venerdì 18 novembre 2011

Rotta Australe: da Buenos Aires a Río Gallegos

Arrivo nella stazione Retiro di Buenos Aires in un tardo pomeriggio di piena primavera. Il terminal dei bus e', come sempre, pieno di viaggiatori e di autobus a due piani che si irradiano in tutte le arterie della nazione. Il mezzo che mi condurra' a Río Gallegos e' della compagnia Andesmar. Il viaggio che sto per intraprendere e' il piu' lungo che abbia mai percorso. Buenos Aires-Río Gallegos: 2600 chilometri sulla Ruta Nacional 3, dal Río de la Plata alla Patagonia del sud, a 50 chilometri dallo stretto di Magellano. 
Il mio posto a sedere e' quello panoramico del piano superiore del bus. Lasciamo alle 20 passate una Buenos Aires con il tramonto appena consumato, passando per Puertobs as Madero e poi verso sud, inforcando la Ruta Nacional 3 (RN3). Al Sur.
Scorrono veloci i chilometri nel buio stellato, con ancora i riverberi della piu' affascinante capitale dell'America del sud. Accanto a me e' seduta una ragazza danese con la quale comincio a discorrere. Poi arriva il pasto ed un buon bicchiere di vino di Mendoza. Quando si chiudono tutte le luci del bus osserviamo in silenzio il nastro asfaltato che scorre sotto di noi.
Il preludio dell'alba ci accoglie a Bahía Blanca con il vento proveniente dall'oceano ed i gabbiani che sfrecciano nella prima luce. Con la musica dei Cinematic Orchestra nella mente e gli occhi piantati sulle due corsie della strada ornata da minuscoli fiori gialli, nasce un nuovo giorno di viaggio. E' una cosa impossibile da spiegare, eppure qui, nel piano rialzato del bus, con il mondo perfettamente diviso in due colori, di cui uno -quello verde- partito a meta' dalla riga d'asfalto, la monotonia e' oggetto alieno; il sangue ramingo annega di piacere nella strada e nel movimento, assaporando la pat3lentezza e godendo l'interminabilita'. Attorno al bus della Andesmar scorrono mari di praterie e di cespugli. Il cielo tagliato da ombre di nuvole sottili preannuncia una giornata di sole. Ad un certo punto, ad un lato della carreggiata, vedo un autoarticolato immenso coricato su un lato: come il suo conducente pare che stia riposando sui prati della infinita Patagonia.
Sebbene la Patagonia argentina fosse iniziata dopo il río Negro, e' al solcare la provincia Chubut che vediamo i cartelli che annunciano questa immensa zona.

Dopo 24 ore di viaggio il cartello sulla strada segna 1752 chilometri; parecchio piu' avanti il crepuscolo si adagia sui pascoli bitorzoluti della Patagonia centrale. Lame di raggi di sole attraversano il panorama frustato dal vento. Río Gallegos dista ancora 870 chilometri.

Il giorno dopo, alle 8 del mattino, arrivo a Río Gallegos: 36 ore precise di viaggio non-stop; sono stanco ed eccitato. Fuori dal bus della Andesmar il fiato fuma leggermente, il vento e' forte, ma si capisce che la giornata sara' abbastanza mite.

venerdì 4 novembre 2011

La pelle (assorbe il tropico)

La pelle è la spugna sul mondo.
Esce ora dalla mia abitazione ancora rinfrescata dai sospiri della notte e dagli aliti del ventilatore, per scontrarsi con l'inevitabilita' dell'aria bollente di Santa Cruz. L'epidermide cozza con i rumori dei micros, dei clacsons, delle voci e dei lavori alle otto del mattino. La pelle incontra altre pelli che si approssimano quasi a venir a contatto, vede gli ambulanti di salteñas, yuca e empanadas, di refrescos, sentendone gli odori emessi; percepisce il brontolio continuo del viale Cañoto in avvicinamento.
Dopo aver goduto dell'ombra degli alberi, delle tettoie e dei palazzi, l'epidermide avverte la presenza dei raggi solari: come puo' essere il sole delle otto tanto terribile? Gia' il fumo nero ed il braccrumore dei micros bianchi e verdi avevano fatto abbassare il suo umore, ora si aggiunge il sole dei tropici americani. Sì.
Percorrendo la calle Mexico le labbra della pelle salutano la signora dei computer, il dito della pelle saluta il portinaio di un palazzo ed il signore delle arance. Quest'ultimo risponde con un: “Buen día don Choco”, e comincia a spremere gli agrumi. L'epidermide assorbe il tropico assorbendo il succo delle arance di Yapacaní, e con esso l'u(a)more comincia a salire. E il rumore, e le persone che quasi ti vengono addosso, ed il caldo portato dal Norte, e le auto che non fanno attraversare la strada, e tutto, sembra davvero meno aspro.
La pelle supera il viale, poi risale la Cuellar evitando rifiuti scodinzolanti al vento, ignorando le ondate di urina che traspirano dai muri, emettendo sudore e cercando l'ombra magra verso la calle España. Le orecchie della pelle incontrano anche oggi la voce conosciuta dello strillone dei giornali.
Prima di salire sul micro 57 la temperatura che si legge sull'orologio attaccato alla pelle segna 35 gradi. Nel mezzo pubblico probabilmente quel numero salira' di un grado, ma l'epidermide sa che il piu' difficile sta passando.
Così la pelle assorbe il tropico (che ama).
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lunedì 24 ottobre 2011

I colori della Bolivia che guarda alla biodiversita'

Dopo quasi un mese torniamo a Cuevas, con le Ande tutte intorno,  a 1100 mt. di altitudine. Quando giungiamo con la jeep in prossimita' dell'istituto scolastico del paese ci rendiamo conto che ci aspetta un evento importante. Infatti, per il primo concorso pittorico “Prendiamoci cura della biodiversita'” promosso dal nostro progetto di cooperazione, la scuola ha fatto le cose in grande: autorita', impianto audio, esposizione dei lavori e rinfresco.

