sabato 26 settembre 2009

Rientro

Mi rivedo con i vissuti vestiti da lavoro
le scarpe da tennis
sudato e stanco.
Nulla cambia, tutto è differente
familiare e diverso.
Dopo anni sono tornato
questa è casa mia?
San Carlos, B., agosto 2007

Sono tornato. La prima notte qui, nel Nord, l'ho passata attraversando visioni composite. In un'ora non ben precisata mi sono alzato nel buio ed ho vagato lentamente per un tempo indefinito. Probabilmente comprendevo dov'ero ma non lo realizzavo totalmente, inoltre mi circolava nella testa una musica di M. Herbert, One life. Il sistema cognitivo era piatto e non sapevo assolutamente cosa volevo fare. Nel contempo la mente lavorava in modo autonomo: "Che fresco, che aria secca, ma che silenzio, dov'è il suono del ventilatore?" (...)

Spaesamento. Sono qui ma sono la'. Sono la'. Forse no. Questa antinomia mi persegue da giorni. Penso in diverse lingue, i ricordi sono così forti e palpabili che non capisco. Entro ed esco in panorami straordinari, in stanze soffocanti e squallide, volo nel liquido che mi ammalia, ingurgito la strada in movimento, incontro persone incredibili, mangio nei warung-warong-food court-indian restaurant e me ne sbatto dell'igiene. Da quando mi sono innamorato, il sottile budget giornaliero è vincolato all'acquisto del Durian, il frutto che gli occidentali apprezzano molto poco. Asini.
Sono dimagrito parecchio, ma che voglia di dolci... di solito li guardo con distacco, invece ho sognato una torta con la panna. Il viaggio modifica le abitudini, le assoggetta ai mondi che si percorrono, sedimenta la personalità scavandoci attorno solchi pieni di significato. Il movimento porta il viaggiatore all'essenzialità.
Mentre osservo le foto mi chiedo: "Sono io che ho percorso tutti questi sentieri variopinti?", ogni momento che passa sento più estranee queste immagini.
I giorni scorrono e il viaggio si appanna; esso viene rimosso con una tenace delicatezza, sovrapposto dall'inesorabile quotidiano.
La bocca è secca, il mattino ora è meno agrodolce, il mattino porterà poco rinnovamento.

sabato 5 settembre 2009

Frammenti di viaggio 11: Bako, Borneo


Un sedile di dura plastica, un bus giallo che e' fotocopia di quelli scolastici USA anni settanta mi sta conducendo al Bako national park. Aria bollente entra dai finestrini. Otto del mattino e l'afa del Borneo la posso quasi toccare. Il panorama offre fabbriche isolate, case e boschi. Sembra una di quelle mattine d'inverno nella pianura padana: sole appannato, zero vento, nebbiolina leggera e caustica. Ingurgito una caramella ricca di caffeina ma l'umore e' come l'umidita': flat. Forse influisce anche la scomparsa della tensione positiva del viaggio in quanto molto presto torno a 'casa'.
Arrivato a Bako trovo altre quattro persone con cui condividere le spese della barca che ci condurra' nell'omonimo parco. La penisola che lo ospita e' raggiungibile solo via fiume e mare. Nel molo di Bako c'è un cartello che recita: "Attenzione ai coccodrilli".


Dopo una quarantina di minuti sono davanti all'ufficio della Riserva naturale per la registrazione; la signorina mi consegna una mappa spiegandomi le diverse tipologie di sentiero e raccomanda di portare acqua a sufficenza. Opto per il sentiero Lintang, sei chilometri, 200 mt. il dislivello, tre-quattro ore il tempo di percorrenza.
Passo un piccolo molo vuoto, poi costeggio un bosco di mangrovie e comincio a salire. Una brezza leggera viene dal mare. Il sentiero e' curato e dotato di scalini quando la pendenza e' troppo elevata. Dentro il bosco vengo subito assorbito dal suo pulsare; incredibile la possenza discreta della Natura nella sua massima declinazione. All'apparenza nulla di trascendentale: il frinire costante e il volare di insetti, fruscii, qualche richiamo di uccelli e poco altro ancora. Nonostante l'umore e il caldo vorace percepisco di far parte di una entità davvero potente nella sua ordinarieta'. Penetro questo sistema con passi lenti e respiro corto, osservando senza pensare, guardando il mondo attorno a me in modo empirico. Il sentiero e' venato da radici che trattengono la fragile arenaria e da un morbido muschio; il bosco e' costituito da vegetazione piuttosto bassa ed è molto fitto. Oltrepasso un paio di signori che osservano un nido di insetti.
Seguendo il cammino, raggiungo un altopiano formato da piante simili a pini e ficus. La chiara arenaria e' solcata da rivoli e pozze in cui scorre acqua giallo scuro, quasi rossa. Guardo il cielo e noto che son comparse delle nuvole. Grazie al vento svaniscolo le zanzare ed i moscerini succhia sangue. L'altopiano e' affascinante con i suoi colori pastello ed i profili contenuti; sono contento di essere qui. Dentro.
Bevo un poco e proseguo, soffermandomi di quanto in quanto; vedo piante di orchidee con fiori minutissimi, alberi strani e qualche raro insetto. Arrivato presso una pozza che l'acqua ha scavato nella roccia la voglia di immergermi e' forte ma il tempo scorre e la strada non e' breve. Nel bosco piu' fitto vengo colpito da due cose: delle felci con foglie enormi e altri vegetali che hanno nella propria estremita' una coppa che si restringe nella parte superiore. Queste ultime sono piante carnivore.
Dopo un'ora di cammino il sentiero declina lentamente verso la costa. Arrivato presso un punto panoramico guardo il mare ed il cielo che quasi si confondono nell'afa disarmante. Solo verso la fine del percorso, a poche centinaia di metri dalla costa, dove il terreno è pianeggiante, incontro grandi alberi; su diversi di essi e' posto un cartello di riconoscimento. Quasi rido alla volta di una pianta maestosa dalle radici che si espandono in larghezza: l'indicazione dice che si tratta nientemeno di... Durian. Solo ieri ho avuto il piacere indescrivibile e deviante di assaporare un suo frutto nel mercato di Kuching.
Ma la vita e' spesso ingiusta: nel Borneo settentrionale sembra che la stagione degli spinosi frutti sia terminata.

