giovedì 8 agosto 2013

Verso le isole Camotes

Il traghetto delle ore 11 per le Camotes e' partito da un pezzo. Sono seduto su uno sgabello giallo girevole. Da una parte  -la poppa della nave- vedo l'isola di CebuCamt1 allontanarsi; dalla parte opposta incrocio sedili sui quali abitanti di Camotes tornano a casa e soprattutto festosi filippini di Cebu city pronti a passare il fine settimana in una delle loro settemila isole. Sono l'unico straniero. Nonostante questa mattina mi sia alzato prima delle cinque per un altro traghetto giunto a Cebu alle sette, sullo sgabello giallo ora sto benissimo.
Alla mia sinistra ci sono due uomini, poi una coppia di ragazzi e un signore anziano con il cappello da cowboy di cuoio e occhiali da sole neri; le mani callose, il viso, il corpo dell'uomo sono abbronzati da decenni passati a lavorare all'aperto, magari su una barca a bilanciere. Su un sedile imbottito dorme rannicchiata una donna con una borsa come cuscino. Dalle rughe di fatica cresciute sul viso posso dedurre che la vita anche con la signora dormiente non deve essere stata troppo tenera.
Le iridi si spostano veloci agli schiamazzi di un gruppo di giovani: tutti indossano una polo color rosso e grigio con "SK" come stemma sul petto. I maschi sono tutti sovrappeso, mentre le ragazze dai capelli tinti color castano portano gli occhiali da sole. Scherzano tra loro in modo spontaneo ridendo come bambini; solo alla vista del gruppo SK dall'orientamento sessuale decisamente aperto, che mangia patatine bevendo analcolici, ti mette allegria. Mi volto camt2e sono in movimento sul mare delle Camotes piatto e privo di ventilazione. Dalla liquida tavola abbagliata da un sole pallido compaiono veloci due delfini diretti verso oriente.
Tra la fila di sgabelli e i lunghi sedili blu c'e' un piccolo chiosco molto indaffarato: vende bevande e patatine con aromi aggiunti a scelta. Dopo gli analcolici, il prodotto piu' veduto e' la zuppa di noodles pronta: e' sufficiente versare nel bicchierone di carta oleata acqua bollente, aspettare un minuto ed il miscuglio e' pronto. Appoggiato al banco del chiosco c'e' un uomo dalla maglietta rossa senza maniche e occhiali da sole con montatura blu intento a trangugiare lattine di birra filippina San Miguel.
Gli altri sgabelli gialli che guardano sul mare sono occupati da un gruppo di giovani vestiti da ciclista. Anche loro sono allegri ed eccitati per il giro che hanno in programma. Mi metto a parlare con uno di loro, Christian, capelli corti, carnagione chiara, occhi svegli e sinceri. Christian e' uno studente di Cebu city che  per la prima volta viene sulle Camotes in bici. Due, tre giorni con un itinerario di massima, nessuna prenotazione, insomma liberi. Vengono su queste isole perche' sono poco abitate e quindi il traffico non e' forte e pericoloso come a Cebu. Christian ha viaggiato parecchio nelle Filippine e mi consiglia di visitare le isole di Bohol e Siquijor.
Mentre parlo con il ciclista, dei posti a sedere si liberano, subito occupati da un altro interessante gruppetto: coppia con figlio sui quattro anni, bambinaia e amica. I genitori avranno trent'anni, entrambi di carnagione chiara e lineamenti del viso filippino-cinese: anche se vestono in modo casual ho l'impressione che provengano da famiglia benestante. La bambinaia, meno di venti anni, rincorre continuamente il piccolo intento ad ispezionare tutta la nave. L'amica della coppia e' un Lady Boy, un travestito. Il Lady Man ha i capelli ramati in una coda, indossa una canotta colorata e short jeans. Ai piedi dalle unghie smaltate porta ciabatte con suola di sughero. I Lady Boy non sono assolutamente infrequenti nel Sud-Est asiatico e continente indiano; peraltro sono negli stati a regime musulmano la loro vita e' meno facile. Ma questo purtroppo lo sappiamo.
Il tempo passa tranquillo e le Camotes sono ormai vicine. Ora mi sposto da un lato all'altro dell'imbarcazione per studiare meglio la costa dell'isola piu' vicina: a muraglie di roccia nera si alternano piccole baie di sabbia chiara. Subito dopo si sviluppa vegetazione spontanea o boschi di palme da cocco. Seminascoste tra gli alberi delle insenature vedo qualche abitazione. Ormai ci siamo.
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lunedì 29 luglio 2013

