mercoledì 17 luglio 2013

La stanza filippina

Una, tante stanze abitate per un soffio ancora in questo nuovo viaggio. Fuori i clacson, musica, i richiami dei venditori ambulanti. Dentro la camera io, con sette chili di bagaglio distribuito dove possibile. L'inquinamento di Cebu city downtown, Filippine, entra dall'unica finestra apribile della stanza 311, e viene mescolato da uno stanco ventilatore alle esalazioni della pensione. Le due annerite rampe di scale per raggiungere la 311 sono sporche, odorano di cibi cotti e orina di topo.
Gli scarti della frutta acquistata consistente in bucce di banane e mango verde e' meglio portarli nel cesto della spazzatura posto appena dopo le scale, perche' gli altri abitanti piu' o meno raminghi della stanza -piccole blatte e un topolino- potrebbero trovare maggiormente stimolante vivere qui. Chissa' ieri come avranno reagito questi due esseri viventi quando ancora dallo zaino chiuso permeavano possenti gli aromi del frutto piu' straordinario, il frutto che punge e ammalia pelle e cuore. Signori, il frutto e' il durian, e subito un inchino dopo questa parola.
La 311 non e' una grande stanza: pareti di Stanzlegno sottile, pavimento dal linoleum spaccato, macchiato di nero e di brace di sigarette. L'armadio non ha porta ne' appendini, la luce al neon si accende con difficolta', la finestra e' composta da due parti: un lato apribile senza zanzariera, l'altro, bloccato da una tavola di compensato consta di una rete rotta che protegge i vetri sporchi. Tende coprono il rettangolo di luce esterna. Queste sono azzurre e piu' lunghe del necessario: se qualcuno non avesse lasciato su di esse macchie di unto sarebbero ancora accettabili.
Scrivo veloce dalla mia stanza, con il ventilatore da tavolo puntato addosso a velocita' 3, mentre rumori di sternuti, tosse, catarro, lamenti di neonato e sospiri entrano dalla porta. Indosso le cuffie e sono con "One Thing" arrangiato dal genio elettronico che porta lo pseudonimo di Lapalux. Ma la 311 rimane ed io dentro. Le sue pareti sono abbellite da due calendari del 2012 e 2010 di una finanziaria che ha sede nella stessa strada della pensione. I muri sono dipinti di arancione, ornati da macchie scure, da un poster strappato male, e da (pochi) chiodi utili ad appendere robe tipo asciugamano, banane (a prova di ratto) o zainetto. Ma e' negli antri piu' oscuri, negli angoli che i sensibili muri di legno offrono il loro meglio: colate di liquidi come saliva, rimasugli di bevande zuccherate e altro che e' meglio rimuovere dalla mente.
Fuori in Legaspi street prosegue il concerto senza fine: ora dalla finestra entra a tratti la brezza portata dall'oceano e tutta la stanza ne beneficia. Nuvole monsoniche anticipano il tramonto che arriva verso le 18, portando veloci piogge. Chiudo la finestra ed accendo la luce al neon da un interruttore che una volta era bianco. Mi spoglio, indosso l'asciugamano e prendo il sapone per la doccia salvifica; chiudo la stanza 311 ed inforco il corridoio scarsamente illuminato e senza finestre della pensione. I bagni sono in fondo.

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lunedì 3 giugno 2013

Bus in Sud America

 

Chi

Pat

SCZ

Yap

venerdì 3 maggio 2013

La partenza e la ragazza dai capelli chiari

Pochi minuti e il volo partiva. Ewan attendeva l'imbarco in disparte, sperduto nella steppa lasciata dal distacco. Il giovane si trovava nell'interminabile momento dove i fiori del passato erano molto piu' colorati e profumati di quelli che avrebbe trovato ai bordi del suo cammino.