lunedì 31 agosto 2009

Frammenti di viaggio 10: TAT


Cambio di programma: sono tornato nella splendida isola malese di Tioman (vedi F. v. 2).
Quando questa mattina mi sveglio, per qualche istante non realizzo in quale dei tanti mondi mi trovo; poi, con felicita', mi son detto: "Sei a Tioman!", facendo cosi' tramontare l'alito oscuro che mi avvolgeva. Aperta la porta del microbungalow vedo che il cielo e' parzialmente nuvoloso, "ok, allora oggi vado al TAT". Colazione, una carezza alla gatta bianca che staziona vicino al mio alloggio e via di gambe.
Dopo una quindicina di minuti di saliscendi, percorrendo la strada che costeggia la riva, passo il resort 'super accessoriato' e poi entro nel bosco. Il percorso diventa sterrato, salendo per poi declinare in una insenatura. Sono solo, o meglio, sono in grande compagnia: la collina sale rapidamente mostrando spaccati di foresta e poi ancora boschi nelle montagne successive. Diverse tonalita' di verde si accumulano negli occhi; da quello intenso della foresta, al verde chiaro delle felci e dei rampicanti. Alberi dal tronco lunghissimo e chiaro che vanno in cielo, alberi a forma d'ombrello come funghi globosi nel Paese incantato, alberi che si abbracciano tra loro. E ancora liane, rampicanti e palme che decorano la vegetazione in un tutto altamente armonico. La luce solare trasversale del mattino, congiuntamente alla brezza proveniente da sud, sembra animare queste porzioni di vita. Una foresta libera dal tocco umano. Libera, punto.
Rimango diversi minuti ad ammirare le montagne di Tioman, poi giro il capo dall'altro lato. Ecco la sabbia, pini e alberi a foglia larga forgianti rami perpendicolari al terreno. C'e' anche una cosa limpidissima e tanto da volare in essa. Ancora pochi passi e oltrepasso un macigno che vede verniciato: "TAT - Turtle sanctuary". Arrivato.
Accanto alla spiaggia, al riparo tra gli alberi, e' posizionato un recinto dove diverse microtartarughe vengono allevate per poi essere liberate. Avvolto in un'amaca verde una persona dorme; per il resto e' tutto deserto. Vicino alla costa si erge una minuscola isola rocciosa ricolma di vegetazione. Proprio tra la costa e questo microatollo si trovano delle barriere corallifere bellissime con mare poco profondo, acqua limpida e assenza di corrente. Mentre ammiro i pesci e praterie di coralli delle più disparate forme, sopraggiunge un temporale; mi avvicino alle rotonde rocce della piccola isoletta e, rimanendo nel liquido, ammiro il cambio climatico. Il cielo si fa scuro con la pioggia che cade forte. Posiziono la maschera a metà del filo dell'acqua e noto chiaramente il mescolarsi dei due fluidi; quello più fresco proveniente dal cielo con la tiepida acqua del mare. Scendo un poco e i rumori dei tuoni e delle gocce scroscianti si ammutolisce. La' sotto i pesci continuano il loro costante e vivido moto. Starei qui per sempre. Il temporale svanisce lentamente e la luce si fa più forte.
Dopo un'ora e mezza di snorkelling noto che la figura 'imbalsamata' nell'amaca verde e' un'uomo, probabilmente il guardiano del TAT.
Lungo la via del ritorno e di sorpresa, vengo salutato da un varano di circa due metri che si allontana goffamente nella sterpaglia.