Anche questa volta salutiamo l'umida e querida Santa Cruz con il buio del vergine mattino. Dovevamo partire il giorno prima per combinare la visita con il piccolo istituto di Tres Quebradas, ma le piogge cadute su tutto il dipartimento hanno fatto franare parte della lunga pista sterrata che porta al paesino. Durante il viaggio ancora per una volta assaporo i pascoli e gli alberi di tropico ringiovaniti dalla pioggia, le ondulazioni del paesaggio, le montagne rosse del Bermejo ed i panorami quasi scozzesi delle colline sopra i 1200 metri di altitudine che portano a Samaipata.

Insieme a Liliana e Fabiola veniamo subito accolti dai quasi 200 studenti e dal direttore di Cuevas che immediatamente propone il programma della mattinata. Tra gli ingredienti ci sono l'inno nazionale con alzabandiera, discorso delle autorita', costituzione della giuria, visione degli elaborati artistici divisi per classe e premiazione dei vincitori.
Sotto e dentro le montagne d'America, e con l'aria frizzante attorno a noi che sapora di festa, partecipiamo con passione all'evento. cuev
I disegni a contenuto ambientale sono davvero interessanti, rendendo difficile l'elezione dei vincitori. Sono elaborati che propongono una maggiore responsabilita' verso la Natura, contro gli incendi che distruggono animali e piante, l'importanza della diversita' biotica, contro l'abbandono dei rifiuti e altro ancora: disegni fatti con passione e con coscienza.
Viene quindi scelto e premiato uno studente per classe; qualche bambino si mette a piangere per la delusione di non trovarsi tra gli eletti. Anche i ragazzi piu' grandi partecipano con disciplina ed interesse.
Prima di lasciare la scuola e gli studenti consegniamo del materiale didattico cartaceo e digitale al direttore perché venga utilizzato dai professori durante le loro lezioni.

lunedì 10 ottobre 2011

Insieme agli studenti nei boschi tropicali di Avaroa

La partenza avviene da una Santa Cruz ancora immersa nel buio. Liliana passa a prendermi con la jeep grigia del CEPAC presso il quartiere Panamericano. Inforchiamo il viale Centenario e passiamo da Radio Alternativa dove ci aspetta Fabiola. Nonostante il mattino presto percepiamo che ci attende un'altra giornata torrida.
Con scarso traffico usciamo dalla metropoli fino ad assaporare gli immensi pascoli bagnati da un sole infuocato che attorniano la citta' della Croce potenziata.
Una strana coincidenza attende il nostro viaggio verso Avaroa: 150 chilometri di asfalto e 17 di pista sterrata; gli stessi precisi numeri per arrivare a Tres Quebradas, la  scuola che visitammo in settembre. In cambio adesso non dobbiamo arrampicarci tra le pendici delle Ande ma dirigerci verso nord e poi ad ovest, costeggiando il lato sud del parco Amboró.
Proseguendo per la strada che porta a Cochabamba passiamo circYapacaní e dopo 27 chilometri arriviamo a San German; in quest'area un'operazione della polizia due mesi or sono ha sequestrato piu' di una tonnellata di cocaina.
E' proprio da S. German che entriamo nella zona di boschi e pascoli tropicali per dirigerci a Moile-Avaroa. Pochi chilometri dopo aver imboccato la strada sterrata veniamo fermati da una fune metallica che blocca la strada. Con uno scarno spagnolo il signore del controllo, immigrato dall'altopiano, ci chiede soldi per poter transitare. In realta' questo casello illegale                          –dicono realizzato dai narcotrafficanti- ha lo scopo di monitorare le entrate dall'unica strada di accesso alla zona del Moile. Proseguiamo abbastanza velocemente lungo la pista polverosa ben livellata, incontrando qualche jeep ed un paio di scassati camions. All'avvicinarsi delle montagne del parco Amboró il panorama diviene maggiormente ondulato mettendo in mostra alberi, smilzi torrenti e qualche casa.
La scuola di Avaroa è posta su una collina dalla quale si colgono ulteriori visioni di tropico.  I ragazzini che ci attendono in questa lontana comunita' sono 26. Due gli insegnanti. Zero corrente elettrica.
Il mio gruppo inizia con una presentazione da parte dei singoli studenti ed una breve introduzione al nostro programma didis educazione ambientale. Scorrono accompagnate da disegni, domande e idee le tre ore insieme a questi ragazzini seri. Tra loro mi colpisce Moira, una bambina minuta con la coda di capelli color pece ed una intelligenza particolare. Prima di uscire dalla scuola le dico: “Cerca di studiare perché sei molto brava”. Lei mi guarda, poi si incammina lungo la strada bollente  in direzione di casa.
 
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