Due, due erano stati i mesi di umori mutevoli che avevano seguito la decisione di passare da una vita costruita su un lavoro discreto, amici, pub e dancefloor di quelli giusti, all'incognita di un lungo viaggio extraeuropeo. Come il passaggio fulmineo di libellule sugli stagni delle sue estati, nella mente giungevano fugaci porzioni di quei mesi fatti di preparativi e ripensamenti, ma anche voglia di liberarsi, di cambiare volto attraverso la rottura dei rapporti che determinano la personalita'. Al contempo Ewan si sentiva superiore per aver espiato sulla pelle una ad una le difficolta' della scelta di cambiamento.

Mentre vagava attraverso queste nebulose in movimento gli si sedette quasi di fronte una ragazza dai capelli biondi, vestita non in modo sgargiante come molti turisti. Dopo un veloce sguardo la giovane gli chiese dove andava. Ewan le disse la sua destinazione, lei annuì, quindi sposto' gli occhi nocciola sulle vetrate che davano fuori.
"Io sono Tina, viaggi solo?", disse dopo qualche minuto.
"Ewan. Sì, sono solo. E' il mio primo viaggio lungo".
"Anche il mio".
Tina andava qualche mese in giro per l'America con una laurea fresca in tasca. Le loro mete erano diverse. Erano simili invece le loro identita' provvisorie, mobili, in via di ricostruzione. Ewan aveva appena conosciuto Tina ma sapeva che ella provava le sue stesse emozioni; si specchiava nei suoi occhi limpidi e vedeva, in una visione colcaleidoscopica ricca di colori, i segni iniziali del loro mutamento, il sangue ramingo che non conosce casa, e molte, troppe, gocce di sudore sulla strada.
Continuarono a parlare per qualche minuto, ognuno carico di aspettative e di speranze nascoste, distogliendo momentaneamente la sensazione primigenia di solitudine in cui erano immersi.
Con il sottofondo mentale della House armonica di DJ Koze, in un ambito quasi portato alla teatralita' dalle vicende forti della vita, non senza un alito di rammarico sulle labbra si salutarono brevemente in modo quasi imbarazzato, perché il volo di Ewan era all'ultima chiamata.
Così Ewan lasciò l'Europa.
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sabato 6 aprile 2013

La partenza: sospensione

La mente sgombra e fuori il paesaggio.
Le chiare iridi di Ewan levitavano oltre la pista di atterraggio, per disperdersi in lontani boschi di colline. Musica si estendeva audace nella mente senza trovare ostacoli. Sulla gamba accavallata indugiava un libro, forse una guida, aperta inutilmente in prima pagina. Nessun pensiero, nessuno sfogo, dentro. Se qualche graziosa hostess o unsos compassato professionista del viaggio avessero potuto leggere il recente passato nel cervello del giovane, si sarebbero bloccati di fronte a tanto apparente scompiglio. Dopo mesi di inquietudini seguiti alla decisione di partire per un lungo viaggio in paesi lontani ora, davanti al volo, la mente di Ewan era piatta.
Il paesaggio fuori, e dentro la flemma portata dall'inevitabilita'.

Era primavera e Ewan partiva. L'esilio della separazione si stendeva davanti a lui in tutta la sua bruciante, iniziale, possanza. Una ferita dolorosa che solo il movimento intenzionale  avrebbe probabilmente calmato. Ewan era uscito dalla tana creata con tanta sapienza per lui e da lui; ora usciva fuori dal suo paesaggio esplorando altre vie, con la straordinaria percezione di lontani, antichi, echi di partenze passate, di gemiti e lacrime incancellabili, di metafore che congiungono l'inizio e la fine di ciascun essere vivente.
Il mezzo-viaggiatore Ewan nasceva proprio in quelle ore, fuori dal grembo delle sue appartenenze, dentro il fluido della titubanza, in distacco dal mondo conosciuto che ora si cancellava, estinguendosi.

In quei momenti dove tutto cambiava, gli giunse da qualche parte un afflato che portava verita' conosciute dal tempo. Riuscì a tradurle con parole importanti che avevano valore per lui sia che fossero congiunte o disgiunte; pezzi di fonemi che così mise insieme: L'essenza del lungo cammino è l'incertezza.
L’esteso percorso della vita era da poco iniziato.

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