La festa dei 18 anni

Secondo giorno nell'isoletta di Malapascua, a nord di Cebu. Oggi giungo vicino al tratto di costa di fronte al Coral Garden e devo lasciare a qualcuno ciabatte e camicia durante lo snorkelling. Sono le otto del mattino e la camicia e' bagnata di sudore. Dopo l'arena adibita al combattimento tra galli, noto una casa con giardino alberato e diverse persone. Chiedo ad una signora se posso lasciare le cose. La donna e' la zia della ragazza che in serata celebrera' i 18 anni. Cosi' vengo invitato alla festa.
Dopo aver attraversato parte del villaggio e una buia zona boscosa senza sbagliare sentiero, alle 20 la musica mi fa arrivare sul luogo delle festa. Ritrovo la zia della celebrata la quale mi annuncia che il mangiare a quell'ora e' quasi tutto terminato, ma non e' esattamente la stessa cosa per il bere. Ragazzi addetti alle bevande, dopo avermi offerto mezzo bicchiere della loro birra come benvenuto, si scusano se le bottiglie piccole dell'amaro liquido giallo sono teminate; rimangono le bottiglie da un litro. Il sottoscritto cosi' si sacrifica, e prende posto sotto il palco della festeggiata.
Il giardino alberato e' punteggiato da tavolini con tovaglie colorate, a destra c'e' la postazione del DJ, a sinistra uno schermo gigante ingrandisce quello che succede sul palco. Lampadine e luci da Disc discoteca illuminano l'evento. Sul palco troneggia una ragazza cicciottella vestita con un pomposo abito rosso vivo. E' il momento questo della consegna dei regali e dei discorsi. Da sotto il palco un conduttore munito di microfono chiama parenti ed amici della festeggiata i quali consegnano il regalo dopo un breve saluto spesso spiritoso. La gente attorno annuisce e ride, la diciottenne si commuove a tratti. Ogni tre - quattro interventi il DJ spara musica occidentale a tutto volume, oppure assistiamo ad una performance Hip Hop compiuta da cinque ragazzi, e infine ad una danza semicomica eseguita da un Lady Boy, un travestito, che fa parte del gruppo di animatori professionisti.
Brezza marina si insinua tra le palme da cocco e gli altri alberi mentre nella festa una donna mi invita a ballare e la gente beve birra e brandy, riscaldando la notte tropicale. Dopo il taglio della torta e la consumazione delle stessa arriva il momento che i giovani (ma non solo) preferiscono: musica techno. E sotto il ritornello "Sex on the beach", ragazzi ben vestiti si scatenano in lunghi balli  sotto gli occhi degli invitati  ma anche di diversi curiosi.
Lentamente la gente prende congedo lasciando posto a cani in cerca di qualche gustoso rimasuglio alimentare (i filippini sono califfi a fare il maialino allo spiedo) e bambini meno abbienti che ravanano tra vassoi e piatti qualcosa da portare a casa nonche' alla ricerca di bottiglie di plastica o vetro vuote da poter vendere.
Osservo questi bambini e vedo i resort posti sulla spiaggia migliore dell'isola, hotel tutti muniti di sorveglianti armati, e dei comfort necessari al turista. Dietro, nascoste e accessibili solo attraverso tortuosi vicoli, le capanne degli abitanti dell'isola di Malapascua. Proprio questo primo pomeriggio, al ritorno da una bancarella del cibo, mi son detto: " Possibile che non abbia visto praticamente ancora nessun straniero camminare nel villaggio?"
Quanto il turismo cosi' impostato beneficia la popolazione locale?
Cammino solitario nel fresco buio del bosco con ancora attaccati alla pelle i suoni e le luci dello show

mercoledì 17 luglio 2013

La stanza filippina

Una, tante stanze abitate per un soffio ancora in questo nuovo viaggio. Fuori i clacson, musica, i richiami dei venditori ambulanti. Dentro la camera io, con sette chili di bagaglio distribuito dove possibile. L'inquinamento di Cebu city downtown, Filippine, entra dall'unica finestra apribile della stanza 311, e viene mescolato da uno stanco ventilatore alle esalazioni della pensione. Le due annerite rampe di scale per raggiungere la 311 sono sporche, odorano di cibi cotti e orina di topo.
Gli scarti della frutta acquistata consistente in bucce di banane e mango verde e' meglio portarli nel cesto della spazzatura posto appena dopo le scale, perche' gli altri abitanti piu' o meno raminghi della stanza -piccole blatte e un topolino- potrebbero trovare maggiormente stimolante vivere qui. Chissa' ieri come avranno reagito questi due esseri viventi quando ancora dallo zaino chiuso permeavano possenti gli aromi del frutto piu' straordinario, il frutto che punge e ammalia pelle e cuore. Signori, il frutto e' il durian, e subito un inchino dopo questa parola.
La 311 non e' una grande stanza: pareti di Stanzlegno sottile, pavimento dal linoleum spaccato, macchiato di nero e di brace di sigarette. L'armadio non ha porta ne' appendini, la luce al neon si accende con difficolta', la finestra e' composta da due parti: un lato apribile senza zanzariera, l'altro, bloccato da una tavola di compensato consta di una rete rotta che protegge i vetri sporchi. Tende coprono il rettangolo di luce esterna. Queste sono azzurre e piu' lunghe del necessario: se qualcuno non avesse lasciato su di esse macchie di unto sarebbero ancora accettabili.
Scrivo veloce dalla mia stanza, con il ventilatore da tavolo puntato addosso a velocita' 3, mentre rumori di sternuti, tosse, catarro, lamenti di neonato e sospiri entrano dalla porta. Indosso le cuffie e sono con "One Thing" arrangiato dal genio elettronico che porta lo pseudonimo di Lapalux. Ma la 311 rimane ed io dentro. Le sue pareti sono abbellite da due calendari del 2012 e 2010 di una finanziaria che ha sede nella stessa strada della pensione. I muri sono dipinti di arancione, ornati da macchie scure, da un poster strappato male, e da (pochi) chiodi utili ad appendere robe tipo asciugamano, banane (a prova di ratto) o zainetto. Ma e' negli antri piu' oscuri, negli angoli che i sensibili muri di legno offrono il loro meglio: colate di liquidi come saliva, rimasugli di bevande zuccherate e altro che e' meglio rimuovere dalla mente.
Fuori in Legaspi street prosegue il concerto senza fine: ora dalla finestra entra a tratti la brezza portata dall'oceano e tutta la stanza ne beneficia. Nuvole monsoniche anticipano il tramonto che arriva verso le 18, portando veloci piogge. Chiudo la finestra ed accendo la luce al neon da un interruttore che una volta era bianco. Mi spoglio, indosso l'asciugamano e prendo il sapone per la doccia salvifica; chiudo la stanza 311 ed inforco il corridoio scarsamente illuminato e senza finestre della pensione. I bagni sono in fondo.

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lunedì 3 giugno 2013

Bus in Sud America

 

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