto benissimo.
Alla mia sinistra ci sono due uomini, poi una coppia di ragazzi e un signore anziano con il cappello da cowboy di cuoio e occhiali da sole neri; le mani callose, il viso, il corpo dell'uomo sono abbronzati da decenni passati a lavorare all'aperto, magari su una barca a bilanciere. Su un sedile imbottito dorme rannicchiata una donna con una borsa come cuscino. Dalle rughe di fatica cresciute sul viso posso dedurre che la vita anche con la signora dormiente non deve essere stata troppo tenera.
Le iridi si spostano veloci agli schiamazzi di un gruppo di giovani: tutti indossano una polo color rosso e grigio con "SK" come stemma sul petto. I maschi sono tutti sovrappeso, mentre le ragazze dai capelli tinti color castano portano gli occhiali da sole. Scherzano tra loro in modo spontaneo ridendo come bambini; solo alla vista del gruppo SK dall'orientamento sessuale decisamente aperto, che mangia patatine bevendo analcolici, ti mette allegria. Mi volto camt2e sono in movimento sul mare delle Camotes piatto e privo di ventilazione. Dalla liquida tavola abbagliata da un sole pallido compaiono veloci due delfini diretti verso oriente.
Tra la fila di sgabelli e i lunghi sedili blu c'e' un piccolo chiosco molto indaffarato: vende bevande e patatine con aromi aggiunti a scelta. Dopo gli analcolici, il prodotto piu' veduto e' la zuppa di noodles pronta: e' sufficiente versare nel bicchierone di carta oleata acqua bollente, aspettare un minuto ed il miscuglio e' pronto. Appoggiato al banco del chiosco c'e' un uomo dalla maglietta rossa senza maniche e occhiali da sole con montatura blu intento a trangugiare lattine di birra filippina San Miguel.
Gli altri sgabelli gialli che guardano sul mare sono occupati da un gruppo di giovani vestiti da ciclista. Anche loro sono allegri ed eccitati per il giro che hanno in programma. Mi metto a parlare con uno di loro, Christian, capelli corti, carnagione chiara, occhi svegli e sinceri. Christian e' uno studente di Cebu city che  per la prima volta viene sulle Camotes in bici. Due, tre giorni con un itinerario di massima, nessuna prenotazione, insomma liberi. Vengono su queste isole perche' sono poco abitate e quindi il traffico non e' forte e pericoloso come a Cebu. Christian ha viaggiato parecchio nelle Filippine e mi consiglia di visitare le isole di Bohol e Siquijor.
Mentre parlo con il ciclista, dei posti a sedere si liberano, subito occupati da un altro interessante gruppetto: coppia con figlio sui quattro anni, bambinaia e amica. I genitori avranno trent'anni, entrambi di carnagione chiara e lineamenti del viso filippino-cinese: anche se vestono in modo casual ho l'impressione che provengano da famiglia benestante. La bambinaia, meno di venti anni, rincorre continuamente il piccolo intento ad ispezionare tutta la nave. L'amica della coppia e' un Lady Boy, un travestito. Il Lady Man ha i capelli ramati in una coda, indossa una canotta colorata e short jeans. Ai piedi dalle unghie smaltate porta ciabatte con suola di sughero. I Lady Boy non sono assolutamente infrequenti nel Sud-Est asiatico e continente indiano; peraltro sono negli stati a regime musulmano la loro vita e' meno facile. Ma questo purtroppo lo sappiamo.
Il tempo passa tranquillo e le Camotes sono ormai vicine. Ora mi sposto da un lato all'altro dell'imbarcazione per studiare meglio la costa dell'isola piu' vicina: a muraglie di roccia nera si alternano piccole baie di sabbia chiara. Subito dopo si sviluppa vegetazione spontanea o boschi di palme da cocco. Seminascoste tra gli alberi delle insenature vedo qualche abitazione. Ormai ci siamo.
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