mercoledì 19 agosto 2009

Frammenti di viaggio 9

Malattia inconfessabile.
Devo dire la verita'. Sono stato infettato da una strana malattia: si chiama Durian ed e' molto difficile da estirpare. L'unica cura e' ingerire dei semi con attorno della polpa bianca burrosa emananti un odore non troppo gradevole ma con un sapore che non scordi piu'.
Il frutto Durian, appunto! http://en.wikipedia.org/wiki/Durian
I cinesi e molti indonesiani vanno matti per questo grosso frutto marrone spinoso non facile al palato e troppo ingiustamente censurato da irrimediabili conservatori. Infatti, anche se viene rifiutato da diversi hotel per il suo aroma che si espande, una volta che vieni contagiato non puoi quasi piu' farne a meno. Il gelato al Durian e' buonissimo, chissa' come sara' con sopra della fresca e dolce panna!
Ho deciso di intraprendere questo grande passo a Bandung, Jawa, presso un negozio che si occupava solo di questo. Dei seri professionisti. Fuori da questo locale/ripostiglio, su un largo marciapiede prossimo ad una strada secondaria di periferia, erano ammucchiati in diverse pile decine di durian e parecchi estimatori attorno a loro. Il mio posto. Quella sera, dopo una salutare e fresca doccia, mi sono approssimato presso questa mecca del gusto ed ho chiesto umilmente di farne parte. Ho preso un basso e sporco sgabellino di legno, mi sono seduto di fronte ad una inquietante montagna marrone di prodotti della terra ed un signore di mezz'eta', con un grosso coltello, ha aperto la coriacea buccia del frutto facendomi assaggiare la polpa. Difficile descrivere il sapore: burro di arachidi, avocado e molto altro ancora, con un retrogusto indubbiamente forte. L'addetto del durian ha assaggiato a sua volta il frutto aperto ed ha annuito. A questo punto ho cominciato lentamente a gustare. Con la mano destra mettevo in bocca un grosso seme e succhiavo la polpa posta al suo esterno. Da neofita non gustavo a lungo ogni singolo seme, mentre la coppia di indonesiani vicino a me ci sapeva fare. Ci vuole tempo per tutto. Dopo i primi 5-6 semi la pancia del postulante Stefano era colma, la sua sciocca mente si chiedeva quali effetti poteva avere questo frutto sull'apparato digerente e cose di questo tipo. Ma, alla fine, come per molte cose, la passione la vince e quindi il novizio riusci' a terminare con successo il grosso frutto che porta il nome di Durian. L'amore era scoppiato.

Volti di viaggiatori.
Robert. Trent'anni circa, biondo, indossa camicia polo chiara, pantaloni corti, cappellino con visiera, occhiali da sole. Viene da Hannover e lavora nel campo della contabilita'.
Robert l'ho conosciuto ieri, di ritorno dalle isole malesi Perhentian. Delle diverse barche provenienti dai due atolli colme di turisti, siamo solo in due che aspettiamo il bus locale per Kuala Terengganu. Quasi subito concordiamo sull'isola appena visitata: troppi stranieri, nessun malese tranne quelli che lavorano nel turismo, prezzi alti, posti carini, ecc... Robert ha venti giorni di ferie e sta' visitando l'Asia per la prima volta. "Un mondo tutto differente", esclama quasi subito. Aspettando il bus delle 10 piano piano esponiamo a vicenda le proprie considerazioni sui posti visitati e sul viaggiare.
Robert e' un tipo di poche parole ma molto ben assestate. Si pone tante domande su quello che lo circonda per tentare di capire. Descrive cosi' Kuala Lumpur: "Una citta' dove il postmoderno si mescola con pezzi di terzo mondo".
Durante il viaggio verso Kuala Terengganu a tratti il nostro scambio continua. Arrivati a destinazione ci salutiamo stringendoci forte ed a lungo la mano. Lui rimane in citta', io cerco un bus notturno per il meridione.

Katerine. Ha preso il bus per Bandung all'ultimo momento. Io ero seduto nei sedili anteriori, lei e' salita dietro. Quasi subito un gruppo di ragazzi indonesiani ha prodotto delle considerazioni sulla ragazza; Katerine si e' messa a ridere ed e' stata al gioco.
Studentessa olandese, capelli color paglia scuro raccolti in cima alla testa, calzoni lunghi leggeri, maglietta e scarpe da ginnastica. "Porto i pantaloni lunghi per rispetto del Paese in cui mi trovo".
I giovani indonesiani tentano l'approccio plateale con l'attraente Katerine.
Arrivati a Bandung la ragazza mi si avvicina e chiede se sto andando a cercare un alloggio. Ci conosciamo cosi'.
Sul bus cittadino scherziamo bonariamente riguardo i diversi prodotti che gli ambulanti ci propinano a bordo: rivista di cucina introdotta da una spiegazione vocale, giornali, caramelle balsamiche e altro ancora in 20 minuti nel traffico cittadino.
Una volta scesi dal bus che si ferma di fianco ad una grossa moschea, ci incamminiamo alla ricerca di un alloggio economico. Uomini si voltano al passaggio dell'olandese.
Mi racconta che ha visitato Bali e ora Jawa insieme ad un'amica; ora si e' staccata temporaneamente dalla compagna per procedere in solitaria. "Mangiamo quasi sempre nei warung, le bancarelle gastronomiche". Poi: "Siamo scappate da Kuta, Bali, non la sopportavo", "Gli indonesiani sono estremamente simpatici, sei d'accordo anche tu?".
Katerine sorride sempre.
 
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